Vivavoce - Rivista d'area dei Castelli Romani

RIVISTA D'AREA DEI CASTELLI ROMANI

Cultura & Impresa

La prima volta della cultura

Saper vendere o offrire prodotti culturali è sempre stato un mestiere molto difficile, non a caso chi è impegnato in tale lavoro è solito raccontare almeno un episodio fallimentare, quando alle migliori speranze sull’ evento organizzato, è conseguito un infelice risultato: poco pubblico, o peggio, scolaresche precettate.
Non c’è niente di più triste per l’operatore del settore che vedere sprecato non solo il lavoro organizzativo, ma l’opportunità di condividere con il pubblico idee e contenuti.
Lo abbiamo detto, il mestiere non è semplice e la cultura quando la si vuole promuovere innalza, quasi a farlo a posta, il muro più grande di tutti: quello della prima volta.
La spinta a partecipare ad un evento di carattere culturale è divenuta materia di studio e ricerche; oggi di fronte ai successi dei festival che ( non tutti, ma molti) richiamano folle intere, esperti di marketing culturale e di economia dell’esperienza ci hanno spiegato che in sostanza l’iniziativa culturale ha successo, vale a dire spinge le persone ad uscire di casa, quando soddisfa contemporaneamente due desideri dei quali spesso non si è consapevoli: imparare qualcosa mentre si provano delle emozioni in un contesto potenzialmente socializzante (vedi a tale proposito il saggio di Alessandro Bollo in Un marketing per la cultura, curato da Fabio Severino per Franco Angeli, 2000)
Quella potenzialità è propria di tutti i luoghi dove si fa cultura: dai musei, alle biblioteche, alle sale espositive, alle piazze, solamente che ancora non sono chiari gli strumenti, le tecniche, e ancora troppo spesso si cade nella spettacolarizzazione dell’evento, invece di costruire sul territorio un’offerta sistematica capace di allargare il pubblico della cultura, capace di promuovere strumenti di approfondimento, di scoperta del nuovo e di accompagnare al prodotto principale, i cosidetti prodotti secondari, diversi nella forma e nelle fruibilità, ma che valorizzano il contesto facendolo percepire come un’opportunità esperenziale, contribuendo a spingere verso un secondo consumo.
Durante la fruizione del prodotto culturale avviene un’affascinante processo, che è quello della percezione da parte del consumatore di ampliare le proprie capacità di critica e giudizio, scoprendosi indipendente dalle critiche esterne, e capace di esprimere il proprio pensiero attraverso i parametri acquisiti.
Se durante il consumo del prodotto le aspettative dell’utente vengono soddisfatte, allora ad una seconda occasione, egli si troverà ben disposto a usufruire di un ulteriore prodotto anche spendendo di più.
Soddisfare quel bisogno individuale, individuare tale bisogno, non è cosa semplice e poi, come favorire il superamento della soglia d’accesso alla prima volta?
È veramente possibile allargare il pubblico della cultura e attivare quel circolo virtuoso?
Per rispondere a tale domanda occorre dare risposte ad un problema di non facile soluzione: l’ obsolescenza dei tradizionali canali di diffusione del prodotto culturale che costituisce un forte deterrente per chi non è mai stato conquistato dal prodotto culturale.
L’organizzazione dell’offerta culturale, la comunicazione, le strategie di marketing, devono porre al centro la necessità di elaborare un’analisi che interpreti il consumatore moderno, che oggi attribuisce un valore cruciale al proprio benessere individuale e sociale attraverso il patrimonio di conoscenza infinito che caratterizza il prodotto culturale.
Significativo è il caso della provincia di Bolzano che dal 1994 al 2000, dopo sei anni di reti tra istituzioni, privati, associazioni di categoria, collaborazioni con enti esterni, con artisti del luogo e non, ha visto crescere la domanda culturale, abbattendo l’ostacolo della primo accesso, portando i cittadini alla Cultura, e non la Cultura ai cittadini… un bel risultato.
Chiaramente ogni territorio trova i suoi strumenti e suoi tempi.
Il nostro territorio è stato oggetto di una indagine sul consumo culturale, promossa e realizzata dal Baicr nell’ambito del progetto di Distretto culturale dei Castelli Romani, (l’indagine è pubblicata nel libro Il territorio soggetto culturale. La Provincia di Roma disegna il suo distretto. Tracce, suggestioni, forme, contenuti. Roma, Franco Angeli, 2006, pp.85-140 ) che ha abbracciato l’intera provincia di Roma, coinvolgendo quindi anche alcuni dei comuni dei Castelli romani.
L’indagine presenta un carattere innovativo forte, perché per la prima volta il consumo culturale non è stato calcolato in base al numero di visite ai musei o alle ville, ma ci si è domandato prima di tutto quale valore il cittadino attribuisca alla cultura, intesa come bene materiale, risorsa per lo sviluppo locale, risorsa per il lavoro, tempo libero, storia, tradizione e come la percezione che il cittadino ne ha, si trasformi poi in consumo.
Dall’indagine emerge una forte domanda di consumi culturali da parte dei cittadini, i quali però si dichiarano non soddisfatti della risposta che si riceve sul proprio territorio.
Il consumo viene soddisfatto in parte in loco ma, come è facile immaginare, per lo più a Roma.
Il consumo culturale sul territorio romano è un consumo che in ogni caso torna a vantaggio anche dei Castelli Romani perché aumenta la capacità di giudizio e il livello di conoscenza delle persone, che probabilmente si aspettano, o per lo meno auspicano, che cresca anche sul proprio territorio l’ offerta di cultura, che rispetto a quella romana più che competere (la battaglia sarebbe impari) potrebbe differenziarsi e assumere i caratteri dell’originalità e della specificità locale.
Nella ricerca è stato sottolineato come, il problema del basso consumo culturale nei Comuni è indipendente dalla dimensione del comune, ma è piuttosto legato al livello dell’offerta, alla qualità della comunicazione, alla costruzione o meno di contesti esperienziali; quando tali elementi mancano persino chi non partecipa si dichiara insoddisfatto di un’ offerta di cui non sa, che non vive, mentre la comunicazione dell’offerta dovrebbe far partecipare emotivamente anche chi rimane a casa, dando al non partecipante la sensazione di far parte di un territorio in fermento, che ospita.
La rete che si sta costituendo tra i produttori di contenuti ai Castelli Romani, di cui abbiamo parlato nel vivavoce di febbraio, rivela in questo contesto la sua strategica potenzialità; nella suddetta filiera il contenuto è il prodotto da fruire, gli attori sono la conoscenza tacita e allora non appare cosi fuorviante credere che in una logica di rete tra istituzioni ed altri soggetti territoriali, editori, architetti, studi di comunicazione, radio e tv possano contribuire operativamente all’innalzamento dell’offerta, nel contenuto, come nella comunicazione e nella distribuzione.
Cosi nello scenario appena descritto, dove l’offerta significa combinazione di prodotti, contaminazioni intelligenti di attori operativi e di pubblici diversi, coinvolgimento della comunità, sviluppo di nuovi spazi, comunicazione che non si limita ad informare ed invitare, ma che è parte stessa progetto culturale, chissà se finalmente potrà essere superata l’annosa questione della prima volta della Cultura.
Per la rubrica Cultura & Impresa - Numero 62 maggio 2007