«Sapevo già da subito di ambientare il film al Tuscolo perché ho vissuto per molti anni a Monteporzio Catone e in quelle zone ho ambientato tutti i miei primi cortometraggi. La scelta delle singole location, poi, ripercorre abbastanza fedelmente quelle di un mio precedente lungometraggio amatoriale dal titolo Il Maelstrom dell'assurdo, che ho girato a 18 anni sempre al Tuscolo» (Gabriele Albanesi)
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Lungometraggio d'esordio di Gabriele Albanesi (classe 1978), Il bosco fuori è un horror-splatter iperrealista e violento, assolutamente anomalo nel panorama cinematografico italiano degli ultimi anni. Prodotto in maniera indipendente con budget ridotto, il film è stato girato in digitale con un cast ricco di attori esordienti.
Il racconto. Giovane coppia in crisi, appartata nella propria auto, viene aggredita da tre teppisti che cercano di violentare la ragazza. In loro soccorso interviene un'altra coppia. Il marito di lei, dopo aver messo in fuga gli assalitori, invita i due giovani nella loro villa. È l'inizio di un incubo ancora peggiore...
Coadiuvato dall'esperienza di Sergio Stivaletti, mago degli effetti speciali, che nel film figura nella duplice veste di co-produttore e responsabile degli effetti speciali e del trucco, Albanesi rivisita tematiche care all'horror americano più innovativo e radicale degli anni '70 e '80, da Hooper (Non aprite quella porta), a Craven (L'ultima casa a sinistra, Le colline hanno gli occhi), a Raimi (La casa), ma nel film c'è anche molto Argento (sopratutto Phenomena), Leone e Tarantino, come ammette lo stesso regista. Il risultato è un film che scuote i nervi e suona come un pugno allo stomaco per lo spettatore, al quale non vengono risparmiati i dettagli più gore e raccapriccianti (budella squarciate, braccia e gambe segate, atti di cannibalismo, ecc.). «Non ho mai usato tanto sangue in nessun altro film!» - ha commentato Stivaletti durante le riprese. Ma il punto di forza del film, al di là della messa in scena delirante e della scrittura eccitata e nervosa, che scaraventa in un viaggio spaventoso all'interno del male e dell'orrore, è anche una sceneggiatura forte e convincente (piuttosto rara in un film horror), ricca di suspence e colpi di scena, quasi mai gratuiti, che fa perdonare le sbavature della recitazione (del resto gli interpreti sono quasi tutti esordienti) e qualche approssimazione tecnica. Il film, poi, merita anche per la capacità del regista di trapiantare i luoghi topici del genere in un contesto geografico insolito, ma che diventa pregnante a sottolineare l'atmosfera allucinata e allucinante del film, così come era già accaduto anni prima nel felliniano Toby Dammit, analizzato nel Vivavoce del marzo 2007. Il bosco fuori è stato, infatti, girato interamente ai Castelli Romani e la "romanità " dell'ambientazione è ribadita anche dalla caratterizzazione, talvolta al limite del grottesco, di alcuni personaggi: in particolare i tre balordi che cercano di violentare la ragazza all'inizio del film e che finiranno per cacciarsi in un'avventura senza lieto fine. «Ci tenevo a caratterizzare anche geograficamente la narrazione - puntualizza Albanesi - e quindi quella della provincia romana è un'ambientazione dichiarata nel film, che non vuole assolutamente porsi come neutra o atemporale. Questo perché sono convinto che un nuovo cinema di genere in Italia debba sempre tenere ben chiara la sua identità italiana, e non annullarsi nella spersonalizzazione dell'imitazione americana. Quindi anche la città dove si svolge la storia diventa importante, così come l'uso del dialetto».
Tutta la prima parte del film è girata per le strade di Grottaferrata. Durante il tragitto in macchina per recarsi a casa della fidanzata, il protagonista percorre via Antonio Santovetti (riconosciamo l'edifico dell'ex cantine), il "bivio", viale San Nilo dove si intravede lo scorcio dell'abbazia, poi viale I Maggio (si intravedono le grate dell'ufficio postale) e ancora la rotatoria di Piazza Marconi. Le sequenze nel bosco invece sono riprese sulla strada che da Grottaferrata sale verso Tuscolo (in particolare l'incidente del prologo, lo stupro, la fuga nel bosco e il finale con la protagonista che corre verso l'alba). L'inquietante villa "degli orrori" si trova invece a Castel Gandolfo. «E' una villa reale - afferma il regista - i cui interni sono stati in parte modificati in base alle nostre esigenze di scenografia». Si tratta di villa Rio Verde, in via di Montecrescenzio 27, utilizzata soprattutto per ricevimenti e matrimoni. Tra le curiosità : la fotografa di scena del film, Luna Centioni, è anche un'utente della biblioteca di Grottaferrata.
L'autore ringrazia Gabriele Albanesi e Cinzia Silvagni
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