Nei Comuni della Provincia di Roma (esclusa la capitale) risiedono 79.123 migranti, che corrispondono circa al 6,9% della popolazione totale, provenienti da 181 nazioni diverse.
Le comunità più numerose sono quelle di rumeni, filippini, polacchi, albanesi, peruviani, bangladesi, ucraini, cinesi, egiziani, equadoregni.
Si deve registrare dunque su tutto il territorio provinciale una realtà di ampio policulturalismo e pluralismo religioso più significativa che in altre zone di Italia e sicuramente inedita in altri Paesi, eccetto gli Stati Uniti.
In questo contesto, il CIDI - Coordinamento Insegnanti Democratici Italiani, in collaborazione con il Tavolo Interreligioso di Roma, ha dato il via, lo scorso 13 ottobre, al progetto "Città Plurali" in tre Comuni della provincia: Anzio, Ladispoli e Lanuvio, allo scopo di promuovere una migliore conoscenza delle diverse tradizioni religiose e di culto tra gli abitanti del territorio e, soprattutto, tra le persone che per ragioni professionali si trovano più frequentemente a contatto con un pubblico multietnico.
Il Tavolo coinvolge la comunità ebraica di Roma; il coordinamento delle Chiede valdesi, metodiste, battiste, luterana, salutiste di Roma; il centro islamico culturale d'Italia; la fondazione Maitreya dell'Unione buddista d'Italia; l'unione Induista Italiana e la Comunità ortodossa rumena.
Il progetto prevede la realizzazione in ciascun Comune di tre conferenze informative rivolte a operatori culturali e cittadini, su temi cruciali per la tradizione delle diverse religioni, ma anche per l'attualità della convivenza delle comunità urbane, tra i quali: il ruolo della donna, l'educazione dei figli, la concezione del lavoro, le tradizioni rituali e di culto.
Nel Comune di Lanuvio le conferenze, che si terranno presso la biblioteca comunale, sono previste per i giorni 3, 10 e 17 novembre, e saranno dedicate, rispettivamente ai temi dell'identità religiosa nelle società multiculturali; al tema dell'educazione e della famiglia; e, per finire, all'insieme dei temi cosiddetti eticamente sensibili.
Città plurali è insieme un fatto, un auspicio e un progetto.
E' un fatto perché ormai da qualche decennio la popolazione nelle città e nei paesi della nostra provincia è cambiata. Sono cambiati i volti dei bambini nelle scuole e quelli delle persone che, annoiate, fanno la fila negli uffici postali. Sono ormai numerosi gli imprenditori di successo che provengono dalla Romania, dalla Cina o dal Perù ed è sempre più facile imbattersi in giovani con la pelle scura o con gli occhi a mandorla con le maglie dei campioni del calcio romano. La città plurale non è un obiettivo morale, ma una condizione antropologica e sociale ormai visibile.
E' un auspicio perché l'incremento del pluralismo e delle differenze, se adeguatamente governato, genera ricchezza culturale ed economica, accresce le opportunità del mercato del lavoro, rafforza le identità e le capacità di relazione sociale. Rende più sane le persone e più solide le comunità umane.
È un progetto, infine, perché trovarsi insieme nello stesso posto e nello stesso momento non basta. Occorre sostenere un percorso di avvicinamento, di conoscenza reciproca, di scambio libero e consapevole tra le persone e tra le rispettive tradizioni culturali e religiose. Spesso, infatti, dietro lo schermo delle tradizioni culturali e religiose si nascondono due atteggiamenti contrapposti ed entrambi pericolosi: la paura delle "contaminazioni" e la smania delle facili "assimilazioni".
In un momento storico in cui le tensioni sociali sono acuite dalla difficoltà della politica di misurarsi con il fenomeno inevitabile del movimento planetario delle persone, un progetto che si prefigge di superare i pregiudizi attraverso la conoscenza, non può che essere guardato con fiducia e interesse.