Era il 17 novembre del 9 d.C. quando Tito Flavio Vespasiano, futuro Imperatore di Roma, venne alla luce. A duemila anni di distanza, per celebrare il bimillenario della nascita, il 17 novembre del 2009, nella prestigiosa Biblioteca Casanatense di Roma è stato presentato il libro dello storico romano Gianni Fazzini, con l'incontro " Sulle tracce dei Flavi" celebrando così l'inizio dell'anno dedicato all'imperatore Vespasiano.
Il libro " Vespasiano - Un imperatore muore in piedi", Edito dalla Edup di Roma, è stato introdotto da varie relazioni: " Ebrei e Cristiani al tempo di Vespasiano", a cura di Giovanni Arledler S.I., "Aneddoti curiosi su Vespasiano " del Prof. Willy Pocino, " Vespasiano rifondatore dell'impero" del Prof. Giovanni Uggeri, l'intervento critico di Elvira Liberatore ed infine la corposa introduzione dell'autore, Gianni Fazzini.
Un autore eclettico, storico ma anche appassionato di archeologia e numismatica romana, nonché di topografia antica e medioevale, Fazzini è collaboratore del Dizionario Biografico degli Italiani ( Treccani) e autore di saggi biografici di grande rilievo tra i quali ci piace ricordare " Athanasius Kircher nel quarto centenario della nascita" e " Il Gentiluomo dei Tre Mondi. Vita di Filippo Mazzei".
I MODESTI INIZI DI UN FUTURO IMPERATORE
La vita di Vespasiano è contrappuntata da eventi negativi, guerre, esili, lutti. Ma nonostante le modeste origini ed il temperamento certamente non da valente condottiero, il futuro Imperatore di Roma giocò un ruolo determinante nella ricostruzione dell'Impero.
"Salì al trono nel 69 ( l'anno dei quattro imperatori) e pose fine ad un periodo di grande instabilità politica. Definito l' "Imperatore del buonsenso" (...) dopo Augusto, Vespasiano fu il secondo fondatore dell'Impero e tracciò le basi del "Principato dinastico", una concezione politica e di governo che resse per quasi due secoli, fino al 235 d.C., vale a dire dalla costruzione del Colosseo fino ad Alessandro Severo".
Attraverso le tappe che puntualizzano la vita di Vespasiano e lo spaccato storico del tempo, con un inconfondibile stile narrativo, Fazzini ci rimanda i pregi e le debolezze, le curiosità e le pene di un uomo di potere molto amato dal popolo, meno dalle classi romane più agiate ( a causa delle sue origini plebee) che lo soprannominarono " mulio", cioè mulattiere, facendo riferimento "al naturale talento dei Flavi per le attività commerciali".
Anche nei rapporti familiari molti furono i contrasti con l'ambizioso fratello maggiore Tito Flavio Sabino, e con la madre Vespasia Polla, che lo incolpava di avere ambizioni modeste ed una eccessiva timidezza. Ma sono proprio questi tratti del carattere ad essere privilegiati da Fazzini, nel presentarci un imperatore insolito, anticonformista un "Imperatore borghese", completamente diverso dai suoi predecessori .Ed è con Vespasiano che la "borghesia" sale al potere per la prima volta. " Vespasiano. L'Imperatore del buon senso" come lo definì nell'omonimo saggio il grande storico francese Léon Homo ( "Vespasien. L'empereur du bon sens" Parigi 1949).
" VAE,...PUTO DEUS FIO" . " AHI,...,SENTO CHE STO PER DIVENTARE UN DIO"
Vespasiano fu certamente uomo di grande ironia, che lo portava ad irridere " Il severo costume romano (...) che in ogni Imperatore defunto (...) voleva vedere una figura da divinizzare dopo la morte, quindi tale da poter sedere nell'Olimpo in mezzo agli altri dei, in compagnia dei "buoni Imperatori". "Ahi, sento che sto per diventare un dio", furono, come ci racconta lo storico Gaio Svetonio Tranquillo, ("Divus Vespasianus", XXXIII 8) le ultime parole pronunciate dall'Imperatore prima di morire, dimostrando ancora una volta quella sua tipica "leggerezza del vivere ed anche del morire". Ben diverso dal vanesio e megalomane Nerone che, in punto di morte, pare avesse detto: "Qualis artifex pereo!" "Quale artista perisce con me!" (Svetonio, "Vita Neronis". XLIX 1).
Ed è proprio un'offesa arrecata al "sublime Nerone", da un annoiato Vespasiano che si addormenta mentre l'Imperatore allieta la sua corte suonando e declamando versi, che lo vedrà esiliato in Giudea, per reprimere la rivolta.
Siamo nell'anno 66 e nel 67 Nerone, concedendo il perdono, riporterà Vespasiano a Roma.
Quel Nerone fatto di eccessi e sregolatezze, che segnerà l'inizio di una profonda crisi nell'Impero, fino a quell'anno 69, "anno dei quattro imperatori" che terminerà con l'incoronazione di Vespasiano.
" Panem et circenses" uno dei motti di Nerone che, elargendo cibo e spettacoli gratuiti al popolo, ne garantiva l'appoggio soffocando così ogni opposizione.
E questo motto sarà praticato in seguito da quasi tutti gli imperatori romani, anche da Vespasiano, con il quale "ebbero inizio i lavori dell'Anfiteatro Flavio, noto come Colosseo,, completato ed inaugurato in seguito dal figlio Tito (...) Destinato al divertimento delle masse popolari, veniva costruito prosciugando il luogo in cui, pochi anni prima, a completamento della propria fastosa "Domus Aurea", Nerone aveva voluto per sé - non per il popolo - un enorme bacino artificiale in cui potersi allietare con la corte assistendo a giochi acquatici e naumachie: quindi, sul posto di una costruzione privata e dedicata al piacere di pochi, con Vespasiano ne veniva edificata un'altra destinata all'utilizzo popolare (...)
UNA VITA COSTELLATA DI PRESAGI E PRODIGI, MA ANCHE DI ANEDDOTI
Lo storico Svetonio riferisce che a Vespasiano " mancano autorevolezza ed una certa solennità ": si rese quindi necessario creare attorno alla figura dell'Imperatore, così poco "divino", un'aura di accadimenti prodigiosi, presagi e prodigi, che lo accompagneranno fino alla morte, facendolo apparire come un Imperatore illuminato e predestinato dagli dei dell'Olimpo romano.
Così ad esempio pare che, dopo la sua incoronazione, e la permanenza in Egitto, ad Alessandria le acque del Nilo si fossero alzate di un metro al suo passaggio e tali fossero rimaste per l'intero giorno, o, come racconta ancora Svetonio, si favoleggiasse sulle sue miracolose capacità taumaturgiche, che lo vedono coinvolto, a gran stupore di popolo, in guarigioni di storpi e ciechi.
Una cosa è certa: l'Imperatore rimase famoso per una certa "avarizia", che forse poteva essere sana parsimonia, in quanto, date le ristrettezze dei tempi e le casse governative completamente vuote, Vespasiano tagliò decisamente molte spese, aumentando notevolmente le tasse.
Famosa la sua "tassa sull'urina , che tanto fece scandalizzare il figlio Tito, alle rimostranze del quale rispose con la famosa frase "Pecunia non olet" (Il denaro non puzza). Innumerevoli gli aneddoti che costellano la sua vita: " Aveva concesso una prefettura ad un giovane che (...) gli si era presentato profumato con unguenti ricercati; lo redarguì dicendogli "Avrei preferito che tu odorassi di aglio" e gli revocò la nomina".
Ed infine la frase forse più nota, pronunciata quel 23 giugno del 79, in punto di morte, mentre chiedeva di essere messo in piedi perché "Imperatorem,..stantem mori oportere" (Svetonio Vesp.XXIV 2) "UN IMPERATORE DEVE MORIRE IN PIEDI"
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Gianni Fazzini. Vespasiano. Un Imperatore muore in piedi. Roma, EDUP,2009