RIVISTA D'AREA DEI CASTELLI ROMANI

Enogastronomia

AZIENDA INNOVAZIONE

“Le rose”

Intervistaad Aldo Piccarreta

Non me ne voglia il nostro esperto, se per questo mese mi sono permesso di " occupare", da "non esperto", lo spazio dedicato al censimento delle aziende vitivinicole dei Castelli Romani , ma sono andato a trovare un caro amico Aldo Piccarreta nella sua azienda agricola "Le rose" e mi sento in dovere di comunicare la piacevolissima esperienza della visita

Questa è un' azienda attiva nel territorio di Genzano, lungo la via Appia Antica che da Lanuvio porta a Velletri. Il casaletto ristrutturato, molto discreto, una cantina di nuova costruzione con la copertura realizzata in legno lamellare a vista ti fanno subito sentire a tuo agio. Le domande affiorano immediate per soddisfare la mia crescente curiosità.

 

Visto che fino ad oggi hai fatto un altro lavoro, mi puoi dire cosa ti ha spinto ad impiantare un azienda agricola?

Un' antica passione per la terra e il mio bisogno di radici. Io non sono nato ai Castelli. Sono romano, ma la mia famiglia no, mio padre era pugliese. Mia madre prima di morire mi ha regalato delle etichette di mio nonno, di cui porto il nome, con su scritto Aldo Piccarreta vini di Puglia

Passione e radici . Mi sembra una buona premessa per la produzione di qualità. Quanto terreno è stato investito di questa passione, da questo tuo bisogno?
Sei ettari di proprietà e 2 ettari in affitto

Una quantità non indifferente! Ho notato che i vitigni sono molto fitti, con pochi tralci, c'è un motivo?
Sì, si tratta di "competizione radicale". Non è una nuova formazione politica, ma un particolare "sesto di impianto" che fissa a 0,80 metri la distanza tra una pianta e l'altra e a 2 la distanza tra due filari, perché più le piante sono vicine più le loro radici "competono" e sono costrette a produrre poco (ogni pianta produce al max 700 grammi di uva) non solo, con la complicità della potatura verde, ovvero il taglio dei grappoli in eccesso, il risultato è garantito: poca produzione, ma massima qualità.

Ho capito il ruolo che svolge la competizione radicale nella produzione, ma che mi dici dei vitigni impiantati? quanto pesano sul risultato? sono tutti autoctoni o anche qui ci hai messo del "tuo"?
Se mi permetti una piccola divagazione storica credo di poter spiegare meglio le nostre scelte.

La vite che è stata coltivata con grande soddisfazione in tutta l'Europa, sino alla meta del 1800, è la vitis vinifera. Fu in quel periodo che, "sbarcò" nel vecchio continente, proveniente dall' America del nord, un insetto: la Philloxera vastratix.. Bene, la storia della vite europea si può dividere in anti e post sbarco della fillossera. Per sconfiggere l'insetto che minacciava l'estinzione della vite autoctona si pensò ad uno stratagemma: innestare sulle radici delle viti americane, resistenti all'insetto, la vite europea. È in questo modo che le varietà europee di grande qualità organolettica sono riuscite a resistere e a giungere sino a noi. Ma mentre la Francia nel periodo post impiantò sulla radice americana la varietà dei vecchi vitigni, l' Italia, per la gran parte, si limitò a quelli che garantivano la maggiore produzione a scapito della qualità e questo ce la dice lunga sul ritardo storico dell'Italia rispetto alla Francia. Oggi si corre ai ripari, per quel che mi riguarda è andata così: io vivo ai castelli mi piace la buona cucina, in particolare amo i piatti a base di pesce, mi sono chiesto e ho chiesto al mio enologo perché tra i vini laziali non ce ne sono di soddisfacenti da abbinare a questi piatti? Su quali vitigni possiamo contare per realizzare un vino nuovo con tali caratteristiche? Bene qui da noi due sono i vitigni autoctoni il fiano e il verdicchio ( quello che qui chiamano trebbiano verde). La grande intuizione del mio amico enologo è stata di combinarli...il risultato è questo "Colle dei marmi" che puoi assaggiare. Ha riscosso un grande successo. È il primo nato dei miei "figli di vino"

Mi accennavi ad una lavorazione particolare del terreno, in cosa consiste?
Consiste prima di tutto nell'avere eliminato la fresa, ancora largamente utilizzata ai Castelli, che io ho sostituito con la vangatrice che ci permette di lavorare il terreno senza creare una spessa crosta dura e compatta che è uno dei maggiori ostacoli a preservare la pianta dalla siccità: la crosta si crepa al disotto del terreno lavorato, creando lo stesso danno che creerebbe un terreno crepato in superficie Mi spiego: mantenere il terreno in uno stato di morbidezza tale da non permettere che si formino crepe tali da far penetrare il caldo, rendendo aride le radici, le quali a loro volta trasmettono siccità alla pianta, è l'obiettivo che si può ottenere con questa particolare lavorazione della terra garantita da tale macchinario Non solo, oltre alla vangatrice che lavora tra un filare e l'altro, siamo provvisti di altri macchinari per dissodare il terreno tra una pianta e l'altra e riuscire a eliminare attraverso il lavoro le radici più superficiali, quelle che sono più soggette alla siccità, e lasciare solo le più profonde, maggiormente protette e in grado di alimentare la vite ben umidificate senza la necessità di aggiungere acqua che altererebbe la qualità del terreno e quindi dell'uva.

Vedo che hai fortemente meccanizzato il processo di lavorazione, ma quante persone si occupano della lavorazione del terreno?
Io e un operaio

Entrando nella cantina ho notato che al posto della diraspatrice c'è un' altra apparecchiatura, di cosa si tratta?
Si tratta della sgranellatrice che permette di separare i raspi dai chicchi senza rompere questi ultimi e quindi mantenere aromi e profumi. Una volta tolti i raspi, i chicchi interi precipitano nella pressa soffice, che appunto li preme ad una pressione regolata e non eccessiva. Si tenga conto che da un quintale di chicchi si ricavano circa 52/53 litri di mosto.
A questo punto il mosto è già abbastanza freddo perché durante queste due lavorazioni si è aggiunto del ghiaccio secco. Viene messo nelle cisterne di cemento e ulteriormente abbassata la temperatura fino a 6/7 gradi. In questo modo le feccie più grossolane precipitano. Si cambia contenitore, pulendo il mosto da quanto precipitato, si fa salire la temperatura intorno ai 13/14 gradi e parte la fermentazione che durerà il tempo necessario a trasformare gli zuccheri in alcool. Sempre a temperatura controllata. Un procedimento semplice in cui la temperatura di lavoro del mosto diviene decisiva per mantenere tutte le qualità che con il tempo e i successivi cambi di contenitore, verranno fuori, sperando di darci il risultato voluto.

E dove è possibile assaggiare e acquistare i tuoi vini?
Molti ristoranti romani ne sono provvisti, anche alcuni castellani. Poi ci sono le enoteche a Roma e in provincia che li vendono. Qui da noi a Frascati, a Lanuvio a Marino a Velletri, ad Albano e poi il mercato per me si è aperto in Inghilterra e anche oltre oceano in America.

 


 

Schede dei vini

 

la Faiola
Abbiamo messo insieme fiano, verdicchio del 2008 e verdicchio del 2007. La presenza di un vino più anziano conferisce maggiore prontezza, rotondità e immediata bevibilità. Non dimenticando mai che anche questo vino in bottiglia cresce e si evolve.
A seconda delle annate, troverete fiano al 45%, verdicchio al 45 % e verdicchio dell'anno precedente al 10%.
Il vino presenta un giallo paglierino intenso, al palato note fruttate e floreali quanto basta ad accompagnare quelle minerali.
Già rotondo al punto giusto, promette una ancor migliore evoluzione in bottiglia. Spicca la composizione dei suoli e la loro ricchezza di minerali vulcanici.
La vendemmia delle uve si protrae fino alla fine di novembre, quando gli acini hanno raggiunto la massima concentrazione
zuccherina.
Le uve che compongono Ultimo sono malvasia puntinata al 30%, petit e gros manseng al 70% (percentuae variabile in base all'annata).
Presenta un colore ambrato e brillante, sprigiona profumi di acqua di rose, spezie orientali, chiodi di garofano e noce moscata. Al palato ha un ingresso vellutato e ricco, ben sostenuto dall'acidità.

 

Emma
Prodotto da uve cesanese al 100%, Emma presenta un colore rubino brillante non particolarmente intenso. Sprigiona profumi di piccoli frutti rossi, in particolare lamponi e fragoline di bosco e si avvertono leggere note di spezie dolci.
Al palato il vino è fresco con spiccata sapidità e forti sensazioni minerali, i tannini sono ben presenti ma non aggressivi, perfettamente bilanciati con la componente fruttata già percepita all'olfatto.
Presenta inoltre una buona persistenza gusto-olfattiva.

Colle dei Marmi
A seconda delle annate, questo vino è il prodotto di fiano selezionato per l'80% e verdicchio per il rimanente 20%. Presenta un colore giallo paglierino intenso. Sprigiona note floreali e fruttate, in particolare di frutta e polpa bianca matura e frutti esotici, con piacevoli sfumature minerali.
Caratteristica del Colle dei Marmi è una buona sapidità ed una spiccata freschezza che con l'affinamento in bottiglia evolverà in una maggiore rotondità e complessità, accentuando il carattere minerale dovuto alla composizione dei suoli.

 

Tre Armi
Le Uve che compongono questo vino sono malvasia puntinata del Lazio per il 70% e verdicchio per il rimanente 30%, percentuali che possono variare a seconda delle annate.
Di colore giallo paglierino profondo tipico della malvasia puntinata, il Tre Armi colpisce per la marcata speziatura di pepe verde in grani ed emergono importanti note floreali di acacia e fiori di campo accompagnate da profumi fruttati di pesca bianca matura e melone bianco.
Al palato ha un ingresso deciso, molto sapido e fresco, l'acidità risulta ben bilanciata.
La lunga persistenza ripropone le note fruttate e floreali riscontrate all'olfatto e rimanda alle sensazioni di croccantezza e consistenza dell'uva.

 

Ultimo
La vendemmia delle uve si protrae fino alla fine di novembre, quando gli acini hanno raggiunto la massima concentrazione
zuccherina.
Le uve che compongono Ultimo sono malvasia puntinata al 30%, petit e gros manseng al 70% (percentuae variabile in base all'annata).
Presenta un colore ambrato e brillante, sprigiona profumi di acqua di rose, spezie orientali, chiodi di garofano e noce moscata. Al palato ha un ingresso vellutato e ricco, ben sostenuto dall'acidità.

Per la rubrica Enogastronomia - Numero 89 marzo 2010