"Il viaggio non finisce mai, solo i viaggiatori finiscono" Ho deciso che il miglior incipit per ricordare Saramago fossero, per quanto iperusate, queste sue stesse parole. Scrittore non scrittore, eppure scrittore eccelso, egli è stato un esploratore delle narrazioni personali, dei continui ritorni, delle condivisioni sulle quali fondare le radici della cultura dell'uomo moderno. Questo è stato il suo viaggio del quale, ancor prima di iniziarlo, già affidava ad ognuno di noi il proseguimento del racconto. Ribelle, sognava un mondo diverso eppure non vi è frase del suo dire che non sia ancorata, avvinta alle attualità della vita umana interiore o pubblica, psicologica o collettiva, artistica o filosofica che sia. Descrivere il suo stile sarebbe come pretendere di estrarre dalle sue opere redatte apparentemente senza rispetto della punteggiatura, ma in realtà estremamente colte, così ricche di allegorie, così ricche di livelli interpretativi, un ricettario dello scrivere e del narrare. In un tempo nel quale gli autori di best sellers utilizzano lo spezzatino fornito dai gosth writers, egli riscopre e ripropone la forza della parola come quanto comunicativo essenziale, ricco e condiviso. Il viaggio può essere descritto solo ripartendo dalle parole, sulle quali si realizza, in parte non senza rischio poiché in ogni parola convive con quello dello scrittore un significato più ampio che emerge spontaneamente e talvolta lo contrasta, quella rete di legami e di sinapsi culturali che costituiscono, in un un processo di gelstat del pensiero. il cervello - biblioteca che conserva la conoscenza umana:
Dissimile, ma non contrastante, la sua immagine si affianca a quelle di due altre icone del '900. Mi riferisco a Lyotard, il postmoderno, che ci ha insegnato il superamento della storia come matrice ideologica di riferimento, la forza dei valori deboli come prepotente substrato sociale. Saramago, invece, ci fornisce lo strumento per comprendere come tali valori siano, di fatto, essi stessi radicati profondamente nella nostra eredità culturale e come essi siano stati sempre i fili di sostegno delle strutture morali dell'agorà umana. Consapevole del fallimento della sua ideologia non la abbandona, eppure non usa la sua narrazione per servirla; anzi accompagnandola nel naturale spegnimento, rivendica i valori che ne sono ispiratori. E ancora a Deridda che ci ha richiamato fortemente al valore delle parole. La sua decostruzione parte proprio dal valore comunicativo molteplice della parola, con le sue implicite, ma motivate, contraddizioni. Anche per lui in esse c'è la spontaneità del significato, che va ben oltre l'intenzione cosciente del proponente. Dissimile Saramago, si appoggia alla parola e alla sua capacità di autocostruire una storia, ma resta saldo ai valori morali che comunque emergono da una sorta di selezione naturale dei significati. Valori morali essenziali, naturali come ad esempio, nel suo ultimo romanzo Caino. Di fronte all'ordine impartito da Dio ad Abramo di sgozzare il piccolo Isacco, abbandona le raffinate analisi postmoderne di Deridda e afferma, senza riverenza nei confronti del filosofo o della divinità , la disumanità assurda di quell'ordine irricevibile.
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Jose Saramago, scrittore portoghese, premio Nobel per la letteratura nel 1998, è deceduto il 18 giugno 2010 a Tias, località di Lanzarote, nelle Isole Canarie.