Egregio Signor Posti,
mi rallegro del suo intervento che suppongo vada interpretato nella direzione di un giusto ottimismo di chi crede nel proprio territorio e di ciò che di positivo viene fatto.
Per onestà intellettuale però bisogna riconoscere che le aziende che hanno puntato sulla qualità non sono molte e che la maggioranza continua ad essere legata a vecchi vigneti e vecchie cantine.
A conferma di quanto detto, gli ultimi dati ISTAT mostrano che mentre il Lazio ha spiantato ad un ritmo doppio rispetto alla media nazionale (passando da 2,3 milioni di ettolitri nel 2006 a 1.8 milioni di ettolitri nel 2010, con un calo quindi del 22% mentre la media nazionale è del 10.3%) l'esportazione non ne ha giovato in quanto nel triennio 2006-2009 il Lazio ha perso il 16.1% mentre l'Italia tutta non solo non perde ma guadagna il 7.4%. Quindi lo slogan meno quantità più qualità non ha senso se poi questa qualità non si è capaci di promuoverla e venderla.
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Nel mio intervento non ho parlato in particolare dei Colli Lanuvini bensì in generale dei Castelli Romani, tra l'altro so benissimo che in zona qualche privato che investe c'è, anche perché con una di queste aziende collaboro direttamente, però mi permetto di far notare che nell'areale Colli Lanuvini le uniche due cooperative sociali sono fallite e probabilmente è tra le denominazioni di origine laziali ad essere la meno remunerata.
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Distinti saluti
Paolo Peira
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- Numero 94 settembre 2010