Vivavoce - Rivista d'area dei Castelli Romani

RIVISTA D'AREA DEI CASTELLI ROMANI

Cinema

Nino Manfredi ad Albano

Girolimoni, il mostro di Roma (1972)

«Nel quartiere San Paolo di Albano Laziale viene ricostruita la Roma fascista degli anni '20 e villa Doria è il set di una lunga sequenza di pedinamento».

Basato su vicende realmente accadute a Roma nei primi anni del Fascismo (1924-28), il film di Damiano Damiani racconta l'odissea di Gino Girolimoni (Nino Manfredi), fotografo e mediatore di cause giudiziarie, accusato ingiustamente dal regime fascista e dalla stampa di essere il serial-killer che in quegli anni aveva violentato ed ucciso una serie di bambine.
Riconosciuto innocente dopo diversi mesi di carcere, poiché le prove a suo carico si rivelano del tutto infondate, la vita del povero malcapitato sarà però rovinata per sempre, in quanto la notizia della sua scarcerazione passerà sotto silenzio per esplicito volere del Duce: per l'opinione pubblica Girolimoni rimarrà sempre il "mostro di Roma".
Nel quartiere San Paolo di Albano Laziale è stata ricostruita la Roma popolare degli anni '20.
Piazza San Paolo, via Gaspare del Bufalo e la zona compresa tra via della Rotonda, via dei Travoni e via Don Luigi Minzoni compaiono in numerose scene che raccontano la vita dei quartieri popolari. Soprattutto via Don Luigi Minzoni è il set di alcune delle più significative sequenze del film (riconosciamo in fondo alla strada le arcate del vecchio Ospedale Civico S. Giuseppe, oggi sede dell'Assessorato ai Servizi Sociali del Comune): qui abita il serial-killer e la sua famiglia ed è qui che si verificano alcuni degli atroci delitti. La bella Villa Doria fa da sfondo, invece, ad una lunga sequenza di pedinamento: insieme ad un giornalista del «Messaggero», Girolimoni, appena scarcerato, si mette sulle tracce di un prete pedofilo che secondo il giornalista è il vero serial-killer. Smascherato dai due mentre ai giardini pubblici adesca una bambina con un pacco di caramelle, viene rilasciato per insistenza di Girolimoni in quanto si tratta, a suo dire, di uno "sporcaccione qualunque e basta" e certamente non del "mostro di Roma".
Malgrado una sovrabbondanza di materiali, un certo didascalismo nell'analisi dei rapporti tra il regime fascista, la stampa e la massa, e alcune "licenze poetiche" (nel film il colpevole è un giovane psicopatico, interpretato da Gabriele Lavia, mentre il "mostro" non fu mai scoperto), il film inchiesta di Damiani, che ha il merito di far luce su una vicenda incredibile, costituendo un monito valido ancora oggi contro ogni giustizia sommaria e soprattutto contro gli effetti devastanti di una campagna stampa pilotata dal potere, vale soprattutto per l'accuratezza della ricostruzione storica e per la rappresentazione dell'isterismo di massa nella Roma popolare di quegli anni, oltre che per la grande interpretazione di Manfredi (il ruolo fu offerto anche a Sordi che rifiutò), che fa del povero Girolimoni, un personaggio kafkiano, intelligente ed ironico, tragico e fiero.

Per la rubrica Cinema - Numero 96 novembre 2010