Vivavoce - Rivista d'area dei Castelli Romani

RIVISTA D'AREA DEI CASTELLI ROMANI

Scrittori in biblioteca

LATINITAS in biblioteca ad Albano

Intervista a Giuseppe Ghisellini

Nel suo appartamento ad Albano ho incontrato Giuseppe Ghisellini, scrittore e stimato docente - ora in pensione - del Liceo Classico'Ugo Foscolo', dove ho avuto l'onore di averlo come professore di lettere al ginnasio. Assiduo frequentatore della Biblioteca di Albano, collabora a titolo personale con la biblioteca stessa e con il Museo Civico, presso il quale sta curando, tra maggio e giugno 2011, un ciclo di conversazioni dal titolo "LATINITAS: il nostro latino quotidiano e la civiltà latina", in collaborazione con l'etnologo Roberto Libera; incontri che avranno probabilmente un seguito...

Da quanti anni scrivi? E quanti libri hai prodotto?
Scrivo da sempre; anni e anni di pensieri sparsi, appunti miscellanei, una sorta di zibaldone ininterrotto che tuttora continua, e alacremente.
Se ti riferisci invece ai libri pubblicati, scrivo dal 1978, con il primo lavoro, Un anno in Somalia, presentato al Circolo Letterario del Lazio di Roma, presente il Console di Mogadiscio e altre importanti personalità. Da allora, ho pubblicato in tutto 15 libri (6 dei quali sono esauriti. Ne ho conservato solo qualche copia ad uso personale: ma si trovano tutti nelle biblioteche dei Castelli).

L'esperienza in Somalia è stata innanzitutto personale: come è nata, e cosa ti ha insegnato?
Ero lì per un contratto, nell'ambito della cosiddetta "Cooperazione tecnica": équipes di italiani finanziate dal nostro Ministero degli Esteri per insegnare l'Italiano ai Somali, in quanto le loro attività commerciali erano soprattutto con l'Italia. Ho insegnato per un anno Italiano, Storia e Geografia in una scuola superiore di Mogadiscio che era una sorta di liceo scientifico.
Il libro nacque come un diario; poi, nel corso del suo sviluppo, si trasformò in un saggio vero e proprio sui paesi del Sud del mondo, e sulle possibilità di contatti e integrazioni tra il mondo occidentale e il cosiddetto Terzo mondo; una ricerca che si è risolta positivamente, ma a determinate condizioni: innanzitutto, mettere da parte atteggiamenti di presunta superiorità occidentale. A livello esistenziale, ho imparato che siamo realmente tutti uguali... I Somali hanno menti "vergini" - vergini di cultura occidentale, intendo - il che li rende più aperti di noi, apprendono prima; e poi hanno una grande volontà di imparare: lì, se vai a scuola ci vai per davvero, oppure sei fuori, escluso da tutto. Certo, hanno al loro interno grandi contrasti razziali; ma nel libro ne tratto marginalmente; mi interessa l'uomo in quanto tale... Nel 2007 è uscito un rifacimento di Un anno in Somalia: Viaggio in Africa, nel quale ho inserito aggiornamenti e approfondimenti, ma conservando l'"illusione" dell'integrazione possibile tra culture diverse, che tali sono per motivi puramente storici: non esiste superiorità o inferiorità congenita, ma eventualmente nell'impegno di applicazione delle doti che ogni uomo possiede. Voglio segnalare anche il saggio Un'altra Africa (2004), nel quale sostengo, con documenti tratti dalla visione diretta, che va superato anche il preconcetto colonialista che gli africani sarebbero tendenzialmente tristi e inoperosi (e tali ci possono apparire gli esuli che vediamo qui, lontani dalla patria e spesso emarginati o disprezzati): in realtà, l'Africa vera è un'altra, carica di vitalità e di gioiosa fiducia (si veda l'emblematica copertina di Viaggio in Africa: una foto istantanea di una giovane madre con
un bambino dietro le spalle, entrambi illuminati da un sorriso radioso).

So che scrivi romanzi, ma che sei soprattutto portato alla riflessione filosofica...
La mia scrittura privata, quotidiana, è tutta intessuta di riflessioni esistenziali, e ovviamente anche quella "pubblica" se ne nutre; negli anni ho elaborato un mio sistema filosofico, che per iscritto è abbozzato e in parte già steso in via definitiva. Tra i miei saggi pubblicati, tre formano un vero e proprio ciclo e intendono presentare uno sviluppo di prospettiva rispetto al tema dominante, la ricerca sull'interiorità dell' uomo: Ritrova te stesso, del 1989, in cui tratto del recupero dell'identità dell'io di fronte al rischio di smarrimento nelle caotiche esperienze quotidiane; In pace con te stesso, del 1996, una sorta di guida alla costruzione della propria autostima, del proprio equilibrio interiore (perché il nostro io, una volta che lo abbiamo individuato, potrebbe anche non piacerci!); Io e gli altri, del 2004, che sposta l'ottica dall'aspetto privato a quello pubblico, alla interazione tra l'individuo e la comunità (porta, infatti, il sottotitolo "Breve saggio morale" - e voglio segnalare l'immagine della copertina e la relativa didascalia nel risvolto, che recita: L'integrazione nasce sui banchi di scuola): una volta costruita la propria autostima, infatti, non ci si può isolare, ma bisogna trovare il giusto modo di rapportarsi con gli altri, ogni giorno. In questo consiste anche, e soprattutto, il mio impegno personale quotidiano.

La tua formazione, e la tua esperienza professionale di insegnante, quanto incidono sulla tua scrittura?
Dalla formazione umanistica ho appreso l'ampiezza degli interessi, incentrati sull'uomo nelle sue qualità peculiari e unificanti: intelletto razionale, coscienza morale e sensibilità estetica; la pratica dell'insegnamento mi ha fornito a sua volta la verifica quotidiana negli allievi di tale apprezzamento dell'uomo; e a sua volta l'uomo scoperto quotidianamente in questa ottica mi offre ispirazione per le situazioni e i personaggi delle opere narrative. Quanto ai saggi, ricordo, ad esempio, che la Sezione sesta di Io e gli altri (quasi 40 pagine sulle 200 totali del saggio) è dedicata espressamente a "Scuola ed educazione"; ma anche un'opera narrativa, quale Un viaggio nel mio tempo, contiene un intero capitolo (Fatti e misfatti dell' educazione, pp. 47 e sgg.) dedicato al mio tema prediletto.
Quella dell'insegnamento è stata una scelta: fin da ragazzo ero convinto di avere qualcosa da dare (e da apprendere: l'insegnamento è sempre una comunicazione reciproca).
Ho avuto però anche una "parentesi" di carriera archeologica, e tuttora collaboro con Romolo Staccioli, tenendo conferenze all'Archeoclub di Roma. In effetti, la mia laurea - all'Università "La Sapienza" - è stata in Archeologia Romana, con il prof. Giglioli; e sono stato allievo anche di altri personaggi di prestigio: Perrotta per il Greco, Paratore per il Latino, Sapegno per l'Italiano, Pagliaro per la Glottologia, solo per citarne alcuni...

Quanto lo studio dei classici latini e greci ti ha arricchito, e in che senso credi che siano ancora oggi attuali e formativi?
Nei classici greci e latini ho trovato e trovo i fondamenti imprescindibili della cultura intellettuale ed etica del mondo occidentale (e non solo), s'intende aggiungendovi gli sviluppi apportati soprattutto dal Cristianesimo e dal pensiero scientifico moderno (peraltro, già tutto presente in nuce in Ippocrate, in Tucidide, in Euclide...). In questo spirito, leggo quotidianamente qualcosa di Omero e di Platone, di Cesare e di Seneca (tanto per citare gli autori più ricorrenti), oltre naturalmente ad aggiornarmi sulla nuova produzione letteraria. Quanto all'attualità della formazione classica, la mia risposta è perentoria: il valore formativo dei classici è perenne.

Come potresti definire in breve la tua narrativa?
Formalmente, i miei sono romanzi storici, cioè trame d'invenzione ambientate in realtà storiche autentiche, che delineo di volta in volta nei dati essenziali; però anche la mia narrativa ha qualcosa del saggio etico... nel senso che non dimentico mai l'effetto morale che ciò che scrivo può avere su chi legge. Nei miei personaggi, cerco la massima aderenza alla realtà, sia in quelli "positivi" che in quelli "negativi": non ci sono veri e propri cattivi "dannati" , ma nemmeno buoni "santi"... I ruoli possono anche scambiarsi; e la conclusione è sempre un po' in sospeso, spinge il lettore a porsi comunque delle nuove domande... Per esempio, nei due romanzi Un' idea della vita e Un viaggio nel mio tempo il co-protagonista muore - niente di macabro, sia ben chiaro! - in un modo e per cause che rimangono enigmatiche... In effetti, in tutti i miei romanzi c'è, in sottofondo, il senso del mistero: perché il mistero è dentro la realtà stessa; ed è per questo, tra l'altro, che trovo il vivere affascinante. C'è poi anche, nelle mie opere narrative, un soffuso tono di ironia non cattiva, spesso alle spalle dei personaggi che prendono se stessi troppo sul serio: mi riferisco soprattutto alle vicende verosimili ma talora "ariostesche" de I Sacri Vasi (in particolare, si veda il canonico Guittone della Cattedrale di Palermo, pp. 55-61), nonché al bellimbusto Petruccio, co-protagonista di Anime a confronto; sottilissima ma costante è poi l'autoironia nei romanzi parzialmente autobiografici (Un'idea della vita, Un viaggio nel mio tempo, Misteri svelati), in cui il personaggio preso di mira è l'autore stesso.

Parlando di mistero... intendi riferirti anche a qualcosa di sacro? di religioso?
Basta guardare il creato per convincersi che dietro la sua sintesi armoniosa, dietro la bellezza e la regolarità ad esempio degli stami e dei pistilli e dei colori dei fiori, c'è qualcosa d'altro; non puoi non chiederti: questo chi lo ha fatto? com'è possibile che si sia fatto e si perpetui da solo? Deve esserci un riferimento su cui si fonda tutta la realtà; cioè sono convinto che la realtà sia unificata (affronto esplicitamente il problema in uno degli Undici racconti: Sorprese della memoria, p.83). Qualcuno obietta: ma non sarà il nostro cervello che vede la realtà unificata? E allora io controbatto: sì, ma il nostro cervello chi l'ha fatto così? Kant diceva che in questo modo si potrebbe risalire all'infinito; appunto, dico io, l'infinito! Discuterei volentieri con Kant. Ho poi un senso profondo della possibilità del progresso dell'esistenza; mi ribello a ogni vittimismo, e a quanti proclamano acriticamente la distruttività dell'uomo. L'uomo ha in potenza, certo, la capacità di distruggere il mondo e anche di autodistruggersi, ma possiede anche tutte le risorse per evitarlo, e la capacità di migliorare sempre. Credo nel progresso, ma non hegelianamente parlando: dico che il progresso è possibile. Credo nell'uomo; ma credo anche che con ogni uomo ricominci il problema di Caino e Abele: il bambino guarda con ferocia l'altro bambino che gli sottrae anche per un attimo qualcosa di suo (vedi Sant' Agostino, Confessiones)... Ecco l'importanza dell'educazione, che è il punto di arrivo di tutta la mia ricerca: educare, proprio nel senso etimologico del termine, è riuscire a tirar fuori il meglio di ogni persona.

Come educatore, hai avuto soddisfazioni, risultati positivi con i tuoi allievi? qualche delusione?
Sul piano umano, non ho avuto delusioni, anzi! molti miei allievi, anche di vecchia data, mi cercano spesso e ci sentiamo ed incontriamo sempre con piacere; didatticamente parlando, qualcuno talora non studiava a sufficienza, qualcuno rinunciava, ma ho sempre preteso chiarezza e sincerità, e le ho ottenute. Credo fermamente che si debba avere il coraggio della coerenza, ed esercitare la propria volontà nel perseguirla: ho sempre cercato di trasmetterlo ai miei allievi, più in pratica che predicando. Il bello dell'insegnamento sta anche nello scambio tra idee, tra convinzioni teoriche ed esperienze pratiche: le due dimensioni sono andate via via arricchendosi reciprocamente. Credo nella possibilità di redenzione che ciascuno possiede, di far tacere Caino e man mano far emergere Abele ... Possibilità ed impegno che ricominciano ogni giorno per ciascuno di noi. La persona "educata" è quella che, se anche si comporta male, può dire: "L'ho voluto io"! (e non: "Mi ci hanno trascinato gli altri").
L'autodeterminazione innanzitutto: ed è una norma di vita che si può apprendere, si può comunicare. Le persone deboli lo sono perché non hanno ancora incontrato una guida positiva che le aiutasse a correggere le carenze intime, sono state sfortunate (e in questo senso la sfortuna esiste); ma non è mai troppo tardi. Io sono stato fortunato: ho avuto un padre e una madre energici, che mi hanno insegnato il dovere come valore assoluto, anche nelle cose più piccole. E il senso del dovere è il presupposto - s' intende, mai proclamato ai quattro venti - di tutto quello che dico, faccio e scrivo.

Hai avuto studenti diventati "illustri"?
Certamente! Enumero i primi che mi vengono: dal "Convitto Nazionale" di Roma è uscita Maria Rosaria Omaggio, che non ha bisogno di presentazione; dal "Torlonia" di Avezzano, Gianni Letta, che ha tutti i numeri per essere il prossimo Presidente della Repubblica, e inoltre Chiara Montesani, primaria (la prima ed unica donna in Italia) di endocrino-chirurgia al Policlinico di Roma; dal "Benedetto da Norcia" di Roma, Giulio Guasco, braccio destro del top manager di un'impresa italiana che primeggia nel mondo... Con molti di loro sono ancora in contatto, magari via e-mail...

Il tuo rapporto con i Castelli Romani
Da ragazzo, quando abitavo a Roma, negli anni tra il '45 e il '55, facevo le classiche gite a li Castelli con gli amici, col mitico "tranvetto" che partiva da San Giovanni e passava per il centro di Albano: bastavano poche cose semplici, un panino con la mortadella e passeggiate al bosco e al lago in compagnia allegra... Poi è capitato casualmente, nel 1963, che fossi mandato a insegnare ad Albano, al Liceo classico "Ugo Foscolo": i concorsi per l'insegnamento erano nazionali, e i vincitori venivano destinati dalle Alpi alla Sicilia... almeno i primi anni, si andava dove si veniva destinati. Per me cosmopolita per natura e per convinzione, non fu difficile ambientarmi. Ho insegnato anche nei licei di Palestrina (quel liceo lo inaugurammo... in un ex pastificio! e a Palestrina avevo anche lavorato con l'Università ai restauri del Santuario della Fortuna Primigenia), di Avezzano, di Civitavecchia, di Roma ("Convitto nazionale" e "Benedetto da Norcia"). Ad Albano ho insegnato inizialmente 6 anni a partire, come dicevo, dal 1963, quando la sede era ancora in Via dei Travoni (vicino alla Chiesa di S. Maria della Rotonda) e c'erano solo 5 classi; lì sono stato anche vicepreside, e preside per alcuni mesi.

Dunque il '68 lo hai vissuto come professore al Foscolo di Albano... che "aria" tirava?
Nulla di eclatante, c'erano le assemblee, i collettivi, ma per fortuna niente violenza; io non interferivo, e loro mi rispettavano, c'era stima reciproca. Poi negli anni '70 ho insegnato a Roma, e lì in effetti l'aria era parecchio più turbolenta; sono stato 11 anni - con una parentesi di un anno a Mogadiscio - professore di lettere greche e latine al liceo "Benedetto da Norcia" di Centocelle, quartiere, all'epoca, di periferia popolare - ne parlo ampiamente e motivatamente in Misteri svelati, pp. 104-109; ricorderò qui soltanto che tra gli allievi il caporione era Antonio Savasta, che veniva a scuola portando in tasca la pistola, montava sulle cattedre e urlava che bisognava bruciare le scuole, ammazzare i professori... (ora, tra parentesi, sta scontando non so quanti ergastoli...). Di fatto, sono stato sempre rispettato, però sono stati anni alquanto tesi e faticosi, almeno fino al '76-'77. Ma sono orgoglioso di avere dato anch'io il mio contributo in quel quartiere: sono convinto che le persone si civilizzino attraverso la cultura, perché la cultura fa riflettere. Tutti siamo perfettibili; ruolo dell'educatore è proprio quello di "illuminare" le menti per indurle a migliorare.

Poi di nuovo ad Albano...
in che periodo?

Sono stato a Roma fino al 1983. Poi ho chiesto io di essere trasferito di nuovo al "Foscolo" di Albano (e qui ho insegnato fino al 1989, quando ho dovuto anticipare di qualche anno il pensionamento per motivi di salute), perché sentivo sempre più la vita nella città di Roma come una cappa soffocante. La mia scelta è caduta su Albano, dove, peraltro, avevo continuato a coltivare vecchie amicizie, e non me ne sono pentito, mi ci trovo bene. Certo, un po' di chiusura intellettuale e di provincialismo li ho trovati... Più che altro, quello che non vedo ai Castelli è la passione per la storia dei propri luoghi; si tende molto ad essere approssimativi, a non approfondire la conoscenza del posto in cui si vive; e questi territori sono invece pieni di ricchezze storiche e naturali.

Le biblioteche, i musei, li trovi utili, sul nostro territorio?
Come no! Guai se non ci fossero. Forse sarebbe utile una maggiore pubblicizzazione dei vostri tanti servizi attivi. Personalmente, sto partecipando agli incontri settimanali con il pubblico presso il Museo Civico di Albano (ciclo dal titolo "Latinitas"), per scoprire e valorizzare la presenza della lingua e della civiltà latina nella vita castellana di oggi.

 


Pubblicazioni dell'autore

Un anno in Somalia, Cosenza, Pellegrini Editore, 1978
Ritrova te stesso, Marino, Tipolitografia Santa Lucia, 1989
La sua parte di tempo, Roma, Sovèra Multimedia, 1995
In pace con te stesso: pensieri sulla serenità, Roma, Sovèra Multimedia, 1996
Trent'anni dopo. Faustus 2000, Empoli, Ibiskos, 2000
La leggenda dei Sacri Vasi, Empoli, Ibiskos, 2003
Io e gli altri. Breve saggio morale, Empoli, Ibiskos, 2004
Un'altra Africa (Testimonianza), Albano Laziale, Arti Grafiche Torregiani e Frezzotti, 2004
Un'idea della vita, Roma, Sovèra, 2005
I sacri vasi, Roma, Sovèra, 2007
Viaggio in Africa, Roma, Sovèra, 2007
Un viaggio nel mio tempo, Roma, Sovèra, 2008
Misteri svelati, Roma, Sovèra, 2008
Undici racconti, Roma, Sovèra, 2009
Anime a confronto, Roma, Sovèra, 2010

I primi sei volumi sono totalmente esauriti
(reperibili, come pure gli altri nove, nelle biblioteche dei Castelli Romani - Catalogo online: www.romacastelli.it www.consorziosbcr.net)

Per la rubrica Scrittori in biblioteca - Numero 102 giugno 2011