La"ripubbicizzazione" dei servizi idrici integrati non è l'unica via obbligata da percorrere se si vuole rispettare il doppio sì degli italiani ai due quesiti referendari sull' acqua pubblica; dal 13 giugno l'alternativa non è solo tra società pubbliche gestite dai Comuni (in house) e la concessione a privati, possibile ancora oggi, ma non più obbligatoria.
E' possibile un' altra alternativa suggerita dall' articolo 43 della Costituzione "A fini di utilità generale la legge può riservare originariamente o trasferire, mediante espropriazione e salvo indennizzo, allo Stato, ad enti pubblici o a comunità di lavoratori o di utenti determinate imprese o categorie di imprese, che si riferiscano a servizi pubblici essenziali o a fonti di energia o a situazioni di monopolio ed abbiano carattere di preminente interesse generale", ciò a dire l'articolo della Costituzione individua la possibilità di un affidamento ad imprese sociali o cooperative di utenti di un servizio pubblico essenziale quale la distribuzione dell'acqua.
L' indirizzo della Costituzione è chiaro, occorre ora un decreto legislativo di applicazione "per far entrare le imprese sociali nella gestione", spiega Giorgio Fiorentini, che insegna Management delle Imprese alla Bocconi, "occorre aggiungere i servizi pubblici locali all' art. 2 del decreto legislativo 155 del 2006, che disciplina l'impresa sociale, laddove si elencano i settori di intervento". Angelo Mori, ordinario di Economia Politica all'Università di Firenze, assicura che le cooperative sociali "sono l'unica forma societaria che, diversamente da quelle pubbliche, poco efficienti, e da quelle private, vincolate alla produzione di utili, possono superare agevolmente la strettoia creata dal secondo referendum.
Non è vero, inoltre, che togliendo il 7% di remunerazione del capitale investito tutto si blocca, le cooperative non sono obbligate a remunerare i soci: il beneficio nella gestione si realizza abbassando la tariffa o migliorando la qualità del servizio". Il risultato chiaro ed inequivocabile dei referendum ha aperto quindi uno spazio alle cooperative sociali, i riferimenti legislativi ci sono, le basi culturali anche, si possono ora pensare forme di gestione partecipata che incrocino in maniera sinergica la dottrina sociale della Chiesa, le esperienze dell' impresa sociale con la nuova cultura ecologista dei "beni comuni".
In Italia esistono già delle "cooperative d' acqua", quasi una trentina diffuse nei centri minori di tutta la provincia di Bolzano e di Biella, ad esempio, a San Michele Appiano, uno dei paesi dell' Oltradige, a sud di Bolzano, dove fin dai primi del Novecento è stata fondata la cooperativa Raiffeisen che opera nell' agricoltura e nel credito (Raiffeisenkasse), l'acqua in questa piccola realtà viene a costare agli utenti 0.25 euro al metro cubo.
Facciamo dei confronti: in Toscana, dove operano prevalentemente società a capitale misto pubblico-privato l'acqua viene a costare mediamente 2 euro al metro cubo, mentre in Lombardia, dove sono operative società pubbliche non quotate in borsa, il costo è pari a 0.61 euro al metro cubo.
Nel Lazio e nei Castelli Romani dove opera Acea - Ato2, che è una società quotata in borsa a prevalente capitale pubblico, si paga mediamente 1.05 euro al metro cubo.
Negli Stati Uniti d'America, la maggior parte dei fornitori di acqua potabile sono tuttora pubblici: si tratta per lo più di piccole società municipali o regionali gestite direttamente dai dipartimenti per l'acqua locali e da authority pubbliche cittadine (circa 40 mila), che servono mediamente meno di 10 mila persone ciascuna.
Ci sono, poi, i colossi privati: mezza dozzina di grandi società , la più nota è l'America Water, una società per azioni con sede nel New Jersey che fornisce acqua a quasi 16 milioni e mezzo di persone in 32 stati dell'unione.
In mezzo a queste due realtà ne esiste un'altra meno nota e in forte ascesa: si tratta delle utilities controllate da cooperative, associazioni di cittadini e "trust" che operano in regime di non profit. Â
Non profit: un modello per gestire gli acquedotti
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- Numero 103 luglio 2011