RIVISTA D'AREA DEI CASTELLI ROMANI

Musica

Davide Grottelli “Echoes” Trio presenta “Il Mastromaestro”

A Febbraio del 2007, nel numero 59 del Vivavoce, Marta di Flumeri e Chiara Rondoni della redazione di Vivavoce hanno intervistato Davide Grottelli, sassofonista poliedrico che ci ha raccontato la sua storia artistica e il suo rapporto con i Castelli Romani. A quattro anni di distanza Marta Di Flumeri è tornata ad intervistarlo in occasione dell'uscita del suo nuovo Cd

Come e quando nasce il Davide Grottelli "Echoes" Trio? Parlaci del gruppo, e anche del Cd, delle caratteristiche della sua particolare sonorità...
Il gruppo nasce nel 2009, dall'esigenza di fermare tutta una serie di mie idee maturate specialmente negli ultimi dieci anni di esperienza professionale. E i brani del Cd (che è il primo pubblicato per me, e anche per il gruppo) nascono praticamente assieme all'Echoes Trio. Con Armando Croce, il batterista, c'è un'amicizia di vecchia data, che si è consolidata da quando con il musicista marocchino Nour Eddine Fatty (cantante e percussionista) abbiamo partecipato a un progetto che raccoglieva musicisti di diverse etnie, progetto che ci ha portato a suonare in tanti festival di musica etno-world in Italia e all'estero; anche con Marco Siniscalco (uno dei bassisti italiani più conosciuti, attuale componente degli Aires Tango) avevo suonato già in altri contesti... La decisione di mettere su il trio è stata proprio mia: sentivo che era davvero arrivato il momento di costituire un gruppo con il quale costruire una musica con caratteristiche ben precise. Dopo le tante esperienze in molte realtà musicali, questa è davvero la formazione che sento più mia, perché sono riuscito a trovare un linguaggio che sintetizza tutta una serie di esperienze; e poi ho sempre avuto l'idea di riuscire a costruire melodie semplici ma dense di contenuti... essenziali ma non banali e con all'interno elementi musicali che fanno riferimento a una scala che sa di un particolare luogo geografico, di un particolare paese, dal Lazio al Medioriente...
Qualche anno fa Antonio Di Benedetto, mio collaboratore e amico, riscoprì e si mise a studiare la zampogna, e mi propose di provare a suonare la ciaramella insieme a lui; una prima esperienza natalizia di accompagnamento del coro femminile di Lanuvio ha poi avuto un seguito inaspettato: abbiamo iniziato a studiare brani per zampogna e ciaramella della tradizione popolare abruzzese, molisana e laziale (da dischi, spartiti... e anche svolgendo ricerche personali che ci hanno portato a incontrare suonatori tradizionali, soprattutto anziani).
Questa ricerca ha portato anche alla costituzione del gruppo "Ballicanti" (assieme a me e ad Armando, Antonio e Marina Macchia che hanno collaborano al Cd, fanno parte di "Ballicanti" anche Laura Tiberi alla chitarra ed Emanuela Zura Puntaroni alla danza): un insieme di musica popolare, ballo tradizionale e testi recitati su materiali tradizionali del Lazio, frutto delle nostre ricerche fatte su materiali spesso inediti, nastri, ma anche dischi curati da Raffaele Marchetti e Ambrogio Sparagna. D'altra parte, suonando con Nour Eddine Fatty, ho avuto modo di conoscere molti musicisti di varie nazionalità del Mediterraneo e dell'Asia Mediorientale. E da questo incontro di musiche di diversi popoli nasce in sostanza questo Cd.

Mi sembra che ci siano delle "chicche" davvero interessanti, nel Cd...
Già... te ne illustro qualcuna: Piccola Ballarella del Luglio è ispirata a un ballo tipico del sud del Lazio: nelle suddivisioni terzinate, contiene uno swing sottinteso nella scansione ritmica; Bansuri deriva proprio dal nome di indiano del flauto intorno al quale è stato composto; Giro in Tondu ricorda il suono circolare di una danza sarda; Echoes è un po' il manifesto del progetto: vi si fondono Medioriente, Mediterraneo e metriche asiatiche; Norbantica è stata registrata all'aperto di fronte all'antica città di Norba, l'odierna Norma (LT) con un flauto ad armonici (ciufalittu senza buci), antico strumento effimero che viene realizzato ancora oggi con la corteccia dei giovani rami di castagno ...e così via fino a Falce e Scintille (in cui al trio si aggiungono la voce di Marina Macchia, Antonio Di Benedetto alla zampogna e Angelo 'Cignale' Giuliani al tamburello) che contiene la citazione di un canto tradizionale di Anticoli Corrado che si chiama "Mietete mietitori", una "work song" di casa nostra; nel brano c'è una scala con la quarta aumentata, dalla forte connotazione mediterranea, che sembra qualcosa di davvero inusuale per la musica popolare laziale: e invece non lo è... se si considera che dalla Valle dell'Aniene fino ad arrivare ad Amatrice, è qualcosa di molto diffuso; qualcosa di legato alle migrazioni, alla transumanza dei pastori... Del resto la musica popolare laziale (specie quella del Lazio meridionale, come il saltarello, la ballarella) è abbastanza vicina ai ritmi terzinati della tarantella campana.

I brani sono tutti tuoi? E quando troveremo il Cd in distribuzione?
Tutti i pezzi sono mie composizioni originali. Dopo vari tentativi sfortunati ma formativi, rimasti inediti, sempre alla ricerca di una strada ma soprattuto di persone animate da intenti comuni - umanamente e musicalmente parlando -, finalmente sono riuscito a realizzare questo Cd, completaente autoprodotto, che è uscito in occasione della Festa della Musica 2011 di Lanuvio. Sono attualmente in trattative con una buona società per la distribuzione. Il disco si troverà in vendita dal prossimo autunno. Al momento, chi volesse acquistarlo può contattarmi direttamente (davide.grottelli@tin.it).

Come si genera la tua nuova musica?
Compongo in qualsiasi momento della giornata, col canto, col fischio, mentre osservo qualcosa, mentre guido, mentre faccio lezione... ovviamente, a volte anche direttamente sullo strumento (che ho scoperto esser chiamato «l'attrezzo» da un vecchio pastore di Anticoli Corrado... mi piace questa definizione, che sa proprio di strumento del mestiere). I miei brani, come ho detto, nascono soprattutto dall'incontro, negli ultimi anni, con musicisti di varie etnie: in tutte le occasioni c'è stato uno scambio profondo, soprattutto nelle modalità dell'esecuzione musicale. Gli indiani, ad esempio, mi hanno spiegato come intendono le suddivisioni ritmiche (hanno griglie di tempi, accenti che si spostano in continuazione, a volte quasi impensabili). Nel brano Echoes verso la fine c'è qualcosa che fa riferimento proprio alla suddivisione ritmica delle tablas indiane). Definisco il mio stile sempre jazz, ma nel senso più ampio e direi originario del termine: perché il jazz è già una sintesi, una contaminazione tra la musica colta europea e la musica tradizionale africana tramandata per via orale. Credo che la nostra musica, la nostra cultura, le fonti alle quali attingiamo, siano un po' distanti dai campi di cotone del sud degli Stati Uniti... Noi qui abbiamo il nostro mare, le nostre coste, abbiamo vigneti, distese di pomodori, i nostri antenati erano pastori, contadini, pescatori; il Mediterraneo da sempre è stato luogo di scambio, di incontro di popoli e culture; la nostra musica rituale è legata ad altri tipi di lavoro (mietitura, vendemmia, feste del raccolto...); ebbene, il jazz è soprattutto questo: qualcosa che affonda le sue radici nel tessuto vivo dell'esperienza di un popolo.

Il titolo del Cd, così inusuale... come è venuto fuori?
Mi ha sempre affascinato la dimensione artigianale della musica, l'aspetto proprio della bottega, del "mastro" che insegna agli apprendisti e questi ultimi che apprendono anche solo "rubando" con lo sguardo: ecco perché il titolo "Mastromaestro". Mi sento un po' un mastro e insieme un apprendista, che con strumenti anche semplici, poche cose essenziali, riesce comunque a costruire l'opera (opera in legno, in muratura, in musica etc...). Il disco è dedicato a mio padre Luigi, il mio "Mastromaestro"...

In questi ultimi anni cosa è cambiato nel musicista Davide Grottelli, che intervistammo per Vivavoce nel "lontano" 2007?
C'è una maggiore consapevolezza rispetto a cosa oggi voglio veramente fare. Trovo questo progetto entusiasmante; sono felice soprattutto per essere riuscito a sintetizzare e a portare su disco tanta parte della mia esperienza musicale. In una formazione così essenziale, senza strumenti armonici, la melodia diventa un canto limpido, chiarissimo, a volte denso di note e a volte scarno ma sempre pregno di valore profondo; le note del basso diventano fondamentali, sostenendo il senso armonico della melodia e sono anche quelle che possono portarla nelle direzioni più diverse... Così anche il ruolo della batteria che fa sì che il canto dei sassofoni e dei flauti, il canto e il contrappunto del basso, si sviluppino e prendano vita su un infinito caleidoscopio di ritmi. Importantissimo è l'apporto solistico dato da Marco e Armando, tale da costituire un continuo dialogo fatto di grande sensibilità ed interplay a tre voci.

Per la rubrica Musica - Numero 104 settembre 2011