"Sappiamo benissimo di raccontare una storia di un altro pianeta, ma allora il mondo e la vita andavano così...", leggiamo nelle prime righe del testo (duecento pagine dense e nitide): è lo stesso Aldo Onorati (autore castellano tradotto in ben sedici lingue nel mondo) a segnare i limiti della cesura generazionale attraverso questo suo nuovo, bellissimo romanzo che chiede di essere affrontato anzitutto a livello di approccio, di atteggiamento, di forma mentis. Occorre incunearsi tra le pieghe della grande Storia per saggiare, nelle vicende tipiche di una generazione (nata negli anni trenta del Novecento), com'erano i nostri padri "nell'intimo dei sentimenti e della quotidianità ": la sostanza e il sapore di un tempo che non c'è più e che oggi, per come sono andate le cose, sembra lontano secoli, piuttosto che decenni.
C'è un equilibrio vivo, particolarmente vigile e riuscito, fra le istanze espressive della forma e del contenuto, cioè della scrittura e del narrato, che sono consapevoli del proprio ruolo e dosati, con sapienza alchemica, l'uno in funzione e in proporzione dell'altra: con reciproca organicità . Il plot narrativo è abilmente intrecciato con un'acutissima opera di pensiero, di riflessione sui fondamenti dell'esistenza, sui cardini dell'umana condizione, che lo permea e l'attraversa, dandogli corpo, sostanza, ariosità .
L'opera rientra agevolmente nei canoni del romanzo di formazione, anzi, con più esattezza, del romanzo di educazione sentimentale. C'è la tipica atmosfera picaresca dei libri di Onorati, la dimensione di libertà avventurosa propria di un'adolescenza che si forma "on the road", che impara dalle esperienze dirette, dai lividi, dagli scontri. L'esistenza di questi ragazzi degli anni Cinquanta è una "continua fuga di corse e gare". Sono cavalli senza briglia, irrefrenabili: sono "masnadieri". Le vere scuole di vita le offrono la strada e l'osteria: lì s'impara l'uomo 'come è'. La scuola propriamente detta viene snobbata e disertata, malgrado le raccomandazioni dei genitori, perché vi si impara l'uomo come dovrebbe essere, e per questo è sentita a mo' di istituzione fasulla, inutile, costrittiva: luogo di perpetuazione di errori millenari e di allevamento anestetico alle menzogne della civiltà . Da questo impianto 'aperto', di confronto libero con l'esperienza, emerge poi la dominante sentimentale, il tracciato di accostamento all'universo dell'eros, l'opera di accerchiamento della sfuggente 'nebulosa femminile'.
È la scoperta conturbante della donna. Si resta trafitti per sempre dallo sguardo 'vorace, dolce, forte' con cui ella, spesso senza volerlo (obbedendo a un istinto superiore), sa vincere ogni resistenza e ammutolire ogni ragionamento.
Il grande scrittore lo sa per istinto che, se si vuole rappresentare la vita in modo attendibile, la vera via è quella del realismo, che non edulcora, che non seleziona a priori, ma fa emergere anche le ombre, anche le cose inconfessabili, la parti infere.
Giano è il protagonista del romanzo, un Orfeo sensibile e sentimentale, trascinato a sondare le misteriose e cavernose profondità della vita, le intraducibili vie oscure del suo immenso labirinto senza fine. Ed ecco il richiamo irresistibile del sesso: e ogni donna un universo a parte da esplorare. Ma Giano è bloccato dalla timidezza. Oscilla fra il desiderio e la paura. Non agisce, temporeggia, pensa troppo: si vede così sfumare davanti agli occhi le migliori occasioni di esperienza amorosa. Le donne non perdonano l'uomo incerto e indeciso; vengono fortemente attratte dai tipi come Polonio, co-protagonista distaccato, sensuale, vorace gustatore di meretrici e avventuriere. Polonio è l'opposto di Giano, o forse la proiezione del desiderio di questi. Insensibile alla sofferenza della donna innamorata, ne gode con sarcasmo la dolcezza del corpo e il desiderio sentimentale di lei incorrisposto. Giano tende a innamorarsi delle donne, le idealizza, le sogna; per questo è soggetto alle più atroci delusioni. Allora, per reazione e quasi per vendetta, decide di infrangere il tabù e di congiungersi alla donna - finalmente - attraverso l'amore mercenario, che gli pare riscattato da una sua intrinseca purezza, limpido nel patto contrattuale che null'altro implica, a differenza dell'amore coniugale con le sue ombre e le sue tacite ipocrisie. Ma il meretricio riserva più dolori che gioie, specie al momento dell'iniziazione. Il danno maggiore che lascia su questi giovani la frequenza delle prostitute di strada, se non del casino, è una frattura insanabile tra l'amore e il sesso, ovvero l'incapacità di fondere i sensi col sentimento. Ma avverrà qualcosa di fondamentale verso i venti anni del protagonista: non possiamo svelarlo al lettore per non togliergli la sorpresa, dolce e amara, di un inatteso colpo di scena, sebbene irrisolto, ambiguo, magistralmente giocato in un 'finale aperto'. Però, non si può ridurre questo libro succoso e ad alto rilievo, a una narrazione sessuale: qui, Onorati ha più che mai il coraggio di scoperchiare la pentola sulle 'realtà vere' (e quindi talvolta oscene) della vita. C'è un fremente problema di aspirazione all'assoluto, di ragionamenti sulla morte, l'amore in senso ampio, sul rapporto fra gli esseri viventi, sull'eterna guerra dei sessi, i ruoli sociali e familiari, il matrimonio, la fedeltà ... In due parole: sul sesso e la vita, tutto ciò che siamo e non sappiamo in pieno. Un romanzo, quindi, appassionante, che è, a tutti gli effetti, non solo il ritratto dal vero di un'epoca, ma il passaporto erotico di una generazione.
Il nuovo romanzo di Aldo Onorati pubblicato da EdiLet
IL SESSO E LA VITA
Il passaporto erotico di una generazione
Per la rubrica
Cibo per la mente
- Numero 107 dicembre 2011