Nonostante siano finite le celebrazioni per i 150 anni dell'Unità d'Italia, pubblichiamo volentieri il contributo inviatoci dalla nostra collaboratrice Daniela Imperi sulla figura di Colomba Antonietti, "garibaldina" a Velletri. È un ulteriore tassello che ci aiuta a conoscere meglio la storia dei nostri luoghi, anche attraverso i profili delle donne e degli uomini che in forme diverse li hanno vissuti. Non solo, il mese di marzo ci dà un altro motivo per parlare oggi di Colomba. La sua storia singolare e commovente, è il simbolo di tante storie al femminile che hanno contribuito a costruire l'Italia e ci piace ricordarlo oggi nel mese che celebra la giornata internazionale della donna. (E.D)
"La palla di cannone era andata a battere contro il muro e ricacciata indietro aveva spezzato le reni di un giovane soldato. Il giovane soldato posto nella barella aveva incrociato le mani, alzato gli occhi al cielo e reso l'ultimo respiro. Stavano per recarlo all'ambulanza quando un ufficiale si era gettato sul cadavere e l'aveva coperto di baci. Quest'ufficiale era Porzi. Il giovane soldato era Colomba Antonietti, sua moglie , che lo aveva seguito a Velletri e combattuto al suo fianco"(1)
Giuseppe Garibaldi nelle sua Memorie descrive così la morte di Colomba Antonietti, caduta durante la difesa di Roma il 13 giugno 1849 sotto l'assalto delle truppe francesi del generale Oudinot. La Brigata agli ordini di Garibaldi comprendeva, tra gli altri, quattrocento studenti universitari, trecento doganieri, trecento emigrati, fino a formare un tutto di duemilacinquecento uomini tra i quali c'erano molte donne che la numerazione ufficiale non rileva.
La storia restituisce di solito i nomi delle aristocratiche che si prodigarono in vari modi per l'unità d'Italia, da Cristina di Belgioso e Clara Maffei, alla Contessa di Castiglione ma furono migliaia, nell'Italia preunitaria le borghesi e le popolane mandate sotto processo, talvolta in esilio, in carcere, sul patibolo o morte in battaglia come Colomba Antonietti.
Colomba, nata a Bastia nella provincia perugina il 19 ottobre 1826. visse gli anni della giovinezza a Foligno insieme alla sua numerosa famiglia occupata presso il forno municipale nella panificazione e nella produzione dolciaria. Accanto al forno era stanziato il Corpo di Guardia della guarnigione pontificia dove prestava servizio il cadetto conte Luigi Porzi di Imola. Si incontrarono e si innamorarono ma dovettero affrontare le resistenze di entrambe le famiglie che. per motivi diversi non vedevano di buon occhio la relazione tra due giovani di classi sociali diverse.
I giovani non si diedero per vinti e si sposarono segretamente anche perché Luigi Porzi non aveva chiesto l'autorizzazione alle autorità militari secondo il regolamento. Purtroppo la notizia trapelò e l'ufficiale venne arrestato e recluso a Castel Sant'Angelo. Non fu impedito ai due giovani di vedersi anzi fu loro concesso di stare insieme dall'alba al tramonto.. Il periodo di prigionia contribuì a sviluppare nel giovane e in Colomba l'odio per l'oppressione e sentimenti che li avvicinarono alla causa dell'indipendenza nazionale, di cui danno testimonianza le lettere che la giovane scriveva alla sua famiglia.. Concluso il periodo di prigionia, allo scoppio della prima guerra di indipendenza, Porzi lasciò il servizio pontificio e corse volontario al nord con le truppe del generale Durando. Colomba, tagliati i bellissimi capelli neri, si vestì da soldato, si arruolò e combattè in Lombardia e in Veneto al fianco del marito. Per gli esiti infausti della guerra nel 1849 la legione Lombarda in cui militavano Luigi e Colomba dopo l'armistizio di Salasco divenne una formazione regolare dell'esercito sardo Piemontese, diventando il VI battaglione Bersaglieri che fu lasciato partire alla volta di Roma al comando di Luciano Manara per contribuire alla sua difesa.
Il 19 maggio 1849 Luigi e Colomba parteciparono con Garibaldi alla battaglia di Velletri per fermare l'esercito borbonico di Ferdinando II. All'alba dunque del 19 ecco Garibaldi che, arrivato in vista di Velletri con la legione italiana, col 3.° battaglione del 3.° reggimento di fanteria romana e con pochi cavalieri, spedisce un distaccamento con l'ordine di avanzare sotto le mura della città per conoscere i luoghi e le mosse del nemico, appostando metà della legione sui colli Latini di fronte al convento dei cappuccini occupato dagli svizzeri . Si preparano all'attacco e con Garibaldi già in sella, al suo moro Anghiar sbarrano a cavallo la strada "ma sono rovesciati tutti e rotolati nella polvere. I cavalli dei nemici e degli amici gli passar sopra, ma nel tremendo frangente un battaglione di ragazzi scivolando giù dalla china dei colli tira con tale precisione sui nemici che questi si fermano e fulminati da un'altra compagnia a sinistra, fuggono a precipizio.(2)
Garibaldi si rialza impolverato e pesto, monta in sella, fa suonare la carica su tutta la linea, riprende il comando e riesce a sbaragliare la forza nemica, incalzando i fuggiaschi fino alla porta della città.
Entrare però con pochi giovani soldati non era prudente nè possibile. Ma per fortuna Luciano Manara, che a due miglia di distanza aveva avvertito il fuoco, condusse di corsa i suoi bersaglieri che, sfidando i fulmini dell'artiglieria nemica, a suon di tromba, sfilarono sotto gli occhi del Generale, accolti da grida entusiastiche di Viva i nostri bersaglieri! a cui quelli rispondevano Evviva Garibaldi!. Luigi e Colomba erano tra questi valorosi bersaglieri. Colomba soprattutto dimostrò nel corso della battaglia capacità e intelligenza tanto da meritare l'elogio dello stesso Garibaldi . Fu vista infatti combattere a fianco del marito con coraggio e rincuorare i soldati: molti di loro la supplicarono di allontanarsi ed ella sorridendo rispondeva: Ma se ci lascio il marito morirei di affanno(3). Manara, elettrizzato dall'aspetto del campo e dalle buone notizie raccontategli, decise di mandare quei giovani bersaglieri con la legione romana contro i soldati sulle mura della città sulla quale arrivarono assai prima del loro generale.
Conquistata finalmente la città di Velletri, i bersaglieri ormai garibaldini parteciparono alla difesa della Repubblica Romana. Durante la disperata difesa del quartiere di Porta San Pancrazio, dove i francesi avevano aperto una braccia il 13 giugno, Colomba, mentre porgeva al marito alcune armi, rimase colpita da una cannonata, cadde in ginocchio, levò le mani al cielo e morì, come si racconta, mormorando"Viva l'Italia". Colomba fu compianta nei giornali dell'epoca e dalle parole di storici e politici, ma la manifestazione più alta l'ebbe dal popolo romano che accompagnò il feretro coprendolo di rose bianche e seguendolo lungo le vie di Roma fino alla cappella di Santa Cecilia dell'Accademia Musicale dove la salma fu tumulata. Il suo nome risulta accanto a quello del marito scolpito in molte lapidi che ricordano i patrioti del Risorgimento, come al Gianicolo e al Senato in Roma, e naturalmente due epigrafi la ricordano a Bastia e Foligno.
Note
1) Garibaldi Giuseppe Memorie autobiografiche , Firenze, G.Barbera Editore, 1888, p.328-329;
2) Guerrazzi, Francesco Domenico Lo assedio di Roma, Perino Editore, 1882,p.600-610;
3) Ivi, p.700-701.