Vivavoce - Rivista d'area dei Castelli Romani

RIVISTA D'AREA DEI CASTELLI ROMANI

If Provincia then

Genzano di Roma

"I Castelli Romani devono capire dove andare, che tipo di sviluppo avere. È solo la cultura che ce lo può dire...non a caso l'unico Ente di cooperazione che ha funzionato in questi anni è stato il Consorzio SBCR

Flavio Gabbarini"

 

Parliamo di abolizione delle Province. Siamo abituati a pensare alla Provincia come ente territoriale molto esteso, con un gran numero di comuni, e si vagheggia che al posto delle Province subentreranno strutture sovra-ordinate o inter-comunali, competenti su un territorio più ristretto e su un minor numero di comuni uniti dalla appartenenza ad "aree omogenee".
I Castelli Romani sono un'area omogenea?Se è così, quali sono i connotati di questa omogeneità, quali sono gli elementi costitutivi di questa omogeneità? La cultura può essere uno di questi fattori di omogeneità?

I Castelli Romani rappresentano un ambito territoriale molto ampio ed omogeneo. Sotto tutti i punti di vista: la configurazione morfologica, la presenza dei laghi, la produzione vitivinicola che riguarda tutti i Castelli Romani, nessuno escluso, e che è anche un fatto culturale che è stato trasmesso di generazione in generazione.
La presenza sul territorio di reperti archeologici tramandati dalla cultura preromana e romana, e poi i vari insediamenti delle famiglie aristocratiche nei Castelli Romani, anche questo è un fatto che unifica. Il grosso dei Castelli Romani sta su due consolari, l'Appia e la Tuscolana, quindi anche il sistema viario ha fatto in modo che i Castelli Romani fossero un "unicum" in rapporto con Roma. La presenza del papa, poi, si sente in tutti i Castelli Romani e ha inciso sullo sviluppo le-gislativo ed economico di essi: le opere urbanistiche, per esempio, sono state fatte durante lo Stato pontificio. Nell'immaginario collettivo si parla di un territorio unico dal punto di vista geografico e culturale.

Quindi secondo lei esiste una omogeneità dei Castelli Romani, sul piano storico, sul piano politico-amministrativo, sul piano dell'immaginario collettivo. E la cultura è uno di questi elementi, esiste una cultura tipica dei Castelli Romani... lei ha accennato alla cultura del vino...
Bisogna vedere che cosa intendiamo per cultura. La cultura è un elemento unificante, qualcuno ha definito la nostra come cultura della sopravvivenza: sono le attitudini ma-nuali, artigianali, lavorative che derivano dalla cultura del vino... fino a cinquant'anni fa tutti erano in grado di coltivare una vigna, di avere un orto. Questo è rimasto nella no-stra cultura odierna. Poi c'è la cultura che è studio, approfondimento, anche questa cultura è unificante perché i Castelli Romani hanno sempre avuto uno scambio culturale con Roma.

È legittimo che si dia vita a un ente sovra-comunale o inter-comunale che gestisca quest'area in maniera coordinata?
Sì ma solo in parte, perché i Castelli Romani sono un unicum a livello territoriale e cultu-rale ma io non credo a grandi enti sovra-comunali. Io differenzierei due aree dei Castelli Romani, l'area che gravita sull'Appia e l'area che gravita sulla Tuscolana. Condivido l'idea che parte di questi comuni devono iniziare a gestire i servizi in comune, per esempio la viabilità, l'approvvigionamento idrico, i piani regolatori. È arrivato il momento di mettere insieme la programmazione dello sviluppo urbanistico del territorio perché se questo resta nella piena autonomia dei comuni, se ognuno decide per sé, alla fine si può incidere sulla qualità dei servizi. Questo riguarda i trasporti, le scuole, ecc.

Lei faceva una distinzione tra le due zone dei Castelli Romani, sorgerebbe allora un problema di interrelazione, di coordinamento anche tra le due zone. Mi sembra che comunque servirebbe una unità che salvaguardi le specificità locali. Le amministrazioni comunali dovrebbero cedere competenze, attribuzioni, per realizzare una composizione dei problemi a livello superiore...
Solo che questo ente superiore non è previsto. Ora possiamo solo limitarci al coordinamento dei sindaci e l'ente istituzionale riconosciuto dalla Costituzione per far sì che si attuino le linee dei comuni è solo la Provincia. La proposta di legge sull'abolizione delle Province porterebbe a questo: le sostituisce con una provincia di secondo livello, dove ci sono dieci consiglieri che eleggono il presidente. Questo sarebbe deleterio. Tolgono la Provincia e da chi vengono gestite le competenze? Creare aree più limitate significherebbe che invece di una provincia ce ne sarebbero quattro, cinque, sei... ecco perché non sono d'accordo con questo declassamento della Provincia. Non funziona l'architettura istituzionale.

La Provincia dovrebbe rimanere così com'è ma snellita?
Si, snellita. Vanno chiarite le competenze, tagliate alcune competenze che oggi risultano inutili o contrastanti. Faccio degli esem-pi. La Provincia oggi ha competenza sull'intero ciclo delle acque, ma allora a che serve ancora il Consorzio Pratica di Mare, che interviene su compiti che sono della Provincia? Il problema dell'edilizia scola-stica: bisogna fare chiarezza... perché in alcuni ambiti intervengono Provincia, Comuni e Regione? Di chi è la competenza? Occorre una ridefinizione dell'assetto della Provincia. Così per il Parco regionale: chi ha le competenze? sono tutele suddivise? La Provincia dovrebbe essere vicina alle esigenze del territorio attraverso l'organizzazione dei di-stretti omogenei, uno dei quali potrebbe essere il Distretto dei Castelli Romani. Dove la stessa Provincia dovrebbe confrontarsi con i Comuni e garantire che ci sia una struttura associata di gestione dei servizi e una programmazione di sviluppo omogeneo del territorio.

Dunque dovrebbe esserci una struttura con Provincia, comuni e distretti. Il di-stretto sarebbe un ente di secondo li-vello che coordini le politiche.
Questo potrebbe essere un ente in cui i sindaci si riuniscono ed eleggono i loro delegati. Invece di improvvisare queste pseudo riforme, bisogna che chiariamo quali sono le competenze della Provincia come ente gestionale, se tolgono le Province restano comuni e Regioni senza legame sul territorio e resta questa provincia di secondo livello i cui consiglieri e presidente vengono eletti dai consiglieri comunali di tutti i comuni. Eleggono dieci consiglieri provinciali che eleggono il presidente, ma quale potere può avere questo presidente provinciale sui sindaci? Dovrebbero invece riformare le Regioni nel senso che dovrebbero legiferare e non gestire. Faccio l'esempio della cultura, la gestione della cultura resta alle Province e non alla Regione che legifera.

L'area dei Castelli Romani da quando esiste è legata a Roma. Nell'ultimo decennio la popolazione dei Castelli Romani è quadruplicata, molti romani si trasferiscono nei Castelli Romani. Questo ha creato dei problemi enormi, allora questo problema come si può risolvere perché non sia distruttore dell'identità dei Castelli Romani?
Un ente sovraordinato potrebbe risolverlo. Ed è l'attuale Provincia che dovrebbe avere più specifiche competenze per fare in modo che ci sia un rapporto di collaborazione tra Roma e i Castelli Romani. La Provincia dovrebbe avere competenze anche sullo sviluppo urbanistico dei paesi. Questo rapporto può essere più rispettoso dal momento che facciamo una programmazione nei Castelli Romani, in modo che si tuteli il territorio. Questo ente sovracomunale dovrebbe anche programmare lo sviluppo dei servizi. Non possiamo continuare ad assistere che ogni comune si fa il proprio piano regolatore da solo senza coordinarsi con gli altri comuni e poi non c'è lo sviluppo coordinato dei servizi. Per esempio sul traffico nessuno si è preoccupato di programmare arterie stradali, di dotare i cittadini di una metropo-litana leggera, dell'approvvigionamento idrico, delle scuole a fronte di una popolazione che sempre aumenta? Significa anche spreco di denaro pubblico. Sicuramente serve una Provincia che programmi e poi secondariamente anche un ente di coordinamento territoriale che aiuti la Provincia a programmare nelle aree. I Castelli Romani devono capire dove andare, che tipo di sviluppo avere. La cultura deve dirci dove andare perché quando parliamo di progetti e di sogni per il futuro, non possiamo affidarci che alla cultura. Anzi una cosa la voglio dire, l'unico Consorzio che ha funzionato in questi anni è quello delle biblioteche, gli altri non hanno funzionato, perché qui i sindaci intervengono, dicono la loro, programmano lo sviluppo delle biblioteche sul territorio, coordinando e dando delle specificità. Questa è una esperienza che funziona.

Per la rubrica If Provincia then - Numero 110 maggio 2012