Vivavoce - Rivista d'area dei Castelli Romani

RIVISTA D'AREA DEI CASTELLI ROMANI

A come artisti

Intervista a Stefano Piali

Stefano Piali nasce a Roma nel 1956 vive e opera a Marino. Frequenta il liceo artistico di Via di Ripetta a Roma, approfondendo la sua formazione presso l’Accademia di Belle Arti dove apprende le tecniche della scultura sotto la guida del maestro Pericle Fazzini.
A Marino, lavora quale docente di discipline plastiche presso l’Istituto Statale d’Arte.
Ha al suo attivo numerose mostre personali e collettive in tutta Italia sia in qualità di scultore che di pittore. Attualmente è presente nella prestigiosa Galleria d’Arte romana Ulisse tra i maggiori artisti contemporanei quali Sebastiano Matta, D’Orazio, Ugo Attardi. Nel territorio castellano sono presenti: a Ciampino, presso la Chiesa di S. Giovanni Battista, La porta del dolore (portale in bronzo). A Marino, presso l’aula consiliare del Comune, Il ritorno dalla battaglia di Lepanto (olio su tela). A Frattocchie, nelle vicinanze dell’ingresso del tratto dell’Appia Antica, Il Guerriero (opera in marmo bianco di Carrara).
Dal 1983 inizia, con la sua prima personale, un lungo percorso artistico dove è possibile leggere tre momenti sostanziali: dalla figurazione analitica spinta verso l’iperrealismo, alla esplosione delle forme fino a conquistare un nuovo equilibrio formale in cui convivono armonicamente le diverse fasi di ricerca espressiva sia in pittura sia in scultura. Le sue opere sono concepite, nell’impianto e nello stile, come monumentali. E in relazione a questo argomento iniziamo la nostra intervista con la domanda:

A proposito della monumentalità delle tue opere, puoi chiarire questo aspetto della tua arte?

Io credo che il concetto di monumentale così come ereditato dal passato e derivante dall’arte celebrativa sia da rivedere. Io penso alle mie opere come possibilità dello spirito di espandersi e di comunicare, penso ad un fruitore che possa essere immerso totalmente nell’opera, che possa sentirsi dentro ogni sua parte. E’ un io in espansione quello dell’artista, l’opera quindi ne rappresenta il divenire.

Ricorre nella tua poetica il tema del guerriero. Perché proprio il guerriero?

Se si osserva bene il mio guerriero conserva gli aspetti esteriori dell’agonismo in termini di forza, virilità, ma, tranne una scultura che si ispira alla romanità, opera pubblica commissionata per l’Appia Antica, i miei guerrieri sono solo un pretesto perché, a ben vedere, non hanno armi, non hanno braccio, dell’apparato marziale non rimane che un dettaglio sfocato. Il guerriero ingaggia la sua battaglia prima di tutto verso se stesso, iniziando un tormentato viaggio interiore in cui si trova coinvolto anche il fruitore. Così l’opera riesce a diventare universale tematica interiore.

Parliamo del rapporto tra l’artista e il fruitore.

Il problema per me è superato dalla necessità di concentrarmi sulla mia intuizione, spesso percorrendo modalità e tempi inconsueti. In questo l’artista è un precursore.

Un visionario?

Sì, questa parola mi fa pensare ad una scultura che mi ha impegnato tra il 1987 e il 1988, dopo un viaggio a Berlino. Il muro viene rappresentato come una terribile deflagrazione che lo frantuma. Il muro cadrà nel 1991.

Nella tua poetica, anche nella fase astratta, la figura umana rimane centrale, un po’ in contro tendenza con le attuali tendenze postmoderniste. Ce ne parli?

Il nostro Millennio dovrà fare i conti con l’uomo, dovrà riaffermare una nuova figurazione che affonda nelle radici della storia ma ha bisogno di una nuova immagine di sé. C’è bisogno di un nuovo umanesimo perché stiamo consumando tutti i valori fondamentali che ci riconducono all’uomo.

Parliamo del tuo legame culturale con il territorio.

Insegno da molti anni a Marino presso l’Istituto d’Arte e cerco di fornire ai ragazzi la capacità di apprendere il linguaggio dell’arte. Il rapporto tra studio e realizzazione. Questo è un elemento centrale del mio lavoro con gli allievi.

Il legame affettivo coi luoghi?

Ho deciso di abitare a Marino e di tenere lo studio in un quartiere molto antico della città. Quando sono approdato qui da Roma, mi è sembrato talmente familiare come se ci fossi già stato. Mi sentivo legato ai sapori, agli odori, al paesaggio che si apre davanti al bosco ferentano, ai vicoli di questo paese. Se mi parli dei Castelli Romani, ti dico che occorre una maggiore vitalità e volontà di azione comune e di apertura ai giovani. Occorre trovare persone capaci di vivere l’esperienza artistica e di promuoverla.

Quali consigli puoi dare alle giovani generazioni?

Consiglierei di comprendere con grande serietà e sentimento. Credere nelle proprie capacità, impegnarsi con spirito di sacrificio e con gioia per seguire il proprio intuito.
I giovani sono provvisti naturalmente di quell’energia vitale originaria, e possono utilmente recuperare momenti di meditazione e di contemplazione. Oltre il consumismo artistico, occorre riabituarsi allo stupore della scoperta, anche per le cose minime. Da qui nasce il processo creativo. I ragazzi hanno un’energia immensa e conservano la freschezza dell’intuizione profonda.

I prossimi progetti?

Vorrei segnalare, tra gli altri, nel territorio, un appuntamento presso la Galleria D’Ac di Ciampino agli inizi di novembre. Sono stati selezionati tra le mie opere un dipinto dal titolo Porta di Luce e la scultura A volo d’Angelo di marmo bianco di Carrara. Considero queste occasioni un contributo artistico rilevante per tutta la comunità dei Castelli Romani.
Per i contatti con l’artista: www.stefanopiali.com e-mail redazione@stefanopiali.com

Per la rubrica A come artisti - Numero 47 novembre 2005