Vivavoce - Rivista d'area dei Castelli Romani

RIVISTA D'AREA DEI CASTELLI ROMANI

Cibo per la mente

Pubblicati, per la prima volta in Italia, i libri dei poeti palestinesi

Murad Al Sudani I segni del narciso e desideri, Editrice Camunia 2013

Yousef al Mahmoud Sulla cima di un garofano, Editrice Camunia, 2013

Murad Al Sudani
È nato a nel 1973 a Deir al Sudan (Ramallah), Palestina. Laureato in letteratura araba all'università di Bir Zeit nel 1995 e specializzato in studi arabi contemporanei nel 2012. Dal 1996 al 1998 ha ricoperto importanti cariche all'interno di università palestinesi ed è stato capo redattore di diverse riviste letterarie come: Al-Shu'ara', Aquas e majalat al Asra'. Attualmente è il segretario dell'Unione generale degli scrittori palestinesi e della Casa della poesia palestinese. È autore di importanti opere poetiche come: Sudah al wa'r (L'urlo della campagna) e Al-siraj 'alian (La lampada lassù) e I segni del narciso (2002, al-Zehira), prima opera del poeta tradotta in italiano. È edita in Italia dalla Camenia Editrice, Roma, 2013.
La poesia nel mondo arabo, al contrario che in "occidente", è considerata oggi la più alta rappresentazione della letteratura. Molti sono i poeti, di fama nazionale e internazionale, attivi in oriente; la letteratura araba moderna è figlia di un periodo storico-culturale chiamato dagli arabisti, Al-Nahdal, epoca che va dalla seconda metà del XIX secolo fino alla metà del secolo seguente, che sancisce la fine dell'era della decadenza, o meglio, del Inhitat.
È proprio in questo periodo che la lingua araba classica si riappropria del ruolo centrale, perduto durante l'epoca della decadenza, all'interno delle società arabe e riesce a sviluppare una nuova letteratura arricchendola di nuovi termini. Il profondo legame con la religione ha influito a renderla ancor più elegante e a mantenerla "pura" nella sua struttura ancestrale. È questo che rende la poesia, ancora oggi, tanto amata dal pubblico. La lingua, che viene usata per comporre i versi, resta ancorata ad un retaggio al quale ogni arabo si sente legato. Non sono da trascurare, inoltre, le difficili vicende politico-sociali che vivono le popolazioni del bacino mediterraneo. Soprattutto la questione palestinese, nata nel 1948 con la fondazione dello stato d'Israele, ha giocato un ruolo fondamentale per lo sviluppo della letteratura di questa regione. È proprio in tale situazione che la poesia trova terreno fertile per raccontare il dramma dei territori occupati. Murad Al Sudani nei suoi versi ci racconta tutto questo.
Quanto allo stile, questa raccolta di poesie, potrebbe essere collocata all'interno del movimento neoclassico della letteratura araba moderna, in quanto il poeta spesso fa riferimento all'epoca preislamica (Jahiliyya). Tutte le poesie presenti nell'intera opera sono scritte in verso libero, tranne due dove è usato il metro della qasida araba.
Il filo conduttore è il narcisismo "legato alla terra"; un narcisismo che solo apparentemente è individuale, perché il narcisismo, qui descritto, racchiude l'unione salda e l'orgoglio per la propria terra che ogni palestinese sente più di tutti gli altri sentimenti. La natura simbolica si mescola alla speranza, all'amore e alla giustizia, per augurarsi un futuro di libertà.

Yousef al Mahmoud
Poeta e giornalista è nato nel 1965 in Palestina, lavora nella Casa della poesia palestinese, di cui è uno dei fondatori. Ha lavorato come redattore per diversi giornali palestinesi ed è uno dei fondatori della radio-televisione palestinese. È stato presentatore, redattore e direttore dei programmi culturali radiofonici per La voce della Palestina. Ha pubblicato tre raccolte di poesie: "Canto alle porte del mattino", "La pietra della bestia" e "Sulla cima di un garofano". Poesie palestinesi a cura di Odeh Amarneh, è stato pubblicato nel 2012 in Giordania, sotto il patrocinio della "Unione generale degli scrittori palestinesi". E' la prima opera del poeta tradotta in italiano. Edita dalla Editrice Camenia, Roma, 2013.
La produzione letteraria di Yousef al-Mahmoud, autore riconosciuto e stimato in tutta l'area del Mashreq, si inserisce nel filone di una nuova generazione di scrittori palestinesi emersa nell'ultimo decennio. La loro poetica affonda le radici nella tradizione palestinese.
Poesie d'amore prima di tutto. Amore intimo, profondo, carnale per una terra che non è solo un territorio geografico e politico ma è soprattutto ambiente umano e elemento naturale, definito e sentito con sempre diverse espressioni come aspro, docile, selvaggio. Il lettore ha così modo di cogliere la sua bellezza, i colori, le sfumature, i suoni e i sapori che la caratterizzano. Questi a loro volta destano sentimenti nostalgici, dolci, duri, impossibili, forti.
I commoventi richiami ai fiori e agli animali selvatici rappresentano il simbolo della Palestina stessa, come può essere un fiore di cardo, spinoso e diffidente, indurito dalle asperità, ma forte. Rabbia e forza d'animo, disperazione e fermezza, dolore e voglia di resistere, sono sentimenti sì contraddittori ma anche necessari e indispensabili a tessere la trama dei versi. Allora la poesia diventa un'infinita, eterna corale, perché è un popolo intero a cantarla, un solo popolo che si identifica in questi versi.
L'autore disegna un quadro di colori, li vediamo distesi avanti a noi, assaporiamo il gusto dei frutti e delle spezie che ci vengono squisitamente offerte, sentiamo i profumi e gli odori dei fiori che il vento dolcemente fa arrivare a noi, colori che vanno dal nero al bianco, dal rosso al verde, una terra ricca di cardi, ginestre, gelsomini, margherite, melograni, garofani, menta, finocchio, timo, mandorle, fichi, ulivi, albicocchi. Al suo interno corrono gazzelle, cavalli, tigri, lupi; si può vedere la notte, la luna, la terra arsa dal sole, la pianura verdeggiante, le montagne, le colline, le valli e il mare in tempesta. Tanta bellezza fa da cupo contrasto con la guerra e il conflitto, con l'assedio militare, con l'occupazione straniera e la mancanza di giustizia, pace e libertà.
Il linguaggio mescola saggiamente nomi di elementi naturali comuni ad espressioni auliche, raffinate, sorprendentemente eleganti. Il contrasto è dato dalla semplicità e dalla ripetitività di alcune parole oppure dall'uso di espressioni che possono portare a più significati, a doppi sensi, a sinonimi, dall'accostamento di parole semanticamente opposte: terra e cielo, pietre e stelle. Il contrasto rende a meraviglia il conflitto che ogni uomo ed ogni donna vivono in Palestina.
L'arte pervade tutta l'opera di Yousef al-Mahmoud. Se, come dicevano, la musicalità la fa somigliare a un canto, l'uso della lingua avvicina l'opera poetica alla pittura. Così anche chi è lontano o non ha vissuto quei luoghi (per esempio i profughi) ha la possibilità di abbracciare i dettagli, respirare l'aria, i profumi, gli odori e capire il legame primordiale capace di tenere uniti gli uomini. Jabra Ibrahim Jabra sosteneva che "tutti i palestinesi sono per natura poeti. Forse non scrivono poesie, ma sono poeti, perché conoscono due cose importanti: la bellezza della natura e la tragedia. Chi associa queste due cose non può che essere un poeta".

Per la rubrica Cibo per la mente - Numero 118 novembre 2013