"Piazza San Rocco, uno dei luoghi più pittoreschi del centro storico, è il set di una delle scene più esilaranti del film."
Terzo film di Nanni Moretti dopo Io sono un autarchico (1976) e Ecce bombo (1978), Sogni d'oro ripropone le tematiche (esasperato autobiografismo, travagliato e ossessivo rapporto con la famiglia, le donne e il cinema) e la forma (camera fissa e narrazione non tradizionale) tipica dei primi film del regista romano. Il film racconta, attraverso una struttura narrativa piuttosto complessa, le disavventure personali e lavorative del giovane regista emergente Michele Apicella, alter ego di Nanni Moretti, alle prese con un bizzarro film in lavorazione su un pazzo che si crede Freud e con il difficile rapporto con la madre e le donne. Al piano della "realtà " si sovrappone poi, in un continuo alternarsi e incastrarsi di livelli, anche quello del sogno e degli incubi del protagonista (nei panni di un professore liceale innamorato di una sua studentessa), che diventano sempre più ossessivi e incombenti fino all'emblematica e surreale scena finale della sua trasformazione in licantropo.
Girato, come la maggior parte dei film di Moretti, in una Roma borghese otto-novecentesca, Sogni d'oro viene ricordato in questa sede per una curiosa ed esilarante scena girata a Frascati. In una delle sequenze del film nel film La mamma di Freud, il fantomatico e delirante Sigmund Freud (Remo Remotti), ritratto come un mammone isterico e infantile, entra in scena con un carretto carico di libri e oggetti vari. Sistema un banchetto in piazza nel giorno di mercato e, urlando come un ciarlatano consumato, cerca di vendere "a prezzi che rasentano la follia" prima alcuni dei suoi celebri volumi, poi anche le più improbabili cianfrusaglie: da speciali occhiali freudiani al cornetto rosso contro la iella, alla scimmietta Jung. Nella scena, girata in Piazza San Rocco, uno dei luoghi più pittoreschi del centro storico cittadino, si riconoscono la fontana ottagonale, fatta costruire nel 1480 dal Cardinale Gugliemo D'Estouteville, come ricorda anche l'iscrizione che si intravede in alcuni fotogrammi, e la bella facciata rinascimentale (non ancora ristrutturata) del Palazzo Vescovile.
Premio Speciale della Giuria alla Mostra del Cinema di Venezia, ma non senza polemiche (una parte della critica rimproverava al giovanissimo regista il narcisismo e la presunzione di misurarsi con il capolavoro felliniano 8 e mezzo), e scarso successo di pubblico, rivisto oggi Sogni d'oro, oltre a contenere diverse sequenze felici e battute diventate celebri (-"Non me ne andrò mai da questa casa. Non lo voglio superare il complesso di Edipo!"; -"Parlo mai di astrofisica, io? Parlo mai di biologia, io? Io non parlo delle cose che non conosco!"), mantiene intatta la carica di profetica e sarcastica, ma anche autoironica, riflessione sui mass media e sulla televisione in particolare che, di lì a poco, sarebbe sconfinata nel trash più deprecabile. Ancora memorabile rimane infatti la grottesca sequenza del match televisivo tra Michele e il regista rivale Gigio Cimino (indimenticabili nei panni di improbabili pinguini mentre vengono ripetutamente colpiti da secchiate d'acqua in faccia) che, osannati dal pubblico, tra volgarità e insulti di ogni genere, si contendono la vittoria finale.