Vivavoce - Rivista d'area dei Castelli Romani

RIVISTA D'AREA DEI CASTELLI ROMANI

Cinema

Tognazzi e Jannacci a Villa Parisi: L'udienza (1971)

La bella villa tuscolana è trasformata in un bizzarro convento per frati dissidenti nell'amarissimo e beffardo apologo di Marco Ferreri

Tra i film meno noti, ma certamente da recuperare e rivalutare, di Marco Ferreri, uno dei registi più corrosivi e originali del nostro cinema, L'udienza racconta la vicenda kafkiana del goffo e stralunato Amedeo (Enzo Jannacci nella sua prima e unica apparizione sul grande schermo), ufficiale in congedo, giunto a Roma ossessionato dall'idea di parlare in privato col Papa. Scambiato per mitomane viene dapprima allontanato con le buone, ma la perseverza dell'uomo, che non vuole rivelare a nessun altro il motivo della sua richiesta, spinge la gendarmeria pontificia a mettergli alle calcagna il cinico e viscido commissario Aureliano Diaz (Ugo Tognazzi). Questi, nel tentativo di dissuaderlo, lo spinge tra le braccia della bellissima prostituta Aiche (Claudia Cardinale seducente come non mai). Ma Amedeo continua imperterrito nel suo intento e, sfruttando le conoscenze altolocate di Aiche, che nel frattempo si è anche innamorata di lui, viene a contatto con eccentrici esponenti dell'alta aristocrazia nera, come il Principe Donati (Vittorio Gassman), e importanti prelati come Padre Amerin (Michel Piccoli), sperando ingenuamente di poter ricevere un aiuto...

In un intervista dell'epoca Ferreri aveva dichiarato: "Abbiamo subito pensato a una grossa parabola sulla Chiesa, servendoci delle opere di Kafka, ma facendo in modo che alle astrazioni di Kafka si sostituissero persone reali, Papa Giovanni o Papa Paolo, ecc. Kafka trasforma la sua geografia chiara e precisa in una metafisica. Qui, al contrario, partendo dallo schema narrativo di una costruzione kafkiana si tende a rifare il cammino all'indietro, verso la realtà e la concretezza". L'udienza infatti, più di altri film del regista, esprime profondamente le inquietudini, le tensioni e le violenze di quegli anni: "Stiamo attraversando i tempi duri.... adesso le bombe le tirano davvero", afferma Diaz; e numerosi sono anche i rimandi alla cronaca contemporanea: "Questa maledetta mania della finestra" dice ancora il commissario rivolgendosi ad Amedeo (si allude alla morte dell'anarchico Giuseppe Pinelli). Anche il personaggio interpretato da Gassman rimanda chiaramente al principe Junio Valerio Borghese e al suo progetto di "golpe" fallito .

Rivisto oggi nella versione restaurata grazie ad una fortunata campagna di crowdfunding promossa dal Museo Nazionale del Cinema di Torino, il film mantiene intatta la carica provocatoria e sarcastica dell'epoca, prestandosi a diversi livelli di lettura. La Chiesa è dipinta come un'istituzione autoritaria e repressiva, ma il Vaticano è anche una perfetta metafora del Potere assoluto nei cui perversi meccanismi finisce inevitabilmente stritolato chiunque tenti di disattendere le "regole del gioco" (numerossime sono nel film le intimazioni alla prudenza e all'obbedienza).

Villa Parisi diventa il bizzarro convento per frati dissidenti nel quale Amedeo viene internato, dopo essere stato arrestato per aver sparato dei messaggi al Papa con una cerbottana. Vistosamente provato e con la giacca strappata, Amedeo arriva ammanettato al cancello del convento accompagnato dall'onnipresente Diaz. La sequenza è genialmente ripresa da Ferreri in controluce generando l'effetto di una beffarda aureola proprio dietro le figure di Amedeo e Diaz. Della villa tuscolana riconosciamo il cortile interno con le bizzarre aggiunte scenografiche di murali raffiguranti inquietanti scene religiose.
Una curiosità: Enzo Jannacci non era stata la prima scelta del regista. Inizialmente il protagonista doveva essere interpretato dall'attore inglese David Warner. Ma questi non riusciva ad entrare nel personaggio e, dopo una spiacevole disavventura (pare che, ubriaco e sotto effetto di qualche sostanza stupefacente, si fosse gettato dalla finestra dell'albergo, fortunatamente senza grandi conseguenze), venne sostituito dal cantautore milanese. Il candore della sua interpretazione di non-attore in un cast di celebri mattatori (Gassman e Tognazzi su tutti, ma anche Michel Piccoli, che ritroveremo quarant'anni dopo come protagonista di Habemus Papam di Nanni Moretti) accentua ancora di più la solitudine e l'emarginazione (alienazione) del suo personaggio.

Memorabile il refrain della colonna sonora di Teo Usuelli.
Premio Fipresci al Festival di Berlino.

Per la rubrica Cinema - Numero 127 dicembre 2015