Il libro narra la saga delle famiglie di Abacrasta, paese della Sardegna martoriato dalla presenza misteriosa della Voce che chiama al suicidio gli sconfitti dalla vita. Finché un giorno arriva Redenta Tiria, la femmina cieca figlia della luce, ad arrestare “la moria volontaria di cristiani” con la magia della parola.
Salvatore Niffoi ricorre non solo alla tradizione favolistica dell’Isola ma anche ai miti comuni a tutta l’area mediterranea, per raccontare un violento scontro epocale. Il romanzo percorre il cammino delle vecchie generazioni intrappolate nelle barbariche costumanze dell’antico mondo pastorale dai ritmi vitali lenti ed inesorabili. Ma mostra come anche le nuove generazioni, stregate dai miti contemporanei del benessere e del consumismo, vengano travolte dal fallimento che segue spesso il successo facile. Tuttavia la conclusione è ottimistica: Niffoi crede nella forza persuasiva della parola, cemento della solidarietà umana, e nella facoltà liberatrice della cultura.
La potente capacità letteraria della lingua sarda, mirabilmente fusa con l’italiano ed usata come vero-linguaggio, esclude questo libro dall’ambito folcloristico e ne fa un affresco universale della vita e della morte: i suicidi di Abacrasta non riflettono unicamente la storia peculiare della Sardegna, si pongono invece come una terrificante, quanto possibile alternativa a tanti mali della nostra realtà, in ogni luogo del mondo.
Salvatore Niffoi, “La leggenda di Redenta Tiria”, Adelphi, 2005