Nel corso dell'800 i Castelli Romani conoscono un robusto movimento democratico che produce diverse amministrazioni rosse e riesce ad espugnare il collegio elettorale. Prima d'Azeglio e poi Salvemini li presentano però all'opinione pubblica italiana come un caso meridionale, estraneo a una modernità politica "fisiologica". L'anormalità trova le sue ragioni non già in un tirocinio inadeguato, bensì nei conflitti attorno agli istituti stessi dell'integrazione politica e nel loro uso improprio ad opera di tutti i protagonisti. Adottando una prospettiva intersoggettiva che tiene conto dei punti di vista dei diversi attori e del loro reciproco condizionamento, il volume ricostruisce la scoperta della politica da parte delle popolazioni dell'area nel primo quarantennio di vita nazionale nel suo prender corpo all'interno del confronto/scontro tra, da un lato, il progetto di modernizzazione liberale che guida i funzionari che posero mano alla costruzione della nazione in provincia e le contraddizioni entro cui si mosse la loro azione, e, dall'altro, i pregiudizi, gli stereotipi e gli interessi dei diversi segmenti della società locale attraverso cui vennero recepiti, ri-creati e riorganizzati temi, linguaggi, simboli circolanti nello spazio pubblico nazionale definendo nuove identità e un nuovo senso comune.
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Tommaso Petrucciani si è laureato in Lettere presso l'Università «La Sapienza» di Roma nel 2003, con una tesi in Storia moderna, e nel 2008 ha conseguito il dottorato di ricerca in Storia della società contemporanea all'Università di Siena. Dal 2007 al 2012 è stato segretario di redazione di «Contemporanea. Rivista di storia dell'800 e del '900», con la quale ha collaborato anche in veste di traduttore. Ha inoltre tradotto due libri per la Società editrice "il Mulino" di Bologna: J.A. Goldstone, Perché l'Europa, 2010, e S. Mosley, Storia globale dell'ambiente, 2013.
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