Questo numero del "Vivavoce" non è stato concepito assolutamente come una sorta di autocelebrazione. Anzi inizia, anche da questo giornale, una sorta di "originale" ripensamento del Consorzio Sbcr su sé stesso, a venti anni dalla fondazione.
Il Direttore del Consorzio non sarà più il Direttore editoriale del giornale, ma cercherà di esercitare una funzione di stimolo e di raccordo tra le biblioteche e il territorio, anche attraverso "Vivavoce".
L'architetto catalano Gaudì, artefice di gran parte delle meraviglie che caratterizzano Barcellona, sosteneva che "l'originalità consiste nel saper ritornare alle origini", perciò in questo numero del giornale non vogliamo essere reduci che rimpiangono i bei tempi che furono, ma guardare al futuro, rivendicando però, per citare qualcuno che in biblioteca sta sempre bene, Vasco Rossi, "il senso di una storia". Una storia fatta da alcuni comuni che consorziandosi (e qui la citazione è del freddo Tuel) mettono a sistema i servizi culturali, anche non eminentemente bibliotecari, per rivolgersi alla più vasta utenza possibile. Innescando un circolo virtuoso per cui la platea di cittadini si è vieppiù allargata, mano a mano che si allargavano i servizi offerti dal Consorzio SBCR.
Nel 1999 da giovane obiettore di coscienza entravo in contatto con il Consorzio ed iniziavamo a "navigare" insieme. Ed uso il termine "navigare" non a caso perché grazie all'intuizione geniale del primo direttore, Diego Cesaroni, il Consorzio ha puntato ed ha offerto servizi digitali, ponendosi all'avanguardia nel panorama nazionale. E oggi, per tornare allo spirito della frase di Gaudì, in un'epoca di fake news e nella quale la distinzione tra vero e falso è sempre più sottile, il ruolo della Biblioteca pubblica potrebbe essere essenziale, per navigare nel mare di news più o meno fake che la rete e la cara vecchia stampa ci propinano. Purtroppo sono costretto ad usare il condizionale perché nel dibattito pubblico italiano è scomparsa non solamente la parola biblioteca, ma persino la parola cultura. Ed allora dovrebbe essere e sarà una direzione sulla quale muoverci, quella della riaffermazione del ruolo della biblioteca pubblica come Istituzione culturale di riferimento e come possibile strumento per l'abbattimento del Digital Divide, tema sul quale, dall'Europa in giù (Governo, Regione, ecc.) tutti spingono per lavorare.
Un'altra grande intuizione storica, portata avanti sempre da chi mi ha preceduto è stata quella della cooperazione tra biblioteche che ha portato allo studio attuale del Sistema bibliotecario metropolitano policentrico, una originale metodologia di cooperazione sulla quale anche la Regione Lazio ha voluto puntare finanziando il progetto "Biblioteche in coworking" l'anno scorso e stimolando con i nuovi bandi a proseguire, tanto che anche nel nuovo bando intitolato, forse non a caso, "La Cultura fa sistema", si è riuscita a proseguire la collaborazione tra sistemi e biblioteche praticamente di tutta l'area metropolitana di Roma.
E voglio chiudere, per non parlare troppo di reti e di teoria, citando il titolo di un Nobel impossibile, Graham Greene: "Il fattore umano", senza il quale è impossibile offrire un buon servizio bibliotecario, perché sono la professionalità , la cortesia, il sorriso a poter trasformare le informazioni in conoscenza.
La caratteristica principale del fattore umano è la curiosità che al marinaio di Ulisse cantato da Dalla fa dire che "anche la paura in fondo mi dà sempre un gusto strano, se ci fosse ancora mondo, sono pronto, dove andiamo". Ed è con quel gusto che andremo avanti per i prossimi venti anni e anche oltre.