Giorgio Badiali, Voci al risveglio. Raccolta di poesie, Città di Castelli, Edizioni Nuova Phromos, 2017
"Qualcuno fra i pochi lettori di queste pagine noterà che molte delle poesie qui pubblicate sono composte in date assai ravvicinate e se ne chiederà la ragione. Il fatto è che, a parte alcune sollecitate dall'attualità , tutte le altre rispondono a un'ispirazione che risale ad anni lontani. Ho sempre respinto la tentazione di dare ascolto a questo richiamo, che mi avrebbe distratto dai miei studi e impegni professionali. Una volta sgravato da questi oneri, ho sentito il bisogno, a torto o a ragione, di dare via libera a questo estro che ha periodicamente bussato alla mia porta. Sicché, quando ho deciso di farlo, le varie composizioni sono sgorgate di getto, come se la mia mente le avesse elaborate in segreto e custodite in attesa di avere il permesso di uscire."
Giorgio Badiali
Stupisce pensare che un professore in pensione di diritto internazionale possa raggiungere così alti traguardi con la sua poesia. Eppure leggendo i suoi versi dimentichiamo del tutto manuali, codici, trattati e ascoltiamo l'uomo. Giorgio Badiali ha anima profonda e delicata, possibilità introspettive che pochi sanno avere. Poeta capace quindi di guardarsi dentro e rendere, con rime spesso baciate, una musica antica ma ricca di contenuti nuovi. E così ecco la poesia d'apertura sull'ulivo, dove la natura solida, "le radici", la robustezza "indenne", la complessità dei "i tronchi contorti" si incidono nella vita del poeta in modo perpetuo e indelebile. L'ulivo è un albero molto longevo. I suoi tronchi rugosi raccontano una storia centenaria, sotto la sua ombra l'autore rivive fatti e avvenimenti e intesse un dialogo con il suo passato, anche quello più drammatico. Le immagini si succedono e gli anni, spesso dimenticati, rivivono ora nel riposo di oziosi pomeriggi.
Al mio ulivo
Eri già vecchio
negli anni che furono,
gli anni della mia giovinezza.
Nel mio tramonto,
la tua età non ha volto,
la tua vecchiaia
mi sembra eterna.
Tu continuerai a vivere;
tu che hai visto nel tempo
succedersi,
intorno ai tuoi ceppi scavati,
tante effimere presenze:
chi ti ha posseduto
senza amarti,
abbandonandoti all'assedio
di rovi e ginestre selvagge,
e chi ti ha curato,
con amore,
nutrendo le tue radici,
sfoltendo i tuoi rami
in cerca di luce.
Il rigore di gelidi inverni
e le varie vicende umane
ti hanno lasciato indenne,
pur imprimendo,
sui tuoi tronchi contorti,
tracce di secoli.
Pensieroso mi aggiro
sotto le tue ombre antiche,
immaginando di rileggere,
nel libro delle tue memorie,
le pagine della mia vita.
settembre 2013.
Ma il poeta non dimentica il maestro ed ecco affiorare una lirica lezione di storia come in "Riflessioni di un sopravvissuto", dove l'amarezza per la guerra e per tutti i conflitti che l'uomo ha generato e genera tuttora, impediscono da sempre "la pace". Sono le esperienze estremamente drammatiche, vissute da bambino ai Castelli Romani, quelle che ora tornano prepotentemente nei versi, i mesi della Seconda guerra mondiale, i mesi del fronte di Cassino e dello sbarco di Anzio. Gli allarmi e i bombardamenti continui, quando vennero a fronteggiarsi le truppe tedesche con quelle Anglo-americane, quando furono colpiti obbiettivi civili e istituti religiosi, come il convento delle Clarisse ad Albano Laziale. Numerosi si susseguirono i bombardamenti a Marino, a Frascati, ad Albano. Il comando tedesco impone lo sfollamento della popolazione. Atterrita dalla distruzione, dalla fame e dalla povertà la gente fugge nelle regioni vicine, quindicimila persone vengono invece accolte, per volontà di Pio XII, nelle ville vaticane di Castel Gandolfo, che sono di fatto extraterritoriali e che quindi non dovrebbero subire le sorti della guerra. Invece quest'ultima detta le sue dure leggi e il 10 febbraio 1944 gli Alleati, per frenare l'avanzata dei tedeschi, bombardano il collegio di Propaganda Fide che viene distrutto da un pesante bombardamento. Fu una vera e propria strage: 700 i morti e tanti i feriti, ovunque pianto, desolazione, lamento. Giorgio badiali era lì, scampato per puro miracolo. Ed era solo un bambino. Per mesi, tra fame e terrore, si vive in una spelonca sulle rive del lago di Albano. Poi l'esodo verso le Marche, a Maiolati Spontini, nei castelli di Jesi, dove la guerra causa altre sofferenze, razzie e retate compiute dai militari germanici ormai in ritirata.
Un bambino
Tenevo stretti
sottobraccio
i pochi stracci
salvati
dalla catastrofe,
percorrendo
un impervio saliscendi
fra le mura diroccate
di Propaganda Fide,
e procedevo
con cautela,
nel timore che
qualche crollo
improvviso
mi inghiottisse
fra le macerie.
Ero un bambino.
Intorno a me,
lo scenario
era irreale,
e su di esso gravava
un macabro silenzio.
Qualche raro passante
transitava a testa bassa,
con passo leggero,
come obbedendo
a un triste rituale,
quasi timoroso
di calpestare il dolore.
Non potevo fare a meno
di immaginare
che, sotto quelle macerie,
si erano
consumati e spenti,
in solitudine,
i mille spasimi
di quella tragedia.
Cercavo di vincere
la mia angoscia
pensando
che, ormai,
tutto era finito,
e che la morte
aveva posto fine
ad ogni sofferenza.
Per uscire
da quell'inferno,
attraversai
un ampio salone,
rimasto
miracolosamente in piedi,
ove i soccorritori
adagiavano
man mano,
lungo le pareti,
l'uno accanto all'altro,
i corpi
delle povere vittime.
Avanzavo esitante,
con lo sguardo
fisso davanti a me,
cercando di ignorare
quelle mute spoglie
che facevano ala
al mio passaggio.
Ma, ad un tratto,
per fatale tentazione,
o non so
per quale altro motivo,
lo sguardo mi cadde
su di loro.
E vidi
il cadavere di un uomo,
coperto di polvere
e di sangue rappreso,
e su quel corpo,
avvinghiato al collo,
il suo figlioletto.
Qualcuno
li aveva trovati
così,
in un ultimo abbraccio,
e, mosso da pietà ,
non aveva voluto
separarli.
Ero un bambino.
18 maggio 2015.
Riflessioni di un sopravvissuto
... Quanto ai giovani,
essi non percepiscono appieno
l'insegnamento
dell'esperienza trascorsa,
e spesso ascoltano
gli ammonimenti
di chi li ha preceduti
con malcelata indifferenza,
pensando che
le tragedie vissute,
i rischi passati,
non sono più attuali.
Del resto è lecito chiedersi:
per chi la storia
sarebbe maestra di vita?
Per i popoli
o per chi li governa? ...
Infine il ritorno alla natura, un po' malinconica un po' nostalgica, il paesaggio e le stagioni che si mescolano a fiori, alberi e animali, uccellini soprattutto. Un lungo canto leggero e soave che rivela pensieri e sentimenti, che arrivano a uomini e donne più diretti al cuore, parlano un linguaggio universale. La bellezza struggente della natura agreste rievoca anche esperienze liete e suggerisce riflessioni e meditazioni. Appartengono a questa ispirazione bucolica anche descrizioni di paesini e paesaggi agresti dell'Umbria e della Toscana, visitati in brevi viaggi. L'ultimo capitolo è sollecitato dalla consapevolezza di una vita ormai al tramonto, esprime valutazioni sull'esistenza umana e i suoi molteplici aspetti, l'alternarsi delle sorti umane, fra sofferenze, gioie, dolore e rimpianti, nell'inesorabile scorrere del tempo.
Il pettirosso
L'autunno accende i suoi colori
e, fra le foglie morte,
spunta il ciclamino.
Come ogni anno,
ti cerco impaziente.
Tu ci sei
ma ti nascondi,
quasi timoroso
d'apparire un intruso.
Quel tuo sommesso cinguettio,
sembra un bisbiglio,
e s'ode appena nell'aria
come per dissimularsi
tra i suoni consueti.
Poi, a un timido raggio di sole,
finalmente ti scorgo,
sullo spoglio melograno,
col petto fiammeggiante,
l'occhio vigile e pungente.
Quale misterioso impulso
ti conduce proprio qui,
nel mio giardino?
Non so da dove vieni.
Immagino da gelide contrade,
in un lungo viaggio,
di notte e di giorno,
le ali intirizzite.
A poco a poco
ti fai più confidente,
mi saltelli intorno,
in cerca di cibo,
guardandomi,
dal basso in alto,
mentre lavoro la terra,
posandoti ai miei piedi,
frugando fra le zolle
che la vanga rivolta.
Mi riconosci e mi segui,
di cespuglio in cespuglio,
in attesa.
E quando infierisce l'inverno,
e il gelo sembra spegnere
ogni forma di vita,
e io distribuisco bacche
alle creature indifese,
mi voli incontro
e sei tentato
di posarti sulla mia mano.
novembre 2013
CHI È GIORGIO BADIALI
Giorgio Badiali, di famiglia marchigiana, è nato ad Albano Laziale. Laureato in Giurisprudenza e in Scienze politiche, è stato ordinario di Diritto Internazionale nella Facoltà di Giurisprudenza di Perugia. È autore di vari volumi in materia. Nel 2012 ha pubblicato "Oltre il ponte", edito dalla casa editrice Thyrus, di Arrone.