Secondo le idee di Einstein, la struttura dello spazio e del tempo non è fissa ed invariabile ma, al pari di quanto accade in un foglio di gomma su cui vengano poggiati dei corpi, viene deformata e distorta dalla presenza della massa e dell'energia distribuite al suo interno. Sebbene incompleta, l'analogia con il foglio di gomma consente di intuire cosa accade quando uno dei corpi prende ad oscillare in un punto: si formano delle grinze nel foglio che si irradiano a partire dal punto. Tornando nello spaziotempo, queste sono onde gravitazionali: increspature nella trama dello spaziotempo che si propagano, alla velocità della luce, dal punto in cui sono prodotte.
Benché non ancora rivelate direttamente, esistono pochi dubbi sull'effettiva esistenza delle onde gravitazionali. I loro effetti indiretti sono stati, infatti, osservati in un sistema stellare binario contenente una pulsar. Questa è un particolare tipo di stella caratterizzata da una emissione radio altamente direzionale che ruota molto velocemente su se stessa. Si tratta, quindi, di una sorta di radiofaro stellare: ogni volta che, per effetto della rotazione della stella, il fascio da essa emesso punta nella nostra direzione, noi riveliamo la presenza della pulsar. Venti anni di osservazioni hanno mostrato che il periodo orbitale della pulsar intorno alla sua compagna sta diminuendo esattamente al ritmo previsto dall'ipotesi che il sistema perda energia per emissione di onde gravitazionali.
Malgrado questo importante risultato, i fisici non hanno diminuito gli sforzi rivolti all'osservazione diretta delle onde gravitazionali. I loro effetti sono analoghi a quelli delle forze di marea: quando un'onda gravitazionale attraversa questa pagina la stira impercettibilmente in una dimensione e la comprime nell'altra senza variarne l'area. Questa deformazione è tanto più grande quanto maggiori sono le dimensioni della pagina. Per tale motivo la rivelazione delle onde gravitazionali si basa sulla misura della deformazione che esse inducono tra le parti di uno stesso corpo esteso o nella distanza tra due corpi indipendenti.
La prima tecnica è quella su cui si basa il funzionamento delle antenne risonanti, nelle quali si misura la deformazione meccanica che l'onda induce su un cilindro sospeso, generalmente di alluminio. Sulla misura della distanza tra due corpi sono, invece, basati i rivelatori interferometrici, nei quali i due corpi sono gli specchi di un interferometro. In esso due raggi di luce sono inviati dallo stesso punto e simultaneamente in due direzioni perpendicolari tra loro di modo che, riflessi dai due specchi, tornino indietro lungo le direzioni di provenienza per ricombinarsi nel punto di partenza e generare una figura d'interferenza, una successione di bande oscure e luminose alternate. Il passaggio di un'onda gravitazionale altera il cammino della luce nelle due direzioni producendo una variazione nella figura d'interferenza.
Il problema è che le deformazioni prodotte dalle onde gravitazionali sono piccolissime. Anche la sorgente astrofisica più intensa, una supernova che esplodesse all'interno della nostra galassia, produrrebbe una variazione nella distanza Terra-Luna dell'ordine del diametro di un atomo. Ciò costringe a costruire interferometri in cui gli specchi distano qualche chilometro dalla sorgente della luce e, allo scopo di ridurre il più possibile le deformazioni termiche del cilindro, ad operare le antenne risonanti a temperature molto vicine allo zero assoluto (circa -273 gradi centigradi).
Nella caccia internazionale alle onde gravitazionali il nostro paese, grazie all'INFN, parte da una posizione di vantaggio. Attualmente sono in funzione tre antenne risonanti costruite da ricercatori italiani: AURIGA (www.auriga.lnl.infn.it) nei Laboratori di Legnaro, EXPLORER presso il CERN di Ginevra e NAUTILUS nei Laboratori di Frascati (www.lnf.infn.it/esperimenti/rog). A Cascina, vicino Pisa, è inoltre in fase di completamento la costruzione dell'interferometro da 3 km denominato VIRGO (www.virgo.infn.it) da parte di fisici italiani e francesi.
Non ci resta dunque che aspettare.
Per la rubrica
Gocce di scienza
- Numero 44 luglio 2005