Mese di marzo: troppo scontato il richiamo alla giornata internazionale della donna? Vale la pena parlarne? Rischia di diventare l’ennesima occasione di mercificazione offerta in pasto ai mass-media, di un evento che nel 1908 fu terribile e che segnò emblematicamente la fragilità, la debolezza, la violenza che da sempre le donne subiscono? No, crediamo anzi che tale giornata non vada passata sotto silenzio o relegata alla pizza tra donne, ma che ancora oggi ci sia la necessità forte di porre l’attenzione sul tema ormai storico della liberazione femminile. Probabilmente la nostra generazione (le figlie dei fiori) non ha saputo o potuto trasmettere il clima di quegli anni che ci ha visto riflettere con passione sul nostro specifico, che ci ha fatto crescere nei gruppi di autocoscienza o anche semplicemente assaporare nell’aria quella voglia di liberazione, di presa in carico di noi stesse e dei nostri desideri che si respirava allora anche fuori dai circoli più politicizzati.
È necessario riprendere la riflessione con le più giovani sull’attualità della condizione femminile con l’occhio rivolto al mondo globale, dove scopriamo che altre e diverse catene limitano la libertà delle donne: sono schiave della linea e della forma perfetta tanto da rischiare l’anoressia; sono schiave della parità con gli uomini sul campo del lavoro tanto da cercare a ogni costo di imitarli nelle loro manifestazioni peggiori pur di far carriera; sono schiave del mito tecnologico e dell’onnipotenza del desiderio che le porta a volere a tutti i costi essere madri anche quando la natura non lo permetterebbe più; ma scienza e tecnologia possono superare con provette e concepimenti artificiali il limite saggio posto da madre natura?
Sono schiave ancora perché volendosi emancipare da una cultura “orientale” che non concede loro di pensare e desiderare con il cuore, vengono uccise dall’integralismo che le vive come figure devianti di cui vergognarsi; sono schiave perché, poste davanti all’alternativa tra la carriera e un rapporto equilibrato con se stesse, i propri figli e il proprio compagno, devono scegliere tra i due estremi, perché la società così com’è organizzata oggi non permette loro di superare questa lacerazione.
E allora non è fuori luogo riparlarne, di questi temi , anche semplicemente com’è nostro costume proponendo approfondimenti con libri, film, rete web, per orientarsi e orientare all’interno di questo universo femminile che trasversalmente tocca tutte le problematiche più scottanti dei nostri giorni: la guerra, la violenza, l’onnipotenza scientifica, la revisione storica degli anni ’70, la difficile integrazione delle culture del Nord e del Sud del mondo, il consumismo e lo strapotere mass-mediatico.
Non è quindi un caso che abbiamo voluto dedicare un ampio spazio del nostro giornale proprio a una donna, che potrebbe essere emblematica per quanto detto prima: a un’artista, Giovanna Marini, di fama internazionale, che vive ai Castelli Romani e che ci sembra quasi custode di una memoria storica che si fa azione concreta, politica attraverso l’arte, la musica, il canto, la parola che è sempre stata, e deve continuare ad essere la grande forza delle donne.
La parola e la forza delle donne
Del femminismo di ieri e di oggi
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Primo piano
- Numero 40 marzo 2005