RIVISTA D'AREA DEI CASTELLI ROMANI

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Le nuove proposte editoriali per i giovani adulti

Adolescenti in gabbia

Siamo da qualche anno nel bel mezzo di una vera tempesta, per quanto riguarda l’editoria per ragazzi. Dopo un periodo di grande confusione, di tentativi e rincorse quasi alla cieca, di fine e rinascita (e forse già nuova fine) di collane che reggevano da tempo, qualche forma del nuovo panorama si inizia a scorgere, altre invece si impongono già chiaramente. Francamente, pochissimo di positivo all’orizzonte. La novità è che, con un salutare ritardo rispetto ad altri campi, anche la macchina editoriale che fa narrativa ha capito che l’adolescenza non è solo uno stadio della vita, un momento biologico, ma anche un target di mercato, che può risultare una bella gallina dalle uova d’oro. Con l’etichetta di “giovani adulti” si è creato un recinto per la verità vastissimo, che va ben oltre i limiti precedenti e include le vecchie categorie di preadolescenti, di adolescenti e prosegue fino agli universitari e oltre. C’è come il tentativo di costruire a tavolino un’aura di libertà, di club esclusivo, che sempre di più cerca di passare anche attraverso gli espedienti grafici, certe copertine, certi ammiccamenti. Libri e film pensati per adolescenti non sono una novità in sé: da tempo, dagli anni ’70 almeno, si è cercato di creare nicchie di mercato dedicate ad un’età considerata il mistero dei misteri, un vero rompicapo commerciale, ma quasi tutti questi esperimenti (con alla base una impronta “pedagogica” piuttosto chiara) sono naufragati o non hanno ottenuto i risultati sperati, pur potendo contare in molti casi su ottimi registi che hanno saputo portare in Italia testi validissimi sotto ogni aspetto. L’errore, dal punto di vista del “confezionamento” e non tanto dei contenuti, è stato nel non essere riusciti a dare ai potenziali lettori l’idea di un’inclusione, a comunicare insomma: guardami, prendimi, sono per te. Anzi, sono per voi. Ora qualcosa è cambiato, e si è palesato che per vendere libri si possono benissimo costruire dei facili prodotti ad hoc e anche dei non-libri: la maggior parte degli acquirenti non legge per leggere, ma per partecipare ad un fenomeno conosciuto, ad un evento, ad una tribù. E in un momento in cui tutti vogliono essere giovani, in cui tutti i modelli di riferimento televisivi sono giovani, e non esserlo è tabù, a qualsiasi età, il contenitore si allarga a dismisura. Così, nel giro di pochi mesi, davvero come fossero funghi in un sottobosco ormai pronto, sono nate molte collane appositamente pensate per “giovani adulti” dai titoli ammiccanti: Teens, X, Strettamente personale, I-pink, Happy Hour…, con copertine per lo più terrificanti, con testi che sembrano in gran parte ricalcare goffi e insopportabili stereotipi da teen-ager, e come nota Francesca Lazzarato, attenta osservatrice che in anni passati ha dato impronte eccellenti alle sue collane “scritti come se l’autore avesse in mente un pubblico la cui età media è di tredici/quattordici anni e che vuole innanzitutto essere intrattenuto e sbalordito da trame turn-page, senza però venire infastidito da una scrittura che non sia facile, anzi facilissima, anzi piatta, fondata su un vocabolario basico e incurante di ogni stile e forma”.
Il panorama che ci si offre oggi presenta una situazione quanto meno paradossale. Da una parte il mondo e i comportamenti degli adolescenti sembrano agli occhi degli adulti sempre più alieni e imperscrutabili. Si percepisce un senso di distanza che appare incolmabile nei confronti delle nuove generazioni, ma questa lontananza non porta come esiti uno scontro o un confronto, piuttosto un grave senso di indifferenza– salvo gli allarmismi in genere superficiali di fronte agli accadimenti di cronaca più eclatanti – da parte di adulti che non trovano modo migliore per rimuovere le proprie responsabilità e la propria rinuncia ad un ruolo pedagogico. Dall’altra le offerte culturali indirizzate più o meno esplicitamente ai giovani si moltiplicano per numero, forti anche del fatto che questa fascia d’età si è incommensurabilmente dilata per durata. Non esiste acquirente migliore dell’adolescente, quindi, sia esso dodicenne o trentenne (e i due estremi più di una volta vengono a coincidere per scelte e preferenze) e allora quegli stessi ragazzi che in carne e ossa non vengono più di tanto presi in considerazione, sono più di altri al centro delle strategie del mercato culturale.
Dopo i successi editoriali più noti, la maggior parte dei prodotti oggi in continua uscita sembrano aver l’unica ambizione di ricalcare gli ingredienti e le ricettine preconfezionate che già hanno fruttato sacchi di denaro, con il nobile alibi che “a loro piace”.
Il carattere davvero dominante di tutta questa sovrapproduzione cui si vogliono anche assegnare proprietà magico-curative (fanno leggere i non lettori!), è l’effetto specchio, che vuole creare e riprodurre all’infinito lo stampino dell’adolescente tipo, che da solo garantisce anche l’appartenenza ad un fenomeno, il partecipare ad un evento, ad un modo di essere. Mai come oggi sono pubblicati e lanciati ragazzini che scrivono, e che quasi sempre riproducono in maniera banale se stessi per altri se stessi. Così tutto, libri, musica, film, sembra rispondere ad un bisogno strettamente individuale, divergente e antagonista a quello della massa, quando invece è naturalmente conforme, massificato in partenza. Di fronte a tante offerte giovanili o giovanilistiche viene il dubbio se debba davvero esistere una “cultura per adolescenti” e se non sia invece possibile considerare la cultura nel suo insieme come proponibile ai più giovani, con una presa di responsabilità educativa degli adulti per creare occasioni calibrate, strategie di avvicinamento, opportunità di scelta.