Il film è ispirato alla vera storia di Jesse James Hollywood, spacciatore di droga accusato di rapimento e omicidio, noto per essere stato il più giovane ricercato dell’FBI.
I fatti si svolgono in California nell’arco di pochi giorni dell’agosto 2000 quando l’allora ventenne Jesse James, a capo di una giovane gang dedita allo spaccio di stupefacenti (“Alpha Dog” significa capobranco), per vendicarsi di un corriere insolvente, gli sequestra il fratello quindicenne. Tra alcool, sesso e droga le giornate del ragazzo rapito sono tutt’altro che angoscianti e si susseguono invece all’insegna del vizio e del divertimento. Alla fine la situazione degenera. Incapace di gestire una situazione che diventa sempre più ingombrante, la banda decide di far fuori il ragazzo. Dopo pochi giorni la polizia arresta tutti i componenti della gang. Solo Jesse James riesce a farla franca fino al marzo del 2005 quando, dopo 5 anni di latitanza, è arrestato in Brasile.
Nick Cassavetes, figlio del leggendario John, alfiere del cinema indipendente americano degli anni ’70, ricostruisce la vicenda (Jesse James era compagno di college della figlia del regista) sulla base degli atti processuali e delle deposizioni di parenti, amici e testimoni. Una vicenda assurda soprattutto perché non accade nei bassifondi delle metropoli americane, tra inconsolabili e negletti, ma nella ricca California dei giovani bianchi che vivono in famiglie agiate e benestanti, abitano ville con piscina, frequentano locali esclusivi, girano con macchine costose, sono accompagnati da donne bellissime e hanno soldi da spendere. Ne viene fuori un ritratto duro e drammatico di certa generazione bruciata dei nostri giorni, non solo americana, che sembra avere tutto ma che ha perso invece ogni contatto con la realtà, eleggendo a modello il denaro facile, la violenza gratuita e esibita, il vizio e la dissolutezza.
Cassavetes non spiega le ragioni sociali, non scava a fondo nelle psicologie dei personaggi, si limita ad osservare e descrivere i fatti, e forse proprio per questo il film appare ancora più sconcertante. Il regista non assolve né condanna questi giovani, critica piuttosto la mancanza di figure guida, in particolare la latitanza delle famiglie e di genitori egoisti e insensibili, quando non conniventi con le malefatte dei figli. «Questo è un paese molto ricco – dichiara Cassavetes - in cui gli adolescenti sono lasciati troppo liberi, con troppi soldi e tempo a disposizione, senza sufficiente controllo da parte dei loro genitori. Ma noi adulti abbiamo il dovere di porre loro dei limiti, in modo da permettergli di fare sbagli senza conseguenze tragiche». Ma proprio il linguaggio concitato e violento del film che strizza l’occhio all’estetica giovanile e non rinuncia a facili colpi di scena, se da una parte è anche funzionale alla vicenda narrata, dall’altro rischia di far passare la denuncia in secondo piano e di far prevalere invece proprio la dimensione spettacolare e l’intrattenimento facile.
Da segnalare l’interpretazione di Sharon Stone nei panni della madre del ragazzo assassinato, soprattutto nell’intervista successiva alla morte del figlio, dove appare sfatta e invecchiata.
Presentato al Sundance Festival, il film ha vinto il Noir In Festival di Courmayeur.
"Alpha dog", Usa (2006) regia di Nick Cassavetes, con Emile Hirsch, Justin Timberlake, Sharon Stone, Bruce Willis