Giuseppe Zaccaria
Milano, Bompiani, 2003
L'autore ripercorre i caratteri che hanno contraddistinto il Carnevale quale festa che dall'antichità ad oggi, esce dai binari della vita quotidiana, sollecitando, accanto a riflessioni di carattere demoantropologico, interrogativi che riguardano la conoscenza e l'esistenza umana. La festa, nel suo ritmo chiassoso e provocatorio , rappresenta in realtà il mistero che lega in maniera inscindibile vita e morte, sacro e profano, in un rapporto di ambivalenze e complessità accumulate dalla tradizione. In particolare il volume prende in esame i modi attraverso i quali il Carnevale diventa oggetto di rappresentazione letteraria tra l'Ottocento e il Novecento italiano. Al centro della riflessione sono la censura moraleggiante di autori quali Manzoni, Sacchetti e Tarchetti, l'oltranza provocatoria e l'estraneità esistenziale di Verga e Svevo; il Carnevale come metafora della vita quotidiana in Pirandello, la ferita che separa l'uomo dagli altri in Gadda, la fine delle illusioni e l'irreversibile simbologia di morte in Pavese, fino alla esplorazione post- moderna del carnevale con Eco e Bachtin.