Molti sono i meriti di questo evento culturale che è destinato a richiamare l'attenzione di studiosi da tutto il mondo, in quanto i dipinti appartengono alla prestigiosa collezione Koelliker e quindi rappresentano, per gli addetti alla materia, argomento di grande rilievo per le attribuzioni, per una revisione critica delle opere, per tutti quegli aspetti filologici che appassionano il mondo dell'arte.
Intanto la mostra, dal titolo La schola del Caravaggio, si riferisce ad un’interessante schiera di giovani artisti richiamati a Roma nei primi decenni del 1600, provenienti dai territori del Nord Europa (Fiandre e Francia) decisi a sfondare a Roma, ad imparare rapidamente quella nuova maniera e a diventare pittori autonomi, approfittando dell'improvviso vento favorevole che rendeva le loro opere apprezzate, vendibili, spinti dal contagio della pittura del Merisi. (Papi).
I due centri interessati furono Roma e Napoli, i luoghi calcati da questo rivoluzionario ed enigmatico pittore quale fu il Caravaggio.
Il catalogo, pubblicato dalla casa editrice Skira, curato da Giovanni Papi, dovizioso nell'apparato critico e bibliografico, documenta in maniera puntuale la storia di quello che viene definito movimento che a Roma, verifica una convergenza di un gruppo di artisti con abitudini esistenziali assai simili, con relazioni, amicizie, inimicizie legate tra loro, ... ma soprattutto tutti adottano un metodo di dipingere che coincide esattamente con il loro essere diventati pittori che rappresenta una complessa esperienza vitale, giocata nel contrasto con la tradizione e nell'affermazione di se stessi attraverso quella pittura e quella sola. (Papi).
Quanto alla motivazione della mostra, con le parole di Francesco Petrucci, il Palazzo Savelli, prima dell'acquisto da parte della casata senese nel 1661 con il feudo di Ariccia, ospitava un’importante raccolta di dipinti caravaggeschi (...) Basterebbe tutto questo per giustificare l'accoglienza in una delle dimore più emblematiche del Barocco romano, su cui aleggia ancora lo spirito del Bernini, di una mostra sulla schola del Caravaggio, come ha proposto Papi, prendendo a prestito da Mancini una definizione contemporanea anteriore agli studi storico critici novecenteschi...
Altro e non meno importante contributo viene dal fatto che il Palazzo Chigi di Ariccia, diretto dal Conservatore architetto Francesco Petrucci, raffinato e sensibile esperto del Barocco romano, da anni svolge un ruolo di primo piano nella realizzazione di qualificati eventi nel nostro territorio.
Dall’acquisto nel 1988 da parte del Comune del complesso monumentale appartenente al principe Agostino Chigi, ai restauri e apertura al pubblico nel 1990, fino ad oggi è un crescendo di mostre di grande successo di critica e attenzione di pubblico. Degno di menzione, tra le più rappresentative, Pittura barocca romana (1999-2000), Donne di Roma (2003), il Baciccio (1999-2000) per l'ampio respiro e il rapporto complesso con l'Urbe. Tuttavia, e questo è il terzo merito, la direzione del Palazzo Chigi si accredita anche per le tematiche culturali che interessano la comunità castellana. Si pensi alle mostre l'Ariccia del Bernini (1998), I piaceri della vita in campagna (2000), Castelli e castellani (2002), Vedute dei Colli Albani e di Roma (2006), nelle quali viene evidenziato e proposto ad un pubblico vasto il nesso indissolubile che lega città e campagna, Roma e Castelli Romani in un rapporto di continuità culturale rappresentato dalle grandi corti religiose e civili.
Il successo delle iniziative sta, riteniamo con le parole di Petrucci, nello sforzo di far ruotare all'interno della splendida cornice del Palazzo Chigi che si inoltra senza soluzione di continuità nella piazza e chiesa berniniana, eventi e suggestioni del periodo barocco anche attraverso contaminazioni feconde di grande qualità come è avvenuto per la mostra ‘La scena del Principe: Visconti e il Gattopardo’ (2002).
Per la rubrica
Natale ai Castelli
- Numero 58 dicembre 2006