Così Hector Berlioz, nel 1832, ci rappresenta gli zampognari dai quali apprese, durante il soggiorno romano, l’aria che poi volle inserire, secondo il gusto dell’epoca, nell’Aroldo in Italia.
La letteratura romantica ha costruito l’immagine dello zampognaro vagabondo, musico di piazza, metà pastore, metà mendicante, secondo uno stereotipo consolidato che ancora resiste. In realtà al tempo di Berlioz la cultura zampognara esisteva da secoli, ed era legata a tutti i momenti di festa della comunità. Qualunque sia il livello tecnico raggiunto nell’uso di questo strumento o le ragioni di una tale scelta etnomusicale, lo zampognaro è espressione di un genuino sentire popolare e di un’arte a torto ritenuta minore. Il Lazio, insieme al Molise e un po’a tutto il sud Italia, è tuttora sede di una cultura antichissima, fortunatamente ancora viva in alcune aree, di suonatori e musiche della tradizione tramandate oralmente per secoli, di costruttori artigiani depositari di un’arte antica e complessa Lontani i tempi in cui gli zampognari suonavano anche in cambio di generi alimentari… ancora oggi partono dalla Ciociaria, dalla provincia di Latina e di Isernia per suonare le novene dell’Immacolata e di Natale anche nei nostri centri.
L’Associazione Musicale “Silvio Stampiglia” propone a Lanuvio, il 21 dicembre, un concerto natalizio con coro, organo e zampogna - con la sua compagna di sempre, la ciaramella - per rievocare parte di quelle ancestrali sonorità.
Per la rubrica
Natale ai Castelli
- Numero 58 dicembre 2006