Mancini, U.
Armando, 2002
Attraverso resoconti giornalistici e documenti d'archivio, il libro offre una ricostruzione dei maggiori eventi politici e sociali sviluppatisi nei Castelli Romani tra la fine dell'Ottocento e la nascita della dittatura fascista.
Senza perdere di vista il più ampio panorama nazionale, esso tende a riproporre le dinamiche che hanno caratterizzato le numerose lotte contadine che si sono accese tra Otto e Novecento e a individuare i bisogni, le aspettative e i conflitti politici e sociali emersi nel primo dopoguerra.
Seguendo rapporti di polizia, informative riservate, articoli di giornale, denunce anonime indirizzate a ministri o prefetti, il libro offre una meticolosa descrizione dello sforzo compiuto soprattutto dalle masse contadine tra Otto e Novecento di affrancarsi da amministrazioni locali spesso clientelari e corrotte e da una condizione lavorativa che mortificava nel profondo la semplice aspirazione ad una vita dignitosa. Dopo la parentesi della guerra, tra il 1919 e il 1921 la lotta per i miglioramenti salariali o per la durata della giornata lavorativa riprese con particolare vigore e si aggiunse alle occupazioni di terre incolte o mal coltivate, senza tuttavia causare incidenti o devastazioni. Al contrario, gli spazi più propriamente politici, come i comizi d'occasione o di propaganda, furono segnati da una ricorso sempre più facile alla violenza a cui fecero ricorso quasi indifferentemente popolari, repubblicani o socialisti. Tuttavia, a partire dal 1921, quando da Roma si affacciò nei Castelli lo squadrismo fascista il quadro dei rapporti tra gli schieramenti politici si modificò radicalmente: pagine di particolare drammaticità ricostruiscono il nuovo clima che si affermò in quel periodo e le ripercussioni che creò sul piano sociale.