Nonostante tutto il successo ottenuto, a me non è piaciuto.
Sono anzi particolarmente preoccupata per i consensi che un libro così banale ha ottenuto (mi sorge il dubbio-certezza che il successo sia stato costruito a tavolino!). Eppure folle di ragazzini (e di adulti) osannanti, amano questo personaggio e immagino si siano recati a frotte a vedere il film appena uscito. Personalmente ho trovato fortemente stereotipati i personaggi, eredi della struttura semplice e lineare delle fiabe su cui Propp ci ha eruditi da tempo: così il protagonista-eroe, il povero orfano Harry, maltrattato dalla famiglia adottiva, richiama le vecchie figure-vittime (Cenerentola, Biancaneve) della tradizione fiabesca; l'antagonista invece, il perfido Voldemort, signore del male, contrapponendosi al protagonista che incarna ovviamente il bene, serve ad instaurare quella dialettica manichea scontata e ormai superata in letteratura, dal Romanticismo in poi. Completa l'opera, l'uso e l'abuso di tutti gli elementi del repertorio classico della letteratura fantastica per bambini: streghe a bordo di scope volanti, maghi con la barba bianca, gatti, draghi, giganti e fantasmi.
Quanto siamo lontani dalla complessità di un libro come La storia infinita, o dalla perizia tecnica di autori come R. Dahl o B. Pitzorno!
Credo che Harry Potter piaccia così tanto ai nostri bambini perché in un mondo televisivo-computerizzato-videogiochizzato, la fame di fantasia sia talmente tanta, che perfino le storie più scontate, in cui gli elementi fantastici risultano mescolati sapientemente con un ottimo lancio pubblicitario, possano attirare incondizionatamente. E così il successo di Harry Potter, lungi dall'essere un'oasi felice in una visione "globalizzante" del mondo infantile, è un segnale chiaro ed inequivocabile in direzione della morte della fantasia.
A chi, "nonostante tutto", sia interessato alla lettura di Harry Potter, ricordiamo che i primi quattro volumi sono stati pubblicati tra il 1999 e il 2001 dalla casa editrice Salani.