Vivavoce - Rivista d'area dei Castelli Romani

RIVISTA D'AREA DEI CASTELLI ROMANI

Società

Glob, glob, glob: ancora sulla globalizzazione...

Riflessioni dalla lettura di No logo

"La Bibbia degli anti-global", dice lo strillo pubblicitario del best-seller di Naomi Klein "NO LOGO". E molti aspetti sembrano dargli ragione: la mole, la netta impressione di essere stato scritto in un'altra lingua, la frequenza di brani poco comprensibili (tradotti male per la fretta?), la quantità di note che rinviano a testi che difficilmente il lettore italiano vorrà riscontrare; ma d'altra parte, anche la netta impressione che si tratta di noi, di questioni che ci coinvolgono, per cui si è spinti ad andare avanti nella lettura.
Per chi fosse tentato di rinunciare, suggeriamo di leggere almeno il capitolo sesto, dove vengono illustrati gli aspetti più divaricanti della "globalizzazione": la separazione della produzione dei beni dalla loro ossessiva pubblicizzazione e commercializzazione con l'etichetta delle grandi marche.
La produzione è delegata a fornitori esterni, intercambiabili, dislocati in regioni remote e in ghetti completamente isolati dai rispettivi Stati e sottratti ad ogni normativa che non sia quella di produrre a ritmi esasperati ed a prezzi stracciati. Ma chi vende i prodotti non si sente minimamente coinvolto dalle più inaudite forme di sfruttamento: è un problema dei fornitori. È questa la novità rispetto alle disperanti descrizioni marxiane della produzione industriale nei primi decenni dell'Ottocento. Conoscendo i fatti, è difficile sfuggire a qualche sentimento di solidarietà anche con le più esasperate reazioni degli anti-global. Il nemico non è la globalizzazione come categoria metafisica, ma questo tipo di globalizzazione, nel quale è difficile identificare l'avversario da contrastare ed è quasi fatale fabbricarsi "nemici" più o meno fantastici, se non addirittura "il Nemico".
Per chi non vuol farsi sopraffare dalla disperazione - primo passo verso l'indifferenza - dopo il capitolo sesto è da leggere almeno il capitolo ottavo sulla cosiddetta "interferenza culturale": cosa si può fare per neutralizzare il fascino dei messaggi delle grandi marche venditrici, suscitando una specie di reazione autoimmunitaria che ne distrugga il potere malefico servendosi delle sue stesse armi.
Se è lecito andare al di là del contenuto del libro, vorrei suggerire di abbinarne la lettura con quella dell'agilissimo Manuale per l'allevamento del piccolo consumatore di Paolo Landi, edito dall'Einaudi nei tascabili "stile libero".
La reazione collettiva è sicuramente necessaria, ma non ne verremo fuori senza lavorare su noi stessi e sulla nostra cupidigia di consumatori. Sarebbe paradossale limitarsi a stigmatizzare il "non è un problema nostro" dei venditori e poi adottare lo stesso atteggiamento in quanto consumatori.
Ma questo è tutto un altro discorso.

Per la rubrica Società - Numero 2 settembre 2001