Celebrata ininterrottamente da 83 anni ogni prima domenica di ottobre (e attualmente da venerdì precedente al lunedì seguente - giorno più sobrio, noto come festa d'i marinesi), è la più antica sagra del genere in Italia (1924-25).
Trova un suo curioso ed immediato antecedente nelle "Feste Castromenie" (dal nome dell'oppidum sillano - Castromoenium - cui si fa risalire il centro storico della città), organizzate nel 1904 da un gruppo di facoltosi personaggi della politica, dell'arte e dello spettacolo della Capitale - abituali villeggianti in Marino - per riparare almeno in parte ad una terribile grandinata che aveva gettato nella disperazione i contadini marinesi, e nello stesso tempo smaltire l'eccedenza di vino "vecchio" accumulato nelle cantine. Nei Castelli fu infatti tipica dei primi del '900, per fenomeni ambientali, l'alternanza di annate a scarsa ed eccessiva produzione di vino.
I festeggiamenti, grandiosi, durarono un mese intero e costituirono anche l'occasione per un singolare esperimento di cinematografia dal vero di Filoteo Alberini. Non vennero tuttavia replicati, restando un "unicum" di gloriosa memoria; ma furono senz'altro di ispirazione al poeta e drammaturgo romanesco Leone Ciprelli (nome d'arte e anagramma di Ercole Pellini, nato da genitori marinesi proprietari di vigne) allorché diede vita, prima, al "miracolo" della fuoriuscita del vino dalla secentesca Fontana dei quattro Mori, e l'anno seguente - 1925 - alla prima vera e propria "Sagra dell'Uva". Dell'uso di far gettare vino dalle fontane al posto dell'acqua si ha qualche notizia per la Roma dei Papi del '600 e del '700, in circostanze eccezionali, ad opera di esponenti della famiglia Colonna (si veda l'articolo La fontana marinese del vino (...) nella rivista «Castelli Romani» n.10 del 1976). Certamente questo "prodigio", che tuttora si ripete ed è il più rinomato della festa, sortì fin da subito il proprio chiassoso effetto "promozionale", così importante per i locali vignaroli in quei durissimi anni, in cui il vino spesso eccedeva ma il cibo scarseggiava.
Dopo un esordio relativamente "timido", la Sagra dell'Uva assunse rinomanza soprattutto tra il 1926 e il 1929. Da allora un mutamento non rapido ma costante la trasformò in una manifestazione su cui erano puntati gli occhi del regime fascista, che ne fece subito il suo "fiore all'occhiello". Per cui essa sfuggì gradualmente dalle mani del comitato organizzatore locale e vide il patrocinio di vari enti fiologovernativi. Negli anni '30, la Sagra costituì un importante momento di richiamo e confronto fra vari imprenditori e produttori del settore vitivinicolo del Lazio. Il governo fascista infatti, al fine di ampliare il mercato interno del vino, promosse oltre ai festeggiamenti il miglioramento della qualità mediante l'avanzamento delle tecnologie, e a Marino nacque una Bottega del Vino (enoteca comunale) gestita dai produttori, i quali erano anch'essi interessati a sostenere la festa, che rappresentava un insostituibile veicolo pubblicitario. Negli anni precedenti alla guerra - durante la quale marinesi e organizzatori non vollero mai interrompere né menomare i festeggiamenti, che tenevano viva l'identità culturale del paese - le forme della festa si irrigidirono grottescamente, specchio della reale perdita di prospettive in campo agricolo e sociale. Le prime sagre post-belliche, per la penuria di mezzi, furono sommesse, ma piene di carica emotiva, e di speranza di ricostruzione. Le sagre dal '50 al '60 mostrarono tutta la vitalità della rapida ripresa economica, e furono caratterizzate dalle Società di divertimento, specializzate nell'allestire buffi carri allegorici e pittoresche orchestrine (di esse, è ancora attiva la "Volemose bene"). Rifiorirono le mostre di enologia, enotecnica e artigianato. Negli anni '70, per lo spopolamento delle campagne e la crisi nella commercializzazione del vino, la Sagra ebbe un momento di declino, sembrò quasi spegnersi e livellarsi con altre feste "qualunque". Negli anni '80 e '90 un profondo ripensamento ha indotto diversi gruppi culturali giovanili a riscoprire i valori tradizionali della festa, che da sempre, riproponendo ai marinesi le loro memorie storiche, ne hanno cementato l'identità culturale.
In effetti, ciò che caratterizza ancora oggi la Sagra dell'Uva non è tanto la continuità e la longevità, quanto il suo variegato sostrato di tradizioni storiche e di costume, di motivi religiosi e culturali strettamente interconnessi. Almeno quattro aspetti si distinguono con chiarezza: quello storico (soprattutto delle memorie storiche locali); quello folkloristico (le tradizioni popolari legate alla vite e al vino); quello carnascialesco (giocosa rottura dei limiti razionali di comportamento: carri allegorici, scenografici addobbi, distribuzione gratuita di uva e vino, ebbrezza); quello religioso (festa della Madonna del Rosario). Infatti la Sagra non coincide solo con il tempo della vendemmia, ma anche con un'antica festa sacra, istituita da papa Pio V per la vittoria riportata contro i Turchi la prima domenica di ottobre del 1571 nelle acque di Lepanto da una Lega stretta fra Stati italiani (Venezia in primis), Santa Sede e impero austro-ispanico: la festa della Madonna del Rosario, sotto la cui protezione era stata posta la spedizione, e che veniva celebrata a Marino già prima del 1925 in prossimità della vendemmia, per affidargliene il buon esito. La celebrazione religiosa mariana avviene la domenica mattina della Sagra con una solenne processione con macchina del '700 portata a spalla, e con l'offerta dell'uva nuova per la finale benedizione di piazza. I marinesi, guidati dal loro principe Marcantonio Colonna, che era a capo delle navi papali, parteciparono effettivamente alla Battaglia di Lepanto, evento di grande risonanza per tutto l'Occidente, che a Marino fu commemorato con la costruzione della Fontana dei quattro Mori, la conservazione - oggi in una teca della Chiesa collegiata di San Barnaba - di uno scudo turco originale, e la sfilata storica con cui, proprio durante la Sagra dell'Uva, il pomeriggio della domenica e del lunedì, viene riprodotto il trionfo celebrato al rientro dalla battaglia.
La Sagra del XXI secolo sembra caratterizzata dalla volontà di riscoprire la storia degli antichi metodi di vinificazione e le tradizioni antiche legate al vino e all'osteria (animazione dei rioni medievali del paese), con uno sguardo all'attualità del panorama produttivo locale (da alcune edizioni si allestisce in Piazzale degli Eroi la "Casa del territorio", adibita a mostre, convegnistica e stand promozionali di aziende locali).
La cultura dei sapori
La “gloriosa” Sagra dell’Uva di Marino
Per la rubrica
Sagre & Profane
- Numero 65 settembre 2007