Vivavoce - Rivista d'area dei Castelli Romani

RIVISTA D'AREA DEI CASTELLI ROMANI

Sagre & Profane

La cultura dei saperi

Un percorso di canto popolare e poeti a braccio dalle pendici del monte Artemisio fino a Giulianello

I Marsella
Partiamo dalle pendici del Monte Artemisio a Velletri dove i fratelli Marsella (e molti altri gruppi) levano ancora oggi ogni anno una preghiera a Dio per chiedere protezione per l'anno che verrà: è una preghiera arcana che hanno appreso per tradizione orale dai loro avi: "La Pasquella".
E' un canto di questuanti.
La notte tra il cinque e il sei Gennaio compagnie composte da tre o quattro persone dette "gavette", si recano nelle case dei vicini a cantare questo canto augurale. Davanti l' entrata della casa i pasquellari si fermano solo se vedono la luce accesa, segnale di gradimento.
I questuanti con un cesto raccolgono tutto quanto gli viene offerto (anticamente cibarie oggi per lo più danaro) dal Padrone di casa che li attende insieme a tutta la famiglia.. Il canto resiste ancora oggi; è persino esercitato da molti più gruppi di un tempo. Scema sempre di più la sua spiritualità, la magia del rito propiziatorio attraverso il quale i contadini pregavano il Dio per avere un buon raccolto .Questo non è un dramma, è del tutto fisiologico che un rito volga al termine e che lasci il posto a nuovi riti, a nuove spiritualità soprattutto quando a decretarne la fine è la scomparsa della fame .Quel che non dobbiamo consentire e che si estingua senza lasciare alcuna traccia, senza che i posteri potessano avere in dote questo invito a trascorrere l'esistenza con spiritualità e non facendosi guidare da una logica aritmetica fredda e calcolatrice.

 

Le donne di Giulianello

Da Velletri,dopo neppure dieci chilometri, siamo a Giulianello, l'antico Castello Giuliano.Borgo medioevale, posto al limitare tra la campagna romana e la piana pontina. Osserviamo, prima di raggiungere l'abitato, l'ultimo lembo di campagna romana ancora integro con tutte le essenze arboree (sughera, leccio, quercia, carpino etc..) e lunghe distese di campi coltivati "ad tres fruges" (rotazione triennale già conosciuta in epoca romana, di grano, granoturco e lupini) .In mezzo a tanta natura, grazie ad un tratturo testimone dell'antica transumanza, incontriamo il Lago di Giulianello, naturale, di formazione sia vulcanica che tettonica a comprova che il Vulcano Laziale comincia a cedere il posto al calcare dei vicini Monti Lepini.
Giungiamo a Giulianello. Coloro che grazie a Giovanna Marini conoscono Giulianello, associano questo piccolo borgo medioevale, abitato fino agli anni '60 solo da contadini, al canto delle Donne. E' questo il nome con il quale abbiamo definito da sempre un gruppo di braccianti di Giulianello insieme a Giovanna Marini , Sandro Portelli, e Ambrogio Sparagna (ricercatori tra l'etmomusicologia e l'antropologia) .
Così parla del canto Giovanna Marini, che lo ha studiato per circa trent'anni facendo varcare i confini italiani tanto che una copia delle sue registrazioni è contenuta a Parigi nel Centre Pompidou: "Alle porte di Roma, sulla traiettoria Roma - Velletri - Ariano, c'è un paese , Giulianello, dove le donne cantano una passione del Venerdì santo che è uno dei pezzi di musica contadina più belli, preziosi e rari sia dal punto di vista musicale che da quello della completezza e particolarità del testo che io abbia mai ascoltato in Italia.
Siamo vicinissimi alla capitale eppure le donne cantano con abbellimenti in perfetta regola con lo stile del discanto e una nota bassa continua e incurante delle eventuali variazioni armoniche suggerite dalla melodia che è una cosa tipica delle prime forme di polifonia medievale (organum discanto ed ochetus).
Il calore e il colore di queste voci è speciale, sono voci per tradizione impostate fra petto, gola e risonanze solo facciali, fanno venire in mente le voci delle mondine (tipiche delle zone della pianura padana) sono voci che difficilmente vanno molto in alto, ma che sulle note centrali hanno uno spessore e una capacità di micro-modulazioni straordinarie.
C'è tutta un'estetica speciale che è subito evidente appena questa bravissime donne di Giulianello si mettono a cantare. E il loro repertorio va dal canto monodico a quello polifonico a stornelli di mietitura , canti narrativi, tutti di grande respiro e ampiezza di melodia: questo paesino che si direbbe sperduto tra centri più popolosi vive di un concentrato di coincidenze per cui la musica contadina rimane aggrappata alle mura delle case e sembra fortunatamente non volersene staccare"
Le Donne non si sono mai sentite un gruppo musicale; in funzione (il Venerdì Santo) o nelle occasioni di lavoro o di festa, quando le abbiamo chiamate per registrare o per esibirsi in rassegne di canto, canta chi può venire: un passaparola e poi "chi c'è c'è" .
Hanno ruoli intercambiabili: di certo colei che loro eleggono più brava spesso svolge il ruolo di solista, le altre formano il coro. Come spiegano bene loro la struttura del canto polivocale si compone di tre ruoli : " chi arza, chi 'bbassa e chi fa il coro".

 

Il canto a poeta

Ci spostiamo da Giulianello ad Artena, anzi meglio sarebbe dire in zona Macere tra Lariano ed Artena proprio ai piedi del Maschio di Lariano.Abbiamo appuntamento con Ezio Bruni.
Ezio, pastore in gioventù poi infermiere professionale ed adesso pensionato con l'hobby della pastorizia e dell'apicoltura; ha realizzato una casetta dove da anni si incontrano tutte le settimane i poeti improvvisatori in ottava rima. Vi hanno fatto sosta i toscani: Romanelli, Lolli , De Santis, Mauro Chechi, Rustici, Ciolli; gli Abruzzesi: Urmare Ciambotti detto Scopparola, Rinaldo Adriani, Paolo Santini da Bacugno, Pietro de' Acutis da Bacugno; i laziali: Fornari e Mario da Palestrina, Prati, Abbaiati e Porfirio da Lariano, Renato Mattia da Valmontone, Palmieri da Colle di Fuori-RoccaPriora, Carletto Bianchi da Velletri, Agnese unica donna da Civitavecchia come pure Tazzini e molti ancora dei quali non mi sovviene il nome.
Lì prima dell'arrivo di Ezio incontriamo quell'irripetibile e vulcanico menestrello artenese di Etargenio Caratelli che ci canta "Tira jo vento" un inno al traditore. Di rado si ascolta una poesia o canto d'amore con parole di conforto per il traditore. Questo canto narra di una sfortunata passeggiata del traditore sotto la casa dell'infedele. Alla finestra v'è esposta la parte (in dialetto artenese "pacca") di un tronchetto di canna vegetale E'il segno convenzionale con il quale l'amante segnalava la presenza in casa del marito ( jo becco). Il traditore è afflitto per non aver dissetato le sue voglie, fa ritorno a casa e per strada incontra un'osteria. Vi entra (c'era da giurarlo), beve mezzo litro, ma solo per affogare la rabbia, ripetendo sconsolato: "jo becco fa la nanna e jo pupo sta a durmì".
La fantasia popolare non ha limiti.
Ecco arrivano i poeti Ezio Bruni delle Macere di Artena e Maurizio Abbaiati di Lariano.
Ma cos'è l'ottava rima . L'ottava rima in versi endecasillabici a schema ABABABCC è presente da secoli sia nella tradizione colta in forma scritta che in quella popolare in forma orale. Basti citare Ariosto,Tasso, Bembo.....Nelle cronache del duecento e del trecento già si parla anche di popolani che improvvisavano oralmente ottave cantando e rispettando lo stile metrico perfettamente.
E' ozioso cercare di capire se l'una forma sia stata la genitrice dell'altra.E' bello sapere che nell'Appennino centrale ci sono ancora oggi decine di poeti in esercizio. Nei Monti dell'Appennino in estate molte sono le gare di Poesia. Sulle sponde del famoso Lago di Giulianello a Settembre (quest'anno il nove) da quindici anni i poeti si incontrano e si sfidano affrontando temi a contrasto che il pubblico affida loro partecipando attivamente alla gara e tifando per il personaggio che i poeti sono riusciti con i loro versi improvvisati a rendere più amato. Può accadere che il fannullone risulti più simpatico di un operoso risparmiatore e persino che una prostituta riceva più applausi di una donna virtuosa.
E' la abilità del poeta a determinarlo.
Dopo una buona oretta di contrasti sui temi più disparati, tutti scelti dai presenti, Maurizio Abbaiati ed Ezio Bruni ci dedicano due ottave di saluto.
Il viaggio è terminato.
Qualcuno di voi avrà avuto dubbi, altri hanno già addirittura sentenziato: sono solo sogni di un povero romantico.
No, è tutto rigorosamente vero quel che vi ho raccontato.
Questa cultura vive ai margini ma vive,come quel lembo di campagna romana minacciato da uno sciagurato progetto di autostrada voluta da destra e manca. Tentiamo di resistere.

Per la rubrica Sagre & Profane - Numero 65 settembre 2007