Reazioni antifasciste si levano in tutti i Castelli Romani da metà degli anni '20 e poi in maniera crescente per tutti gli anni '30, pur rimanendo ai margini del vivere quotidiano. Il disagio delle masse popolari è divenuto endemico e facilmente percepibile: i salari, rispetto alle futili conquiste del "biennio rosso", sono tornati bassissimi, i rapporti di lavoro fortemente sbilanciati dalla parte dei proprietari terrieri, con il concorso dei sindacati fasciti. Ma le proteste, le manifestazioni, gli scioperi vengono tenacemente combattuti dal regime, con un susseguirsi di pestaggi (si pensi al genzanese Salvatore Capogrossi) e arresti in massa.
Nel 1938 il governo fascista realizza una nuova sterzata sul piano della repressione, accentuando i propri sforzi per dare una fisionomia unitaria al popolo italiano, probabilmente sulla scia di quanto sta avvenendo in Germania. Ciò rafforza i sentimenti antifascisti formatisi nei Castelli prima ancora della marcia su Roma, che si sommano a una diffusa e tradizionale insofferenza nei confronti della guerra. La popolazione castellana risponde infatti alla chiamata alle armi con la diserzione di massa. Nonostante la propaganda governativa, la gente ha infatti una percezione chiara delle proprie condizioni di vita, con grossi sospetti circa la salute del paese e la sua reale capacità di competere con le maggiori potenze europee.
Dal 1939 a tutti gli anni del secondo conflitto mondiale si registra nei Castelli Romani e nel resto della provincia laziale una grave mancanza dei generi di prima necessità; il costo della vita raggiunge livelli insostenibili, la disoccupazione dilaga... E a ciò si aggiunge il dissesto delle strade, l'assenza di sviluppo edilizio, l'indebitamento presso le banche locali e l'impossibilità di affrontare anche le spese sanitarie più urgenti per una popolazione prettamente agricola, composta per lo più di piccoli proprietari, o di godenti enfiteuti di terreni coltivati a vigna, che oltre allo spopolamento dei campi dovuto alla leva ha anche dovuto affrontare diverse annate per nulla buone. I podestà fascisti, persone di indiscussa "fede" politica ma spesso inesperte e prive di particolari competenze, spadroneggiano nei Comuni di Marino, Frascati, Castel Gandolfo, Montecompatri, Genzano, Nemi, Albano, Ariccia... guadagnando con facilità, grazie alla politica, ricchezze e privilegi, e determinando la stasi amministrativa nei Comuni interessati.
La gente ne è per lo più consapevole, e in attesa un cambiamento radicale, che restituisca decenza e moralità alla vita "di palazzo", e attenui la sproporzione tra i privilegi dell'élite politica e il resto della società civile, conduce una vita quasi "parallela", nutrendo verso il fascismo indifferenza, sospetto e sfiducia, con sporadici episodi di rabbia non sempre controllabile.
Dopo l'8 settembre 1943 si costituiscono - nei Castelli come nel resto d'Italia - formazioni di partigiani che, oltre alla lotta politica, si assumono il compito di rifornire la popolazione di generi alimentari e medicinali.
Il 4 giugno 1944 gli alleati entrano a Roma. Gli ex partigiani dei Castelli si riuniscono e iniziano la ricostruzione dei paesi distrutti dalla miseria e dalle bombe. Anche i vigneti sono stati distrutti dalle battaglie che vi sono state combattute. Le amministrazioni comunali sono in dissesto. Urge mettere a coltura milioni di ettari di terra tenuti incolti o mal coltivati, per ridurre la disoccupazione e aumentare la produzione di derrate alimentari, e va affrontata finalmente l'evoluzione dei rapporti tra i lavoratori e i proprietari della terra, in vista di una riforma agraria che trasformi i contratti di colonìa parziaria e di mezzadria classica in contratti d'affitto.
Nel 1945 si verificano nuovi scioperi dei braccianti e dei salariati agricoli in tutta la Provincia di Roma e nell'Agro Romano, poiché le associazioni agricoltori di Roma non accettano il rinnovo dei contratti stipulati in precedenza, e tra 1944 e 1946 riprendono le occupazioni di terre.
Le nuove lotte, innestandosi comunque sulla strada aperta da quelle del "biennio rosso", e forti di una nuova consapevolezza politica e sociale, portano i loro frutti: conquiste salariali e una migliore divisione dei prodotti per mezzadri, enfiteuti e compartecipanti. Sono inoltre decisive per la promulgazione dei decreti Giulio-Sacchi (per la concessione di terre incolte) e l'attuazione della riforma agraria (1947-1950). Verso la fine del 1949 si verificano le ultime occupazioni dei terreni rimasti impregiudicati. È anche l'anno di nascita del Consorzio di tutela del Frascati.
Gli anni Cinquanta registrano lo sviluppo della cooperazione agricola e la comparsa delle cantine sociali. Si ha qualche notizia di feste dell'uva a Frascati negli anni Cinquanta, probabilmente per impulso del suddetto Consorzio. A Lanuvio (nel 1958) e a Colonna (nel 1961) nascono in questi anni le rispettive feste dell'uva e del vino (che si affiancano ai già celebri festeggiamenti di Marino e Velletri), sotto il positivo impulso delle nuove conquiste.
Il 1966 vede la concessione del marchio DOC al Frascati, il 1968 quella al Marino, il 1971 al Colli Lanuvini e il 1973 al Montecompatri-Colonna. Altro traguardo è nel 1977 il varo del Piano di Sviluppo Regionale.
E nuove conquiste si hanno anche nella tecnica vitivinicola. Nonostante che dal secondo dopoguerra molti viticoltori castellani, sollecitati dal desiderio di un facile guadagno, abbiano preferito la produzione di uva "a tendone", raggiungendo quantità di uve unitarie molto elevate ma scadenti in qualità, in tempi recenti, soprattutto dagli anni Novanta, parecchie aziende, pur non ritornando del tutto al sistema a filare tradizionale, hanno cominciato ad eseguire nuovi impianti con il sistema ad ipsilon o californiano, riuscendo a coniugare la coltivazione a filari con la meccanizzazione e, soprattutto, a migliorare le tecniche di vinificazione, tanto che oggi i Castelli possono vantare ben sei vini DOC (Colli Albani, Colli Lanuvini, Frascati, Marino, Montecompatri-Colonna, Velletri), che salgono a sette se si considera anche Zagarolo. L'istituzione della Strada dei Vini dei Castelli Romani nel 1998 ha avuto l'obiettivo di coniugare produzione agricola e incremento del turismo, e oggi si va in direzione di un miglioramento della qualità di uva e vino e, in congiunzione con essa, di un miglioramento delle strutture di accoglienza e promozione del territorio.
Tante battaglie e conquiste hanno segnato positivamente la storia dei Castelli Romani, la trasformazione dell'agricoltura e della società, senza tuttavia cancellare i forti legami delle cittadine castellane con la tradizione e la cultura del vino, che non sono soltanto i motivi ispiratori delle tuttora vivaci feste popolari legate all'uva e al prelibato nettare, ma rappresentano anche oggi una grandissima risorsa, forse ancor poco sfruttata, per i nostri territori in termini di occupazione e di sviluppo.
La prima e la seconda parte sono pubblicate nei nn.65 e 66 della Rivista
Bibliografia essenziale
- Storia di antagonismo e resistenza / Salvatore Capogrossi ; introduzione e cura di Claudio Del Bello. - Roma : Odradek, stampa 1996
- Lotte contadine e avvento del fascismo nei Castelli Romani / Ugo Mancini. - Roma : Armando, c2002.
- La vigilia della Seconda Guerra Mondiale e la crisi del Fascismo a Roma e nei Castelli Romani / Ugo Mancini. - Roma : Armando, c2004
- <http://www.novecentoitaliano.it>: Itinerari storico-culturali nel Lazio : Consorzio BAICR Sistema Cultura - Ministero per i Beni e le Attività Culturali. Direzione Generale per i Beni Librari e gli Istituti Culturali - Istituto Centrale per il Catalogo Unico delle Biblioteche Italiane e per le Informazioni Bibliografiche (ICCU), u.c. 20/08/2007