Vivavoce - Rivista d'area dei Castelli Romani

RIVISTA D'AREA DEI CASTELLI ROMANI

Storia locale

Storia locale - Dialetti

NOTE DI GLOTTOLOGIA FRASCATANA

Più di trenta anni fa (era il 1976) una tipografia frascatana diede alle stampe una singolare grammatichetta del dialetto frascatano dal titolo Nui parlemo 'ssosì, rielaborazione della tesi in glottologia di una studentessa svedese. Tra le varie appendici di cui la grammatichetta è corredata, diverte soprattutto il dizionario frascatano-italiano, vero e proprio bozzetto folkloristico che include modi di dire ed espressioni idiomatiche; stupisce che all'interno di quello sia registrata senza commenti né notarelle linguistico-culturali una quantità significativa di proverbi locali, quasi un tesoretto antropologico che la studentessa svedese ha raccolto dal popolo un po' distrattamente. Ebbene, aggiornando questa piccola raccolta con ulteriore materiale ricavato dalla viva voce dei frascatani più anziani, si ricava un vero patrimonio linguistico-culturale i cui tratti originali meritano qualche approfondimento. Tanto per cominciare un confronto tra la proverbiade frascatana e il ben più cospicuo materiale romano (ormai da tempo catalogato, commentato e diffuso) lascia emergere l'unicità di una gran parte dei proverbi frascatani, cioè la loro assenza nell'oralità romana; di conseguenza sono numericamente poco rilevanti i casi di uno stesso proverbio presente (con diverse vesti linguistiche) in entrambi i contesti geografici. Inoltre, generalizzando un po', questa oralità frascatana delinea in modo abbastanza definito la fisionomia di un popolo che non vuole confondersi con la "pasquinità" feroce e un po' blasfema che stigmatizza il popolano romano. Anzi, il proverbio frascatano esprime spesso, e in maniera aggraziata, l'integrazione dell'uomo con la natura che manca, per ovvie ragioni geografiche e sociali, nella confusa piazza della capitale. Affiorano talvolta espressioni di appartenenza ad una comunità omogenea e socialmente fiorente in cui tutti si conoscono, che ha nella benevolenza della terra uno dei suoi punti di forza.
Ecco qualche esempio:
Scortinno 'e noci a Bacocco che ne teneva sette granari (tr.: Finirono le scorte di noci persino a Bacocco, nonostante possedesse sette granai. Il proverbio è usato come monito contro gli sprechi)
Pe me la vita nun vale pe'n tesoro; io me contento de vive de lavoro (tr.: per me la vita non vale in base alle ricchezze; io mi contento di vivere di lavoro).
Si sapevo cumm'era lo mete da piccolittu me jevu a fa prete (tr.: se avessi saputo quant'è faticoso lavorare la terra, da giovane mi sarei fatto prete)
Ognuno all'arte sua e u lupu a' e pecore (tr. Ciascuno faccia il suo mestiere come il lupo insegue le pecore).
Tali dati linguistici sono oggi del tutto estinti poiché da qualche decennio il dialetto frascatano è stato assorbito dalla ben più diffusa parlata romana, un romanesco italianizzato che ha perduto le frange estreme diventando quasi, specie tra i più giovani, una lingua sovraregionale e settoriale. Ma non deve essere stato sempre così. A testimonianza di un'epoca di grande vitalità del dialetto frascatano la studentessa svedese di cui sopra annota nell'introduzione della sua tesi: <<La maggior parte della popolazione usa il dialetto soltanto insieme ad altri frascatani. [...] L'uso del dialetto non è dipendente da ceti sociali o da sessi. Un frascatano mi disse una volta: "Se il nostro Primo ministro fosse frascatano, io parlerei con lui in dialetto">>.

Per la rubrica Storia locale - Numero 71 maggio 2008