Vivavoce - Rivista d'area dei Castelli Romani

RIVISTA D'AREA DEI CASTELLI ROMANI

Quelli che la fisica...

Extradimensioni: la pulce, l’ameba e Salvador Dalì

Crocifissione

Un mondo a tre dimensioni spaziali, il nostro. Ogni cosa che osserviamo, attorno a noi ha una larghezza, una profondità ed un'altezza. Per individuare un punto sul globo terrestre utilizziamo latitudine, longitudine ed elevazione sul livello del mare. Gli studenti dei nostri licei convivono, talora combattono, con i tre assi cartesiani per descrivere meccanica e dinamica dei corpi materiali soggetti alle leggi della natura. Dunque viviamo in un mondo a tre dimensioni spaziali (*), anche se romanzi e film di fantascienza ci hanno talvolta proposto avventure nelle extradimensioni. Malgrado la nostra continua e mai tradita esperienza, la domanda se esse possano esistere non è del tutto assurda. Se la posero per primi i filosofi greci: Aristotele escluse categoricamente l'esistenza di una quarta dimensione e Tolomeo ne diede, nel 150 a.C. una ingegnosa dimostrazione ripresa ed ampliata da Galileo Galilei. Il loro ragionamento ci dice però solo che il nostro cervello non è in grado di concepire altre dimensioni ma non basta a proclamarne l'inesistenza.

Oggi i fisici, tentando di capire più profondamente e, possibilmente unificare, le leggi della natura, ipotizzano proprio la esistenza di altre dimensioni spaziali. A Ginevra, al Cern, il più importante laboratorio di fisica sub-nucleare del mondo presso il quale molti ricercatori dei Laboratori Nazionali di Frascati dell'INFN svolgono ricerche di avanguardia, si attende una risposta a questa a questa domanda entro i prossimi due anni. Questo è il tempo necessario per ottenere i primi risultati dagli esperimenti sul nuovo acceleratore di particelle, il Large Hadron Collider, che entrerà in funzione nei prossimi mesi. Le risposte che otterremo potranno cambiare la nostra concezione della intima trama dello spazio nel quale vive l'universo che conosciamo.

Per cercare di capire perché le più recenti teorie della fisica prediligono una struttura spaziale così complessa immaginiamo un essere che vive in un mondo a due dimensioni: un cerchio su un foglio di carta o meglio, per usare un esempio più concreto, immaginiamo un'ameba, un minuscolo protozoo, un essere di spessore infinitesimo, su un vetrino di microscopio senza capacità di muoversi verso l'alto. Esso striscerà sul suo mondo bidimensionale, la superficie del vetrino, e incontrando un suo simile sul suo cammino non potrà scavalcarlo, ma sarà costretto ad aggirarlo. Per amore di discussione e necessità divulgativa dell'autore, immaginiamo la nostra ameba dotata di una certa capacità di ragionamento. Osserverà, con la sua visione contenuta in uno spessore infinitesimo, le zampe di una pulce a lui vicina come un insieme di quattro oggetti puntiformi che si spostano in un modo tra loro coordinato. Non avendo percezione dell'altezza, quando la pulce lo scavalcherà saltando, sarà stupito di vedere i suoi oggetti danzanti, sparire alla sua vista per riapparire magicamente sul lato opposto senza aggirarlo contraddicendo quindi alla, a lui ben nota, legge della incompenetrabilità dei corpi. Le straordinarie avventure vissute da esseri confinati nelle due dimensioni di un mondo tridimensionale sono descritte nel famoso romanzo Flatlandia di Edwin A. Abbot, pubblicato nel 1884 e recentemente ristampato da Adelphi. L'esempio dell'incontro, dell'ameba, confinata nelle due dimensioni della superficie del vetrino, e della pulce, che invece vive nelle tre dimensioni, ci suggerisce come alcuni fenomeni, quindi anche alcuni aspetti delle leggi della fisica, potrebbero trovare una spiegazione semplice e risultare addirittura banali se li immaginassimo accadere in quattro o più dimensioni.

Da molto tempo i matematici sanno come trattare le extradimensioni. Bernhard Riemann il 10 giugno 1854, in un famoso seminario all'Università di Gottingen in Germania, introdusse per la prima volta uno sviluppo matematico con più di tre dimensioni. Non è invece possibile rappresentare compiutamente un oggetto quadri-dimensionale nel mondo tridimensionale della nostra esperienza quotidiana e tanto meno disegnarlo sul foglio bidimensionale. I tentativi di immaginare o rappresentare tali oggetti quadridimensionali risalgono all'inizio del secolo scorso e seguono essenzialmente due vie: la proiezione o lo sviluppo dell'oggetto nello spazio tridimensionale. Un primo modo di vedere un oggetto quadri-dimensionale è quello di considerare la sua proiezione nel sottostante spazio a tre dimensioni. Partiamo ancora una volta da quello che avviene per il cubo tridimensionale quando osserviamo la sua ombra nello spazio bidimensionale, Sul piano a due dimensioni possiamo "visualizzare" un cubo osservando la sua ombra che appare come un quadrato dentro un altro quadrato. I vertici dei due quadrati sono connessi da quattro spigoli.
Allo stesso modo un ipercubo a quattro dimensioni proiettato in tre dimensioni apparirà come un cubo dentro un altro cubo. Le facce opposte dei due cubi saranno connesse da quattro superfici.
Un'altra rappresentazione di successo del cubo quadri-dimensionale nelle tre dimensioni è quello dello sviluppo. Come analogia possiamo partire dall'ordinario cubo a tre dimensioni, consideriamone lo sviluppo in due dimensioni ottenuto "aprendo" le sue 6 facce (quadrati) sul piano.
Analogamente è possibile immaginare di "sviluppare" un ipercubo nello spazio tridimensionale. Si otterrà una croce tridimensionale composta di 8 cubi. Ovviamente, mentre ci è facile visualizzare la chiusura dei quadrati a formare il cubo, non possiamo concepire quella dei cubi tridimensionali a formare il cubo quadridimensionale.
Questa rappresentazione dell'ipercubo è entrata anche nella storia dell'arte con il famoso quadro delle crocifissione di Salvator Dalì che si può ammirare al Metropolitan Museum di New York.
Nel 1919 il matematico, polacco Theodor Kaluza, suggerì che l'universo in cui viviamo avesse quattro dimensioni spaziali. In questo spazio a quattro dimensioni le leggi dell'elettromagnetismo di Maxwell e della gravità di Einstein, che ci appaiono così diverse nelle tre dimensioni, discenderebbero le une dalle altre. Di questa teoria lo stesso Kaluza informò con una lettera Einstein che gli rispose interessato, invitandolo a svilupparla in maggiore dettaglio. Dopo il suo iniziale entusiasmo però, Einstein non ha altri contatti con Kaluza e sembra dimenticarla; nei suoi lavori e nella sua corrispondenza non se ne trova più traccia. Nel 1926 il matematico svedese riprende e completa la teoria di Kaluza. Le extradimensioni ipotizzate sono "curve", talmente "curve" da richiudersi completamente su se stesse. Immaginiamo che un tubo di gomma per innaffiare il giardino, di un centimetro o poco più di diametro, sia steso tra due pali a grande distanza, a un chilometro o più da noi. Noi non saremo in grado di distinguere lo spessore di quel tubo e potremo descriverlo come una linea, cioè come un oggetto a una sola dimensione. Una formica sulla superficie del tubo si muove nelle due dimensioni lungo e attorno al tubo, ma il movimento attorno al tubo non è percepibile dalla nostra distanza. Anche se sappiamo che esiste una dimensione avvolta su se stessa, questa non ha nessuna utilità pratica nelle nostre osservazioni macroscopiche e, se qualcuno ci chiedesse dove si trova la formica, gli daremmo solo la posizione lungo il tubo. C'è una grande differenza tra la dimensione lungo il tubo e quella attorno al tubo: la prima è estesa nello spazio ed è facilmente osservabile, la seconda è curva su se stessa, contenuta in uno spazio piccolissimo e potremmo percepirla solo se fossimo in grado di effettuare osservazioni con enorme precisione, una precisione tanto maggiore quanto più il tubo di gomma è piccolo. Le tre dimensioni che noi percepiamo sarebbero dunque estese ma potrebbero esistere molte altre dimensioni, purché tanto curve e raggomitolate da non averne percezione nella vita di tutti i giorni.. La teoria di Kaluza-Klein torna alla ribalta negli anni 80. I fisici e Raman Sundrum. ipotizzano che le extradimensioni spaziali non siano arrotolate su se stesse, ma che lo spazio si comporti invece come un tessuto a maglie, la cui tessitura è sempre più fitta man mano che ci si allontana dallo spazio tridimensionale in cui sono confinate tutte le particelle ordinarie. Le moderne teorie ipotizzano l'esistenza anche di 16 extradimensioni.. Una trama spaziale complessa e articolata che spiegherebbe perché la gravità ci appare cosi diversa dall'elettromagnetismo ed ipotizzerebbe l'esistenza ovunque attorno a noi di buchi neri infinitamente piccoli. Ecco perché i fisici attendono con grande interesse i risultati del nuovo acceleratore. Se la teoria delle extradimensioni fosse confermata dai dati sperimentali si tratterebbe di un cambiamento epocale della nostra concezione dell'Universo che avrebbe importanti conseguenze in tutti i campi della scienza. Il conto alla rovescia è gia cominciato.

 

Persapernedipiu
Extradimensioni

http://scienzapertutti.lnf.infn.it/Quark/g_index.html
http://scienzapertutti.lnf.infn.it/risposte/Scheda_multidimensioni.html
http://scienzapertutti.lnf.infn.it/risposte/ris307.html
http://scienzapertutti.lnf.infn.it/risposte/ris184.html


Large Hadron Collider

Vedi VivaVoce Numero 63 giugno 2007, pag 26
http://www.cern.ch/LHC
http://www.scienzagiovane.unibo.it


/Kaluza, Klein

http://scienzapertutti.lnf.infn.it/biografie/kaluza-bio.htm
http://scienzapertutti.lnf.infn.it/biografie/klein-bio.html


Randall ,Sendrum

http://scienzapertutti.lnf.infn.it/ breackingnews/seminariorandal.htm
http://www.springerlink.com/index/12k4166406747802.pd

Per la rubrica Quelli che la fisica... - Numero 71 maggio 2008