Sono una vostra assidua lettrice e ho sempre modo di apprezzare lo spazio che dedicate all'enogastronomia. Non sono un'esperta in materia, anche se il mondo che ruota intorno a un buon bicchiere di vino mi affascina sempre di più, per cui mi attengo a ciò che leggo nei giornali, in particolare quelli dei Castelli Romani.
Nel mese di febbraio 2008, sulle vostre pagine, l'enologo Sergio De Angelis fa un quadro non molto roseo sulla produzione del vino castellano: dice che, nonostante i dati statistici disponibili rilevati nel primo semestre 2007 sull'aumento dell'export a livello nazionale del mercato vinicolo registrino cifre molto interessanti (circa + 12% sia in valore che in volume), i dati relativi al Lazio non sono incoraggianti, anche perché non tutte esportano, raggiungendo nuovi mercati, come ad esempio quello indiano.
Apprendiamo che, se la flessione del vigneto Italia continua lentamente, nel Lazio assistiamo ad un vero tracollo (nel 2006 circa 3200 ettari in meno rispetto all'anno precedente). Siamo messi così male?
Come mai, si chiede De Angelis, non esiste ancora un vino dei tanti pregiati "nettari" dei Castelli Romani DOCG? Si temono forse controlli più severi?
Stesso rilievo anche su Controluce ove è apparso un articolo, a firma Mario Magi, in cui si legge testualmente: "I centri di rilevazione statistica e di marketing hanno segnalato senza mezzi termini un'inarrestabile diminuzione della superficie utilizzata a vigneti in particolare nel Lazio. Tale flessione è iniziata nel 2005 e proseguita nel biennio successivo".
Quali soluzioni per ovviare a ciò? Come riorganizzare la filiera vitivinicola, ad esempio valorizzando il docg Morellino o incentivando il turismo enogastronomico?
I vini dei Castelli non hanno più nulla da raccontare?
Attendo fiduciosa una risposta dagli esperti.
anonimo
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Gentile lettrice,
I vini dei Castelli, a nostro parere, hanno ancora molto da raccontare, nonostante il tracollo (estirpazione) dei vigneti.
Il problema è se vogliamo continuare a farlo e come farlo.
Iniziative per la valorizzazione dei vini non ne mancano, ma nello stesso tempo non possiamo non constatare che spesso esse sono parziali, settoriali e soprattutto non coordinate.
La Strada dei Vini dei Castelli Romani, la cui prima legge regionale istitutiva risale al 1978, non decolla. Si organizzano qua e là nei Comuni dei Castelli, feste, sagre, convegni, congressi vitienologici, ma spesso con poca convinzione e non rapportati con le problematiche del territorio.
Il Distretto Agroalimentare dei Castelli Romani e Prenestini (Distretto delle Eccellenze) ha ormai ottenuto un "riconoscimento formale da parte della giunta regionale", ma rimaniamo veramente molto perplessi di alcuni commenti riportati su un noto periodico locale. Leggiamo prima una presunta lode al progetto, in altre parole che l'iniziativa "dovrebbe essere uno strumento essenziale per il rilancio della filiera agroalimentare castellana come volano di sviluppo turistico, e non solo del territorio", e poi un dubbio amletico se "effettivamente è sostenibile un'idea dello sviluppo così delineata, e cosa possa venire di buono per coloro che non fanno del turismo la loro professione, ma che lo stesso hanno diritto a vivere in un territorio senza essere soffocati dai turisti".
Impossibile a questo punto non chiedersi se esiste la convinzione vera delle iniziative che si vogliono intraprendere e se non sono eccessivamente numerosi i "galli" che cantano, in altre parole il numero delle istituzioni preposte all'opera di sviluppo. Non è forse meglio delegare l'operatività ad un comitato ristretto, efficiente ed efficace e soprattutto responsabile e rapido a concludere?
E' inutile tendere la valorizzazione del singolo prodotto senza valorizzare prima il territorio. E' inutile elevare un vino doc a docg senza aver creato prima strutture territoriali tali da sopportare questi importanti cambiamenti. Il viticoltore-produttore in caso contrario rischierebbe di ritrovarsi nella poco simpatica condizione di avere una remunerazione più bassa!
Le iniziative annunciate non decollano in modo razionale e allora cosa succede? Succede che con il passar degli anni il viticoltore diventa economicamente sempre più debole e alla prima valida occasione si rivolge verso iniziative più proficue. L'estirpazione dei vigneti nel frattempo aumenta.
Come fermare o ridurre l'emorragia e rivalutare il territorio? La ricetta magica non la possediamo, ma certamente è necessario abolire i campanilismi ed avere una visione più ampia ed elastica delle problematiche da affrontare, creando un corpo dirigente snello, responsabile, con grande capacità di coordinamento e soprattutto con la voglia di "calpestare" e "capire" il territorio. Evitiamo di fare come gli antichi sciamani, che "pretendevano di materializzare gli oggetti desiderati con il solo nominarli. Nel loro caso almeno si trattava di fede autentica..."
Certamente le risoluzioni non sono facili, ma nonostante tutto desideriamo rimanere ottimisti, continuare a sperare e cercare di fornire dal nostro punto di vista e con molta modestia, qualche suggerimento.
Sergio De Angelis