Un po' di storia
L'antico insediamento di Tusculum, posto a circa 100 stadi dall'Urbe, sorge su una collina che sfiora i 700 m s.l.m. e domina l'intero comprensorio dei Colli Albani.
Il sito si trova al centro delle vie di comunicazione tra Etruria, Lazio e Campania: a Nord è servito dalla via Labicana, a sud dalla via Latina. Le prime attestazioni archeologiche di un insediamento si hanno tra il IX e l'VIII secolo a. C.
Il nome dell'abitato induce a credere che si tratti di una fase etrusca di occupazione del territorio, ma la tradizione attribuisce la fondazione di Tusculum al figlio di Ulisse e Circe, Telegono, ovvero al mitico re Silvio di Alba Longa. La nobile gens romana dei Mamili, che di Tusculum era originaria, vantava infatti di discendere dalla figlia di Telegono Mamilia, e di annoverare tra i suoi avi quel nobile Ottavio Mamilio, genero di Tarquinio il Superbo e dittatore della città , che avrebbe preparato lo scontro tra la Lega latina e Roma, rea di aver espulso il suo re.
La battaglia decisiva tra le due potenze ebbe luogo nel 499 (496 a. C. per la datazione offerta da Varrone) presso il Lago Regillo e vide gli stessi Dioscuri intervenire per assicurare a Roma la palma della vittoria. Il Foedus Cassianum stipulato tra le parti poco dopo impose una pace perpetua e assicurava parità di diritti e di doveri tra i firmatari, nonché l'obbligo di vicendevole aiuto in caso di pericoli esterni. E così avvenne: Tuscolo salvò Roma dall'attacco dei Sabini e a sua volta, tra il 460 e il 459 a.C., fu salvata dai Romani dall'invasione degli Equi. Divenuta municipio nel 381 a.C. circa, ottenne la piena integrazione a Roma: i suoi cittadini furono iscritti nella tribù Papiria.
Durante la guerra civile, nell'82 a.C., la cittadella risultava tra i partigiani di Mario, ma la fortuna volle favorito Silla e Tusculum fu destinata ad accogliere una importante colonia di veterani.
In età tardo-repubblicana la località fu prediletta dall'aristocrazia romana che fece costruire suntuose ville nell'ager Tusculanus, tra cui Cicerone, Silla, e gli imperatori Tiberio, Nerone, Galba, Commodo e Matidia Augusta.
Tra questi nomi certamente quello più intimamente connesso a Tusculum è quello di M. Tullio Cicerone (106-43 a.C.): nei primissimi anni degli anni '70 sembra aver acquistato in zona un saltus (un terreno selvoso o da pascolo), nel 69 ebbe a difendere in tribunale il tuscolano Marco Fonteio e l'anno successivo comprò nel comprensorio una villa, probabilmente appartenuta a Silla, per lo più identificata coi resti rinvenuti presso villa Rufinella. Fu per l'oratore e politico un luogo di ritiro e riflessione, ove visse alcuni momenti tra i più significativi della sua vita, non ultima la morte della figlia Tullia. Sempre qui nel Tusculum Cicerone trascorse i mesi successivi a questo lutto interrogandosi sulla vita, la morte, il dolore, riflessioni che confluirono nelle celeberrime Conversazioni al Tusculum (Tusculanae disputationes). La villa venne abbandonata allorquando, alla pubblicazione della lista di proscrizione, il nome di Cicerone comparve tra i primi nomi dei nemici di Antonio.
Per tutto il III secolo d.C. Tuscolo e in generale tutti i centri connessi con le vie consolari e gli antichi percorsi di crinale (mai abbandonati) prolificarono. Per l'età tardo antica, invece, non solo si hanno pochissimi documenti letterari, ma anche rare testimonianze archeologiche, queste ultime concentrate principalmente nelle aree cimiteriali di ad Decimum, sulla via Latina, e di S. Zotico, sulla via Labicana, utilizzate sino al V secolo (l'area martiriale continuò ad avere frequentazione religiosa certa sino al IX secolo).
Il municipio di Tusculum subì certamente violente devastazioni durante le invasioni barbariche, che indussero la popolazione, progressivamente, a cercare rifugio in altri centri della regione, in primo luogo Roma: per i secoli III e IV i dati archeologici attestano infatti un graduale ma inesorabile abbandono del sito, cui contribuì certamente anche il supposto trasferimento, fino all'XI secolo, della sede episcopale in altro centro.
Le antichità romane
L'antico centro di Tusculum è collegato a Frascati da una strada, costruita agli inizi degli anni '50 del secolo scorso, che si inerpica in salita fino a raggiungere i 670 m. dell'acropoli. Gli scavi ottocenteschi fatti eseguire da Luciano Bonaparte e poi da Maria Cristina di Sardegna, moglie del re Carlo Felice, diretti dal Biondi e dal Canina, permisero di mettere in luce le strutture antiche e i materiali scultorei ed epigrafici, che offrono una testimonianza illuminante dell'importanza del sito.
Iniziamo la visita del sito archeologico partendo dall'estremità occidentale, dove si conservano i resti dell'anfiteatro (80 x 53 m), costruito all'esterno delle mura e realizzato in parte sfruttando le pendici della collina e in parte, sul lato nord-ovest, in muratura. Gli accessi sono solo due e si trovano sull'asse principale. Sulla parte inferiore, costruita in opera quadrata di peperino, si impostano i muri che sorreggono la cavea, realizzati in opera mista di reticolato e mattoni. La datazione, basata sui bolli laterizi, è da fissarsi alla metà del II secolo d.C.
Ad Est dell'anfiteatro si conservano le sostruzioni in opera reticolata e mista, pertinenti ad una grandiosa costruzione, che si sviluppò in due fasi: una del I e l'altra del II secolo d.C. Nel XVI secolo l'edificio venne identificato come villa di Cicerone, poi attribuita a Tiberio. E' più probabile, invece, che si tratti di un santuario del tipo a terrazze su sostruzioni, di impianto scenografico ad imitazione dei grandi santuari greci di età ellenistica. Si tratta di una tipologia architettonica molto diffusa nel Lazio in età tardo-repubblicana il cui esempio più noto è costituito dal santuario della Fortuna Primigenia di Palestrina. Livio e Macrobio attestano un tempio di Giove a Tusculum, che però gli archeologi sono più propensi a ricercare sull'acropoli.
Nulla è ora visibile delle domus scavate nell'800 nei pressi di questa struttura e i cui materiali (sculture e frammenti di pitture parietali) sono conservati nel castello di Agliè (Torino), dove sono raccolti i materiali rinvenuti durante gli scavi di Maria Cristina.
La strada antica che percorre tutto il pianoro poco prima del Foro si biforca: seguendo il tratto di sinistra si giunge presso un segmento delle mura, in opera quadrata a grandi blocchi di peperino, nei cui pressi vi era una fontana, alimentata da una cisterna. Quest'ultima si compone di un ambiente rettangolare coperto da una falsa volta ad aggetto, probabilmente realizzato in più fasi in età medio-repubblicana. La fontana, il cui bacino appare interrato, è posteriore; si conserva l'iscrizione dedicatoria, che ricorda gli edili che la fecero costruire: Quinto Celio Latiniense e Marco Decumio. Probabilmente Celio è lo stesso ricordato da Cicerone, proconsole nel 67.
Dal ramo destro della biforcazione si giunge al Foro, ampio piazzale che conserva parte del lastricato in sperone. Gli scavatori ottocenteschi lo descrivono come una piazza delimitata da un porticato di colonne corinzie: da qui provengono numerose iscrizioni (conservate nella villa della Rufinella) e sculture di grande valore artistico e documentario, pertinenti ad una galleria di personaggi locali, che si erano distinti per le loro imprese e benemerenze, secondo un uso diffuso in tutto il mondo romano su modello di Roma stessa, dove nel Foro si elevavano le statue onorarie dei personaggi più illustri. La datazione di queste opere è da porsi nella tarda età repubblicana, come conferma anche il rinvenimento di uno dei più noti ritratti di Cesare, ora a Torino. E' sicuramente in questo periodo che la piazza forense fu sistemata: alle statue repubblicane si aggiunsero poi in età imperiale quelle di privati e di imperatori, come quella loricata di Augusto, quella di Antonia maggiore, le teste di Nerone Druso e di Caligola: tutte opere disperse in vari musei d'Europa (Agliè, Musei Vaticani, Parigi, Leningrado e Berlino).
Il lato orientale della piazza si appoggia alla scena del teatro; sulla sommità della cavea è incisa l'iscrizione commemorativa della visita di Gregorio XVI, il 7 ottobre 1839, alla regina Maria Cristina. La cavea, addossata alla collina retrostante, presenta i gradini molto restaurati; sulla sua sommità doveva essere un portico, i cui resti furono visti nell'800. La cavea è separata dall'orchestra con un pluteus (parapetto). La frons scenae (struttura della scena) è di pianta rettangolare, ma senza le nicchie curvilinee consuete in età imperiale, una caratteristica che permette di fissare la data di costruzione del teatro nella prima metà del I secolo a.C. Questa cronologia è confermata dalla contemporaneità del portico retrostante dalle strutture architettoniche in pietra vulcanica, con doppio ordine ionico e corinzio, e dalle basi iscritte di epoca repubblicana, pertinenti a piccole statue poste tra le colonne. Queste statue rappresentavano, come si deduce dalle epigrafi, personaggi mitici legati alla leggenda delle origini di Tusculum: Telegono, il leggendario fondatore, e Telemaco, anch'egli figlio di Ulisse. Nei pressi del teatro si conservano i resti di un'altra fontana ad emiciclo gradinato, alimentata da una cisterna rettangolare, divisa in quattro navate da tre ordini di cinque pilastri, probabilmente contemporanea al teatro.
La strada antica prosegue verso l'acropoli, ma delle cui strutture antiche nulla si conserva sebbene le fonti letterarie e diverse iscrizioni rinvenute nei pressi documentino un tempio dedicato a Castore e Polluce, i divini gemelli protettori della città , quello di Giove e un santuario di Iside.
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La storia di Tuscolo nel Medioevo così come le vicende relative alla scoperta dei suoi antichi monumenti saranno oggetto delle prossime trattazioni