Nel corso del X secolo l'antico municipio di Tusculum, abbandonato durante il periodo delle invasioni barbariche per luoghi più sicuri e protetti, fu testimone di un deciso incremento demografico che portò ad una nuova occupazione stabile del territorio.
Questo insediamento sembra aver risposto, nell'immediato, alla necessità di controllo delle principali vie di connessione col Meridione così come delle fondamentali risorse idriche del Lazio (si ricordino in primo luogo le fonti di Squarciarelli e di Pantano Borghese). La fertilità del suolo, di origine vulcanica, e l'abbondanza di acqua favorì contestualmente la riformazione di piccole entità di produzione particolarmente rigogliose.
Verso la fine del medesimo secolo nella zona a sud di Roma si affermò il potere di una specifica famiglia aristocratica che i documenti pervenutici indicavano con l'appellativo de Tuscolana, evidenziando il forte radicamento che questa famiglia ebbe nel territorio dell'antica cittadella latina. L'ipotesi attualmente più accreditata vuole questa famiglia discendere da Teofilatto, generale vincitore dei Saraceni sul Garigliano nel 915 e ricco latifondista romano, che ricoprì le funzioni di giudice palatino (Judex Palatinus), Senator Romanorum e amministratore dei beni e delle entrate del Papa (Sacri Palatii Vestararius). Più precisamente il capostipite della casata "de Tuscolana" sembra si debba identificare in un tal Gregorio, praefectus navalis a Roma, noto per essere uno dei maggiori attori nella lotta all'imperatore Ottone III, nonché capo della repubblica romana nei primi mesi del 1001.
In breve tempo un'abilissima politica di controllo del soglio pontificio assicurò potenza e floridezza a questa casata tuscolana, come attestano i discendenti di Gregorio chiamati a occupare la cattedra di Pietro tra il 1012 e il 1044. I papi Benedetto VIII, Giovanni XIX e Benedetto IX furono inoltre affiancati da un membro della famiglia che, rivestendo una delle più importanti cariche dello Stato, garantiva un completo controllo del governo civile di Roma da parte dei Tuscolani (il fenomeno è noto con l'appellativo di "papato aristocratico"). Tuscolo divenne il centro da cui si irradiava il dominio della famiglia su tutta la valle latina sotto l'amministrazione di un Comes Tusculanensis.
Dalla congrega Tuscolana, nel corso dell'XI secolo, sembra sia nata anche la potentissima famiglia dei Colonna, nome derivante probabilmente dalla omonima cittadella laziale ovvero dal quartiere romano in cui risiedeva, quello della Colonna Traiana.
L'apogeo della famiglia di Tusculum e, di conseguenza, della sua roccaforte per eccellenza, si ebbe tra XI e XII secolo: durante il dominato di Gregorio III (morto intorno al 1126) la famiglia mirò a consolidare il controllo sul territorio soprattutto grazie ad una politica di donazioni di terreni e piccole chiese alle principali congregazioni monastiche dell'epoca. La loro politica fu sempre filoimperiale e ferocemente antipapale, tanto che un rappresentante della casata giunse a sposare una figlia di Enrico V e lo stesso Barbarossa fu ospite illustre del castello.
Fortemente invisi al Papa, che nel corso del XII secolo aveva riacquisito buona parte dei territori nella Valle Latina, e al neonato Comune di Roma, i Conti di Tuscolo iniziarono ben presto ad accusare la pressione dei potenti nemici e si avviarono inesorabilmente verso il tramonto a causa della mediocrità dei loro ultimi rappresentanti. Nel 1167 Rainone, ultimo conte di Tuscolo, grazie all'aiuto dell'esercito del Barbarossa sbaragliò l'esercito nemico dei Romani a Prataporci, ma non riuscì a salvare Tuscolo, Rainone, infatti, incapace di mantenere il controllo del territorio, cedette la roccaforte al Papa che, per placare la sete di vendetta dei Romani fece abbattere parte delle mura della città e colmare i fossati di protezione. Subito dopo, quando il Papa firmò con il Comune di Roma gli accordi che gli assicuravano il rientro in città dopo un cinquantennio di esilio, Tuscolo fu prima privata completamente delle sue mura difensive (1188), quindi distrutta nel 1191 essendo venuto meno anche l'appoggio imperiale: Enrico VI, in cambio della promessa dell'incoronazione nell'Urbe, ritirò infatti l'ultimo presidio militare di stanza nella città .
Si avviò così un processo irreversibile di abbandono ed oblio, con la conseguente perdita della memoria della esatta ubicazione dell'antica città che nel corso dei secoli umanisti e illuministi inutilmente ricercarono. Nella seconda metà del XVI secolo i rinvenimenti e gli scavi condotti nel territorio segnarono una ripresa degli studi, senza però riuscire a risolvere il problema dell'ubicazione dell'antico centro tuscolano.
Ancora alla fine del '700, dopo gli scavi effettuati dai Gesuiti, proprietari del fondo fino al 1774, il Tuscolo appariva in uno stato di desolante abbandono: pochi i visitatori, rare le raffigurazioni di pittori e disegnatori. Durante una gita estiva a Frascati, nel 1786, l'antiquario ed erudito danese Friedrich Münter rimase comunque affascinato dai resti ancora visibili e dal meraviglioso panorama.
Per i primi determinanti progressi nella conoscenza storica e monumentale di Tusculum, bisogna arrivare alla prima metà dell'Ottocento, cioè all'età d'oro dell'archeologia tuscolana, quando dal 1807 al 1841, a seguito delle campagne di scavo intraprese e alla pubblicazione dei risultati ottenuti, si arrivò al riconoscimento del sito e dei suoi complessi monumentali. Fu grazie a Luciano Bonaparte, fratello di Napoleone, che il Tuscolo ritornò al centro degli interessi eruditi, diventando straordinariamente famoso. Il futuro principe di Canino, allora proprietario della villa Rufinella e dell'area tuscolana, promosse nuovi scavi archeologici e consistenti lavori di abbellimento del parco. Il limite degli scavi di Bonaparte è tuttavia da individuare nella finalità perseguita, nel mero desiderio di ritrovare sculture per ampliare la propria collezione di antichità e per guadagnare dalla vendita di alcune di esse a Parigi.
La prima rappresentazione topografica dell'intera area archeologica tuscolana è dell'archeologo A. Nibby, pubblicata nel suo Viaggio antiquario ne' contorni di Roma del 1819, in cui sono indicati i resti dei due teatri, il portico e la via antica, le mura ed acquedotto, con nuove vedute dell'area eseguite dal disegnatore S. Pomardi.
Dopo che Luciano Bonaparte lasciò Tuscolo nel 1817, l'intero possedimento fu acquistato nel 1820 da Maria Anna di Savoia, figlia di re Vittorio Amedeo III, che mai si interessò al sito antico né pensò di intraprendervi scavi.
Il luogo, per l'ameno paesaggio naturale e per le rovine romane, continuò ad esercitare su italiani e soprattutto stranieri un fascino costante, divenendo una delle mete preferite dei viaggiatori colti. Il volume Monumenti antichi del circondario di Roma. Giornata tuscolana, edito dall'abate Angelo Uggeri nel 1824, una sorta di guida erudita, costituisce una testimonianza della fortuna dell'antico Tusculum agli inizi dell'800. L'abate, architetto e archeologo, individua il fascino del luogo proprio nella perfetta compenetrazione tra monumenti dell'architettura moderna, resti antichi e lo spettacolo della natura. A sancire definitivamente la fama del luogo fu la visita del papa Gregorio XVI nell'ottobre 1839. Essa avvenne nell'ambito di un rinnovato interesse di studi determinato dal programma promozionale intrapreso da Maria Cristina di Borbone, che nel 1838, dopo la morte del marito Carlo Felice re di Sardegna, si stabilì fino al 1842 nella Villa Rufinella, promovendo una campagna di scavo nell'antico sito, in cui furono coinvolti due personaggi di grande spicco: l'archeologo, marchese Luigi Biondi e l'architetto, cavaliere Luigi Canina. Il merito del successo di questi scavi si deve, fino al 1838, alla feconda collaborazione dei due studiosi e, dopo la morte del Biondi, all'impegno assunto dal Canina di rendere pubblici i risultati degli scavi. L'attività di ricerca sul campo si completò, quindi, con la redazione di un volume di sintesi sulle conoscenze della storia della città , compresi gli aspetti prettamente archeologici. La poliedrica personalità del Canina lo spinse anche ad intraprendere il restauro del teatro e la sistemazione del complesso del foro per renderlo accessibile ai visitatori: è il primo esempio di perfetta e moderna gestione di un'area archeologica. E' chiaro che la sua opera non fu esente da errori, non tanto metodologici, ma d'interpretazione: gli scavi successivi hanno permesso di precisare la funzione di alcune strutture, il rapporto tra esse e di restituire una pianta del foro diversa da quella stilata dal Canina.
Sono gli scavi effettuati a partire dal 1994 dalla Scuola Spagnola di Storia e di Archeologia a Roma, in collaborazione con la Soprintendenza Archeologica per il Lazio e con il supporto dell'XI Comunità Montana del Lazio "Castelli Romani e Prenestini", che hanno finalmente permesso la comprensione delle caratteristiche storico-archeologiche di Tusculum, in un periodo compreso tra l'VIII-VII secolo a.C. e la distruzione definitiva della città nel XII secolo.
Tuscolum: dal medioevo agli inizi dell’Ottocento
parte seconda
Per la rubrica
Archeologia
- Numero 75 ottobre 2008
Maria Barbara Savo |
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