(Tafter)
Originariamente il design è nato come insieme di attività di ricerca, ideazione e progettazione con lo scopo di realizzare un qualsiasi prodotto materiale o immateriale (da un semplice arredo ad un più elaborato software) e assisterne la sua collocazione sul mercato. Un processo da collocare nell'ambito dell'industria (si parla di "industrial design") ma che con il tempo ha sviluppato diverse applicazioni specifiche sempre più legate alla diffusione di un prodotto (e di un concetto) attraverso la sua particolare progettazione grafica e una immediata comunicazione visiva studiata "ad hoc". Non a caso si parla oggi di "communication design".
Laboratori delle nuove tendenze del design sono state e sono ancora i grandi spazi urbani, laddove il pubblico numeroso e vario è dato dal mescolarsi delle generazioni, dal costante flusso di visitatori che portano impulsi esterni, dalla consapevolezza di trovarsi nel cuore delle invenzioni della moda, dell'architettura e dell'arredo. E' la grande città , quindi, a essere diventata lo spazio di condivisione e di visibilità per il design moderno, un laboratorio che si concentra proprio su ciò che nasce, cresce e trova destinazione nel territorio urbano a partire dalle strategie di illuminazione pubblica e degli interni (lighting design), gli arredi di appartamenti e uffici (furniture design) o l'attenzione verso le passerelle della moda (fashion design).
Di fronte all'assodato binomio tra città e design della comunicazione ad alcuni maestri della creatività italiana è però venuto in mente di lanciare una sfida: e se il design si trasferisse anche in campagna? Lo stimolo è innovativo: misurarsi non più soltanto con gli spazi urbani ma con luoghi e tradizioni fino a oggi ai margini del mondo del design. Ambienti rustici, forme più morbide, un'infinità di occasioni che intrecciano tutti i sensi, non ultimo il palato. Non potrebbero forse le nuove tendenze del design sbizzarrirsi liberamente coniugando le tradizioni del territorio agricolo alle innovazioni del disegno creativo? Lo scopo ultimo è ambizioso quanto stuzzicante: valorizzare le usanze della campagna superando i canoni classici. All'opera, con una molteplicità di nuovi messaggi da studiare non più in funzione dei centri urbani, vi saranno, ognuno con soggetti diversi, circa venti designer, tutti operanti in Italia, che si daranno appuntamento dal 9 all'11 maggio in terra di Monferrato, a cavallo tra le Province di Asti ed Alessandria. Ad attenderli otto spunti di lavoro, tutti ispirati agli elementi del territorio agricolo e al suo risvolto enogastronomico. In particolare il punto di partenza comune della "Designescapade" (questo il nome dell'iniziativa) sarà la "riflessione sulla creatività legata al convivio". Da qui ogni designer sarà chiamato, chi in cucina, chi in cantina, chi nella sala da pranzo a riprogettare e ricomunicare la creatività "di campagna". Parola chiave: nessun preconcetto. Chi l'ha detto, ad esempio, che l'etichetta di una bottiglia di vino non possa essere cambiata nella forma, nel formato o addirittura nella sua funzione stessa? Potrebbe per esempio essere ideata un'etichetta "da asporto", non più semplicemente "passiva", con il solo scopo di essere osservata e interpretata, ma capace di entrare nella casa del suo destinatario come oggetto artistico o come contenuto che ha catturato l'attenzione grazie al suo messaggio innovativo. Ma al di là delle etichette, la campagna offre al designer innumerevoli possibilità di mettersi alla prova. Perché no, anche con i tanti strumenti entrati nell'uso comune, a volte vere e proprie sintesi tra tecnologia e tradizione, spesso sprovviste del nome del loro inventore. Ecco quindi una bagnacaudiera che supera il suo uso comune strettamente "culinario" per diventare un accessorio "da passeggio". E se designer, maître e chef diventano alleati? Certamente si prospetta una "mise en place" del banchetto conviviale particolarmente ingegnosa, aperta alle più nuove interpretazioni capaci anche di ispirare i marchi italiani per la tavola. O ancora si possono ideare nuovi "lumi di candela", bagliori altamente suggestivi in grado di prolungare un tramonto naturale e creare un originale scenario per le cene più romantiche. Ma il designer nella cucina di campagna è soprattutto chiamato a studiare nel dettaglio l'incontro tra ricette contadine ed attrezzi, senza dimenticare il tocco di ingegno anche ai vari supporti da degustazione. Insomma non v'è oggetto o alimento "di cascina" su cui il design non possa dire la sua. Persino il raviolo del Plin, simbolo della gastronomia piemontese, può essere oggetto di indagine per stabilire se esistono margini per una rilettura "formale" o "d'uso" che ne evolva il carattere. Una riflessione che è tutt'altro che fine a sé stessa. In ballo c'è un'eventuale nuova strategia di comunicazione in grado di mettere maggiormente in risalto la natura del prodotto specifico oppure un'idea per proporre il consumo del Raviolo del Plin nel quotidiano. E chissà che, dopo tutte queste "scappate", il design in campagna decida di tornarci. Sì perché può darsi che incontri molte applicazioni, tutt'altro che meramente teoriche e concettuali ma anche pratiche e di supporto alla promozione e al commercio.