Girato quasi interamente in Spagna, soprattutto in Andalusia, tra Almeria e Granada, con alcuni esterni a Dublino, il film conta anche alcune scene girate nel Lazio, sembra a Manziana, e - ed è una nostra scoperta - anche nel territorio dei Castelli Romani. Nelle cave di Palazzolo, infatti, Leone allestisce il set delle grotte di San Isidro, girando una memorabile sequenza del film.
Giù la testa racconta la storia di una singolare amicizia sullo sfondo della rivoluzione messicana: John (James Coburn), militante dell'IRA, grande esperto di esplosivi, e Juan (Rod Steiger, forse nella sua migliore interpretazione), brigante messicano rozzo e ribaldo (memorabile l'incipit del film con la minzione del peones ripresa in dettaglio), che alla fine diventa, suo malgrado, un eroe. Ovviamente a Leone non interessa la rivoluzione messicana in sé, quanto la rivoluzione come simbolo, come metafora. Semmai con la sua miscela di anarchia e lotta di classe, banditismo e incoscienza, la rivoluzione messicana si prestava perfettamente per ricreare quella miscela esplosiva (è proprio il caso di dirlo!) di epico e picaresco, eroismo e avventura, violenza e ironia, ideologia e spettacolo che contraddistingue il cinema di Leone. Più che concentrarsi su un'accurata ricostruzione storica, il regista romano vuole ricreare lo spirito mitico della rivoluzione, non esitando a colorare gli avvenimenti storici con allusioni tratte da altre vicende. «Parto da una situazione storica assunta come pretesto - afferma Leone - e da un genere come il western per dire di più. I cadaveri nella grotta, le fucilazioni nelle fosse, la fuga del governatore in treno, corrispondono per me (e il pubblico italiano lo capisce) a degli episodi precisi della lotta contro il fascismo, sopratutto le Fosse Ardeatine e la fuga di Mussolini (l'ufficiale che cerca di fuggire travestito da civile e viene fucilato alla schiena è interpretato da un capo macchinista che è il sosia di Mussolini giovane)».
Le grotte di Palazzolo, come dicevamo, sono trasformate nel film di Leone nelle grotte di San Isidro, rifugio scelto dai ribelli messicani per sfuggire alle truppe governative, ma che diventa in realtà una trappola mortale. Dopo aver decimato l'esercito nemico, grazie allo stratagemma del ponte minato, John e Juan raggiungono finalmente il nascondiglio dei rivoluzionari, ma ad attenderli sarà una triste scoperta. I ribelli, molti dei quali sono gli stessi prigionieri politici liberati a malincuore da Juan nei cavaeu della banca dove erano stati rinchiusi (Jaun pensava in realtà di svaligiare montagne d'oro), sono stati infatti brutalmente massacrati dalle truppe nemiche. Tra le vittime c'è il padre di Juan e tutti i suoi cinque figli (ancora un altro riferimento alla Resistenza con la tragica storia dei fratelli Cervi). Si tratta di una delle sequenze più intense e struggenti del film, oltre che più significative (il massacro dei suoi familiari convince definitivamente Juan alla causa della rivoluzione), con le celebri carrellate di Leone che mostrano grovigli di corpi senza vita ammucchiati nelle cavità delle grotte. Una sequenza resa ancor più toccante dalla musica dolcissima di Morricone (indimenticabile il leitmotiv del film Sean Sean) e dalla fotografia calda e avvolgente che rende pressoché irriconoscibile il suggestivo paesaggio dei Castelli Romani. Nelle grotte doveva svolgersi anche un'altra sequenza, poi tagliata in fase di montaggio, che mostrava i rivoluzionari riuniti con aria preoccupata e confusa.
Le cave di Palazzolo saranno utilizzate dal cinema anche in altre occasioni. È qui che avviene l'eruzione del vulcano filippino nel film I cacciatori del cobra d'oro (1982), B movie realizzato sulla scia del successo de I predatori dell'arca perduta da Antonio Margheriti (autore in Giù la testa degli effetti speciali), e sempre nelle grotte di Palazzolo sono state girate diverse scene del curioso thriller Una lama nel corpo (1966) di Lionello De Felice.
Sergio Leone a Palazzolo: Giù la testa (1971)
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Cinema
- Numero 75 ottobre 2008