Nella gustosa antologia gastronomica degli autori Laura Grandi e Stefano Tettamanti, appetitose storie di cibo e di cucina degli scrittori più amati della letteratura di tutti i tempi.
Un viaggio nel cibo, nelle sue manifestazioni e nei suoi significati più reconditi dove l'atto del nutrirsi, diviene tema precipuo di una composizione letteraria. Grazie alla descrizione delle diverse procedure utilizzate nella realizzazione di un piatto, delle sensazioni che ne accompagnano la scelta degli ingredienti costitutivi, dei ricordi legati alla condivisione della mensa e all'atto stesso del cucinare, prende corpo l'universo immaginifico della "gastroletteratura". E l'appassionato lavoro di ricerca condotto nei "Racconti gastronomici" (Einaudi, 2012), analisi confluita e condensata in una selezione di 39 componimenti letterari, ci restituisce l'essenza stessa del piacere di vivere, perché come afferma Joseph Conrad «Si può discutere e si può, al limite, diffidare degli intenti di qualsiasi brano di prosa, ma il proposito di un libro di cucina è uno e inequivocabile. Il suo unico obiettivo concepibile non può essere che accrescere la felicità degli esseri umani». E non a caso l'antologia che ci apprestiamo ad esplorare, sontuoso banchetto letterario allestito ed infarcito con granitici capolavori della letteratura mondiale, è preannunciato da un'intrigante prefazione degli autori, intitolata "La felicità in cucina". Nel gustoso preambolo, Laura Grandi e Stefano Tettamanti si interrogano su alcuni grandi quesiti legati al cibo ed alla produzione letteraria ad esso ascrivibile: Perché, mai come oggi, si parla tanto di cibo? Per quale ragione i principali mezzi di comunicazione di massa gestiscono rubriche gastronomiche? Di cucina e di alimentazione, nel nostro tempo, si parla veramente molto.
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"Lo scrittore che non parla mai di mangiare, di appetito, di fame, di cibo, di cuochi, di pranzi, mi ispira diffidenza, come se mancasse qualcosa di essenziale. " Aldo Buzzi
E se è vero che in passato il cibo è stato protagonista incontrastato di innumerevoli ricettari gastronomici redatti nel corso dei secoli e giunti sino ai nostri giorni, oggi l'arte culinaria ha di fatto conquistato oltre che la carta stampata, anche il piccolo schermo, monopolizzato attraverso decine e decine di programmi televisivi dedicati all'argomento. Situazione analoga nella grande rete, dove spopolano siti internet "consacrati" all'arte del mangiar bene e dove gli internauti, attraverso i blog, si scambiano ricette, commenti, esperienze sensoriali e consigli inerenti l'alimentazione. Nell'eterogeneo ed articolato rapporto tra cibo e parola "Secondo alcuni, il vantaggio principale di leggere di cose da mangiare invece che mangiarle e basta è che non si ingrassa; per chi ama leggere i vantaggi invece sono diversi altri. Ad esempio leggere di cibo può far ridere molto più di quanto non faccia ridere mangiare la miglior torta di riso, o commuoversi più di quando si sbuccia una cipolla, o spaventare più di un film horror, o meravigliare più di un piatto fiabesco". A partire dalla Bibbia, dove a causa di una mela, Adamo ed Eva furono allontanati dalle delizie del paradiso terrestre, non esiste opera letteraria in cui il cibo non sia contemplato, seppur in modo marginale, e, attraverso la descrizione di un piatto, un autore "è in grado di dirci tutto dei suoi protagonisti e molto di sé". Diffidate dunque dello scrittore che "non parla mai di mangiare, di appetito, di fame, di cibo, di cuochi, di pranzi", afferma Aldo Buzzi nei suoi "Appunti di gastronomia". E diffidate soprattutto di un cosciotto d'agnello, come quello utilizzato da Joanne Harris nel suo "Gastronomicon", arma insolita per un orrendo delitto. Al Festival dell'aragosta del Maine, scelte etiche e complesse disquisizioni filosofiche sui prelibati crostacei, per il corrispondente David Foster Wallace. Mentre Boccaccio, Clarice Lispector ed Emilio De Marchi, scelgono come protagonista del proprio racconto, uno fra gli animali da cortile più diffusi: la gallina. Anton Čechov opta per un piatto di ostriche, Varlam Šalamov ci parla del pane, John Cheever dei dolori del gin, mentre in compagnia di Mario Soldati ci avventuriamo in una Roma "sconfinata di ore e di secoli", ammaliati dal sapore indimenticabile della pagliata. Dino Buzzati prosegue il viaggio, trasportandoci nell'atmosfera tetra e malinconica di un Natale del 1944, quando neanche un panettone faticosamente reperito sottobanco, riesce a mitigare il gusto amaro e rassegnato di un giorno di guerra.
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"Non ho mai conosciuto nessuno le cui parole fossero meglio di un buon pranzo." Dino Campana
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Il cibo e la sua dimensione fantastica rivivono poi nel celeberrimo racconto dei Fratelli Grimm "Hansel e Gretel", e nei componimenti narrativi di E.T.A. Hoffmann, Gianni Rodari e Achille Campanile, quest'ultimo impegnato nella risoluzione di pressanti interrogativi: "Chi sarà stato l'inventore, ad esempio, dei fichi col prosciutto. Come gli sarà venuto in mente questo geniale accoppiamento?". E a proposito di Newton e la scoperta della gravitazione universale...Lo scienziato sarebbe giunto forse alla medesima conclusione se invece che sotto un albero di mele, si fosse trovato sotto un albero di cocco? Difficile a dirsi... Completano inoltre la sezione dedicata al "cibo fantastico" nomi illustri come Filippo Tommaso Marinetti con il suo Manifesto dedicato alla cucina futurista e Piero Chiara, ideatore di una coinvolgente ed avventurosa ricerca del fungo-trifola. Storie "affamate" negli episodi narrati da John Fante, Ernest Hemingway, Carlo Dossi e Dario Fo, mentre Giancarlo Fusco, ospite di Gabriele D'Annunzio alla mensa del Vittoriale, finisce con lo svelarci il mistero de "La chitarra" dell'imaginifico, ovvero l'origine della pasta alla chitarra. E altri insigni autori completano la golosa silloge, un viaggio nell'essenza stessa del vivere, perché se alimentarsi è uno dei bisogni primari per l'uomo, la letteratura di contro, rappresenta l'indispensabile nutrimento per la nostra dimensione spirituale. Come afferma Conrad la cucina è un atto morale, è una questione di sanità mentale, "La cucina coscienziosa favorisce la serenità della mente, la grazia del pensiero e lo sguardo indulgente sulle debolezze del nostro prossimo, unica genuina forma di ottimismo. Questi sono i titoli per cui merita il nostro rispetto".
La magia di una sera d'estate romana in compagnia di Mario Soldati: nel sapore antico di un piatto di frattaglie e un bicchiere di vino di Grottaferrata, gli echi nostalgici di "un tempo, fuori dal tempo comune"...
La Pagliata
Ogni anno, quando l'estate è al colmo, accade, contro mia speranza, e nonostante miei minuti progetti e preparativi anche estremi, che il lavoro mi trattenga a Roma. E sono qui solo. Abbandonato dalla famiglia, abbandonato dagli amici e dalle compagnie consuete. La giornata passa nel lavoro, rapida, senza pensieri. Ma ecco il golfo della sera, ecco la voragine della notte estiva romana, calida, ventilata, sconfinata di ore e di secoli [...] Vivo a Roma da trent'anni; eppure non v'è notte d'estate, se esco in giro per i vecchi quartieri, che non scopra una di queste strane piazze: voglio dire, una che non avevo mai visto, dove non avevo mai messo piede. [...] Al Cardello, in via del Cardello angolo via Frangipane, Nino Rota e l'amico professor Verginelli mi avevano invitato a gustare la pagliata una notte dello scorso anno: nel colmo dell'estate, come adesso. Adesso ci sono tornato e, me l'aspettavo, ho ritrovato tutto uguale: identiche luci solitarie e spaziate, identiche immense ombre su per le fiancate dei palazzoni.[...] Ecco l'ostessa del Cardello. E' padrona e cuoca; e i suoi figli sono i camerieri: biondi, pallidi, magri, sorridenti, intelligenti, raffinati, tanto diversi dall'abituale cliché del trattore romano. [...]. Ed ecco, sul tavolo rustico e comodo, accanto al vino di Grottaferrata, secco quanto un vino romano può esserlo, ecco finalmente la famosa pagliata. La pagliata è un piatto tradizionale, antichissimo, della cucina romana. E' l'intestino tenue secondo del manzo, detto la digiuna o il digiuno, perché sempre vuoto se non del chimo, e cioè di quella pasta omogenea, viscosa, lattiginosa, che è come il sugo ultimo della digestione, il vero e puro elemento nutritivo. La pagliata va mangiata soltanto il giovedì sera, e cioè soltanto la sera dello stesso giorno in cui si macella. Va accuratamente liberata dal grasso in cui è immersa, e dalla sottile pelle che l'avvolge. Poi tagliata a ciambelle, e legata da un capo e dall'altro, così che, cuocendo, il chimo non esca. Può essere cucinata in vari modi. Ma soprattutto in umido o al forno. Meglio al forno, o sulla gratella, con brace di carbone di legna. E' un sapore straordinario: come se un formaggio, invece di esservi sparso sopra per condimento, fosse naturalmente racchiuso nel cibo stesso: quel chimo gustato di sorpresa, nella sua vita fermentante. Sale, pepe, olio e un goccio di vino completano la preparazione della pagliata arrosto: che, se freschissima, è tenera, croccante, profumata: un piatto prelibato, una delicatezza, o, per dirla con Apicio, una polytéleia, una sontuosità , un lusso. Chiudo gli occhi mentre assaporo, e penso al mio maestro Ettore Stampini, alle lezioni su Persio, al calidum sumen, mammella di scrofa ripiena del suo latte. Riapro gli occhi: ciò che vedo, il colore rosso delle mura, questo scenario di pietra e mattoni, si accorda perfettamente con ciò che assaporo: qualcosa di fermentato, di forte, di bruciante e tuttavia piacevolissimo: come una eccitante eppure ferma familiarità con le potenze infernali della corruzione e del fermento, della morte e della vita, un sorriso pio verso ogni male, anche il proprio. Gli Dei... A questo punto, consumata la pagliata, sentendomi forse già cedere in qualcosa, o sentendo nascere anche in me come il principio di quella mostruosa familiarità , senza farmene accorgere dai gentilissimi miei commensali, sospirai. Ormai capivo a che cosa essi sorridevano. Stavo forse per sorridere anch'io? No, o non ancora, almeno. Pensavo sempre alle mie valli, alle mie rocce vere, alle nevi e ai torrenti tra gli abeti, e mormoravo in segreto: - Ah, que ne suis-je assise à l'ombre des forêts! Così quest'anno. Ma anche quest'anno, al Grottaferrata, troppo lieve per reggere in fondo un pasto così robusto, l'ostessa sostituisce da ultimo un passito violento, molto alcoolico. [...]
(Il brano riportato in corsivo è tratto da Racconti gastronomici, a cura di Laura Grandi e Stefano Tettamanti, Torino, Einaudi, 2012)
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La ricetta
Pagliata in umido
Ingredienti per 4 persone:
1 kg di pagliata; 1 costa di sedano, 1 cipolla, 1 carota, 1 spicchio d'aglio; prezzemolo; 1 cucchiaio di strutto; un po' di lardo; 1 bicchiere di vino bianco; 400 g di salsa di pomodoro; sale; pepe.
Preparazione:
Dopo aver eliminato l'eventuale grasso e spellato la pagliata, privandola della sottile pellicina che la ricopre esternamente, tagliatela in pezzi della lunghezza di circa 20-25 centimetri. Ripiegate le due estremità e legatele con un sottile spago da cucina in modo da farle assumere l'aspetto di piccole ciambelle. Ponete in un tegame la pagliata assieme ad un cucchiaio di strutto ed al lardo, aggiungete la cipolla, la carota e il sedano affettati, lo spicchio d'aglio, il prezzemolo e dopo averla condita con il sale ed il pepe fate rosolare per una decina di minuti sfumando poi con il vino bianco. Quando quest'ultimo sarà evaporato aggiungete la salsa di pomodoro, bagnate con abbondante acqua e proseguite la cottura a tegame coperto e fuoco dolce per circa due ore.
* Il sugo ottenuto può essere utilizzato per condire, come vuole la tradizione, il riso, (cotto nell'intingolo e insaporito con del pecorino romano grattugiato) o i rigatoni, fatti cuocere a parte, conditi con il sugo ed il formaggio e guarniti con le ciambelle di pagliata.
* Lo strutto e il lardo possono essere sostituiti, se si preferisce, da olio extravergine d'oliva.
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La ricetta
Pagliata arrosto
Cottura alla brace
Ingredienti per 4 persone:
1 kg di pagliata (preferibilmente di vitello); strutto o olio extravergine di oliva q.b., sale, pepe.
Preparazione:
Dopo aver mondato e legato la pagliata, così come descritto nella ricetta precedente, ungete le ciambelline ottenute con l'olio extravergine di oliva o con lo strutto fuso. Fate quindi cuocere la pagliata su brace di carbone di legna, adagiandola su di una graticola. A cottura ultimata condite con sale e pepe.
Cottura al forno
Ingredienti per 4 persone:
1 kg di pagliata (preferibilmente di vitello); strutto o olio extravergine di oliva q.b., 2 spicchi d'aglio; 1 kg di patate; rosmarino o rametti di finocchietto selvatico essiccato, sale, pepe.
Preparazione:
Dopo aver spellato e legato le frattaglie, adagiate le ciambelle di pagliata in una teglia, ben unta di olio o strutto; aggiungete quindi due spicchi d'aglio e le patate tagliate a spicchi; condite bene con olio, sale, pepe e rosmarino (o in alternativa con finocchietto selvatico essiccato). Fate cuocere per 25-30 minuti a 180°-200° fino a quando la pagliata e le patate saranno dorate.
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Per saperne di più: suggerimenti di lettura
Maria Grazia Accorsi, Personaggi letterari a tavola e in cucina. Dal giovane Werther a Sal Paradiso, Palermo, Sellerio, 2005