"Alchimie culinarie", prodigi e artifici di uno chef geniale, capace di fondere e rendere unici i sapori e gli aromi dei migliori piatti della tradizione indiana, singalese e ayurvedica.
Ricette di antichissima origine "modernizzate" grazie all'imprescindibile abilità personale del cuoco indiano tamil e all'impiego delle tecniche di preparazione della cucina molecolare."
«...Ho capito che la cucina non è altro che trasformazione. Da freddo a caldo, da duro a morbido, da aspro a dolce. Ecco perché sono diventato cuoco. Sono affascinato da tutto ciò che è trasformazione..» «Vorrei fare molto di più. Trasformare il già trasformato. Prendere il morbido nato dal duro e farlo diventare croccante. O spumoso. O fondente. Voglio trasformare il consueto in nuovo, l'atteso in sorprendente»
Torna l'eclettico Martin Suter, lo scrittore, sceneggiatore televisivo e reporter, noto anche nel campo pubblicitario; torna con un bestseller internazionale che in Germania ha raggiunto il primo posto nella classifica dello «Spiegel», la rivista settimanale tedesca con maggior tiratura, ottenendo analogo risultato in Svizzera e Austria. Con "Il talento del cuoco", edito in Italia dalla Casa Editrice Sellerio, Suter ci trasporta nelle atmosfere della sua città natale, Zurigo, e nella fattispecie, in un ristorante di lusso della metropoli, una sorta di microcosmo che diviene paradigma della Confederazione elvetica e del mondo globalizzato. Sullo sfondo, il crollo economico mondiale del 2008-2009; mentre Obama vince il suo primo mandato, la crisi inghiotte interi comparti produttivi, il mercato finanziario è allo stremo, le banche sull'orlo del fallimento. "Come se bastasse ripararsi sotto una campana di vetro per sfuggire all'uragano imminente, il piccolo paese alpino, che aveva cominciato ad aprirsi, si richiude in se stesso", e sul palcoscenico di questa scena apocalittica, si muove un esercito silenzioso di immigrati, costituito in gran parte da indiani tamil della diaspora, iracheni e africani, giunti in Svizzera per sfuggire alla guerra e per trovare un attività lavorativa che consenta loro di supportare economicamente i propri familiari, rimasti nei paesi d'origine. Molti di essi, entrati in territorio elvetico con lo status di rifugiati sono costretti per sopravvivere, a svolgere le mansioni più umili e talora alcuni si prestano a compiere, inevitabilmente, anche attività illecite e degradanti. Con sagacia e misurata ironia Suter isola fra questa moltitudine, l'intricata e per molti versi emblematica esistenza di Maravan Vilasam un giovane indiano tamil "decisamente alto, naso dritto, piccoli baffi curati", che lavora come sguattero in uno dei più prestigiosi punti di ristorazione di Zurigo. "Chez Huwyler", il locale nato come quasi tutti i ristoranti più noti nel periodo della nouvelle cuisine, seppur ormai obsoleto negli arredi quanto nella stoviglieria, è ancor oggi, nonostante la crisi economica e la conseguente flessione del numero di utenti, uno fra i più frequentati della città. Il proprietario Fritz Huwyler, dotato di un'apprezzabile dialettica e di una naturale capacità comunicativa, cura con particolare dedizione le pubbliche relazioni con l'affezionata clientela, rappresentata per lo più da uomini d'affari, politici e liberi professionisti. Consapevole dell'imprescindibile necessità di apportare una ventata di originalità e modernità nella gestione, nel tentativo di aumentare e consolidare il consenso della clientela, sbaragliando la concorrenza ed ampliando di conseguenza gli introiti, Huwyler ha dapprima rinnovato l'immagine del personale, mutandone l'abbigliamento, per poi rivolgere subito dopo la sua attenzione al menu, i cui piatti classici o quasi sono stati in parte "valorizzati con l'introduzione di alcuni elementi di cucina molecolare". Una cucina che si avvale di conoscenze scientifiche, inerenti le proprietà fisiche e chimiche degli alimenti e soprattutto di applicazioni tecnologiche legate a innovativi metodi di cottura, allo scopo di ottenere "piatti nuovi, nuovi sapori e nuove architetture microscopiche"; i piatti vengono realizzati inoltre senza l'impiego di sostanze chimiche additive e privilegiando l'utilizzo di ingredienti naturali e di alto livello qualitativo al fine di migliorare il valore nutrizionale e il benessere di chi mangia, così come si evince dalla lettura di alcuni principi cardine in materia, statuiti nel Manifesto della Cucina Molecolare Italiana*. Nelle lussuose cucine del ristorante "Chez Huwyler", lavora dunque come semplice sguattero Maravan, un indiano tamil, rifugiato politico, in quanto proveniente dallo Sri Lanka, il paese dilaniato dalla guerra combattuta tra il governo e le forze separatiste delle "Tigri Tamil" (LTTE) che lottano per la creazione di uno stato indipendente nel nord e nell'est dell'isola. Sebbene secondo la rigida gerarchia vigente in cucina, gli vengano affidati i compiti più umili, il giovane tamil, "aggraziato come un danzatore del tempio", crea delle vere e proprie opere d'arte, con passione, accuratezza e rapidità incredibili tanto che spesso, i cuochi dello Huwyler, ne sfruttano la geniale creatività attribuendosi la paternità delle sue composizioni. E quando, terminato il turno di lavoro, fa ritorno a casa, nella sua cucina Maravan continua ad esercitare la sua "arte", perché proprio attraverso l'atto del cucinare ritrova il legame con la sua terra e la sua cultura: nei suoi piatti trionfano gli aromi e i sapori dell'India del Sud e della sua "lacrima" lo Sri Lanka, patrimonio genetico della sua infanzia, trascorsa dopo la morte dei genitori periti tragicamente durante le persecuzioni del 1983, nella cittadina di Jaffna. Sotto la guida della prozia Nangay, abile cuoca custode dei segreti della cucina tradizionale e ayurvedica, Maravan aveva infatti appreso fin da bambino le prime nozioni dell'arte culinaria, ed in seguito la passione per la materia lo aveva spinto ad ampliarne le conoscenze con preparazioni "speciali e segrete che la donna confezionava per clienti discreti, costituiti da coppie con notevole differenza di età". E ogni volta che friggeva delle foglie fresche o preparava del curry sul fornello della sua cucina, gli sembrava di "vedere ancora davanti a sé una donna piccola e magra con i capelli e il sari che profumavano di curry e cannella". Con innata eleganza, Maravan miscela dunque sapientemente gusti e fragranze appartenenti alla tradizione culinaria indiana, singalese e ayurvedica avvalendosi delle tecniche di preparazione della cucina molecolare. Le spezie rappresentano l'essenza stessa della sua creatività: dal coriandolo, usato in particolare nella preparazione del chutney (la mostarda indiana) e della polvere di curry**, alla curcuma (che conferisce il tipico colore giallo), al pepe bianco, passando per il cumino, lo zafferano, lo zenzero, la cannella e i semi di senape. Le sue originali ricette sono arricchite inoltre dal cardamomo, dal peperoncino, dal tamarindo, noto anche come "dattero indiano" (uno dei principali acidificanti della cucina indiana), e dalle foglie di curry e di pandano (rampe). Aromi usati finanche sotto forma di speciali miscele come il garam masala, un assemblaggio di spezie, dalla composizione variabile, utilizzato per conferire sapore alle carni e agli stufati; il tandoori masala, mix di spezie usato per aromatizzare piatti a base di pollo, il chaat masala impiegato per insaporire frutta e verdure ed il sambol, di tradizione singalese, un condimento realizzato anch'esso con componenti variabili polverizzati assieme al peperoncino. Le spezie, ritenute indispensabili per esaltare le peculiarità gustative ed olfattive dei cibi e dunque "caratterizzare" le preparazioni gastronomiche - in quanto dotate di profumi e gusti forti e penetranti - sono sostanze vegetali considerate essenziali anche nella medicina ayurvedica che attribuisce loro importanti proprietà curative; l'ayurveda è infatti una scienza medica millenaria che si compone di otto rami (discipline), e l'ottavo - vajikarana -, attiene proprio alla "cura degli afrodisiaci", rappresentati da talune spezie. Questo patrimonio di conoscenze, tramandatogli dalla prozia Nangay, unitamente allo straordinario talento personale e alle tecniche di preparazione e cottura degli alimenti mutuate dalla cucina molecolare apprese nel locale di Huwyler, fanno di Maravan un artista di cucina poliedrico, raffinato e seducente. Un cuoco "dall'olfatto e dalle qualità stupefacenti", disvelate per la prima volta in occasione della cena organizzata nella sua abitazione al novantaquattro di Theodorstrasse, per Andrea, l'affascinante e disinibita cameriera che lavora nel suo stesso ristorante. Per lei Maravan cucina il vero curry, preparazione tradizionale della sua terra, unitamente ad una serie di piatti realizzati "con afrodisiaci ayurvedici usati in modo nuovo e audace". Un menu sorprendente e originale che non tarda a manifestare i suoi effetti...E quando entrambi, al termine di una serie di rocambolesche vicende, vengono licenziati dal ristorante di Fritz Huwyler è proprio Andrea a suggerire a Maravan l'apertura di un catering dal nome evocativo di "Love Food", specializzato nell'organizzazione di cene a domicilio, utilizzate come terapia per coppie in crisi, a base di piatti realizzati con prodotti naturali afrodisiaci. Per far fronte ai suoi impegni nei confronti dei familiari rimasti in Sri Lanka e racimolare il denaro per il loro sostentamento Maravan accetta quindi la proposta di Andrea, con la sola clausola che il "Love menu" venga distribuito unicamente a coppie sposate, per non venir meno ai suoi principi ed alla sua educazione. E così tra mini chapati con essenza di cocco, curry e cannella, cordons di lenticchie, curry di gombo o di pollastro, sfere dolci-piccanti al cardamomo e cannella e gelati di ghee alla liquirizia e miele, la cucina della passione, aumenta a dismisura il numero dei suoi adepti. Le antiche ricette afrodisiache della tradizione ayurvedica reinterpretate da Maravan attraverso i dettami della cucina molecolare, attraggono una clientela composita costituita da coppie benestanti, uomini d'affari, personalità del mondo politico, ma anche "personaggi ambigui che vivono ai margini del potere e della ricchezza". Dall'isola intanto giungono gravi notizie riguardanti la sua famiglia: la prozia Nangay è gravemente ammalata e bisognosa di costosi medicinali, e il giovane nipote è stato reclutato dalle forze separatiste tamil come soldato-bambino. Maravan disperato, per procurarsi il denaro necessario per salvarli, decide allora di compiere anche "le cose sporche" cucinando il suo cibo per tutti coloro che siano disposti a pagarlo, senza distinzioni di sorta. La sua clientela si amplia così includendo un esclusivo circolo di escort e numerosi clienti di Huwyler da lui conosciuti, che in segreto lo frequentano. Si tratta di personaggi di primo piano, legati all'alta finanza, ma anche di loschi figuri dediti al contrabbando nucleare e al commercio illegale di armi. Il cambiamento di rotta giunge repentino quando Maravan scopre però di aver preparato inconsapevolmente i suoi deliziosi manicaretti in occasione di una cena, grazie alla quale si è concretizzato un lucroso affare inerente una fornitura di trasporti cingolati, dismessi dalle forze armate svizzere e inviati all'esercito dello Sri Lanka. In quel preciso momento sente di non poter più far parte di un meccanismo perverso di morte e distruzione, di un mondo in disfacimento dove il dio denaro decide le sorti dei più deboli e degli indifesi e soprattutto, di non poter venire a patti con la propria coscienza. Con un finale indimenticabile, inatteso come un colpo di teatro, tinto di giallo come la curcuma con cui Maravan condisce i suoi piatti gustosi, Martin Suter suggella il suo romanzo: un'istantanea sul mondo elvetico, sulla crisi economica, sugli immigrati e sulla società multietnica ma anche al tempo stesso, una disamina sulla guerra, sul sesso e sul sentimento amoroso. Un racconto fluido, sintetico, costruito con una prosa asciutta e priva di retorica, avvincente e reale come i suoi protagonisti, in cui il cibo diviene metafora e disegna i contorni di una possibile rinascita personale e collettiva.
*Il fisico Davide Cassi e lo chef Ettore Bocchia, hanno pubblicato nel 2003 il volume, Il gelato estemporaneo e altre invenzioni gastronomiche, testo nel quale è contenuto il Manifesto della Cucina Molecolare Italiana (v. Bibliografia).
** Miscela di spezie variamente assortita, impiegata per condire e conferire sapore al cibo (tipico abbinamento è quello con il riso); in Occidente sono comunemente dette curry, le specialità indiane in umido.
[...] C'erano odori che potevano anche rimanere attaccati al corpo, ma non erano quelli che regnavano nelle cucine del paese in cui viveva ora. Erano quelli che aleggiavano intorno a Nangay. Quando lei buttava nell'olio bollente nove foglie di curry provenienti dalle piante che crescevano davanti alla piccola cucina, nell'aria si diffondeva un profumo che Maravan voleva portare con sé il più a lungo possibile. Proprio come il profumo della cannella. «Usane sempre in abbondanza» diceva Nangay. «Oltre a essere profumata, ha anche un buon sapore. Disinfetta e favorisce la digestione, inoltre si trova dappertutto e costa poco». [...] Mise una padella sul fuoco più piccolo, ci versò dell'olio di cocco e aprì la porta-finestra che dava sul balcone. [...] In camera erano ordinatamente allineati i vasi con le piantine di curry, tutte di età diversa, tutte con un sostegno di bambù. [...] Staccò due ramoscelli, ciascuno con nove foglie, poi tornò in cucina, li buttò nell'olio bollente e aggiunse un pezzo di cannella lungo circa dieci centimetri. Poco a poco l'aria cominciò a profumare d'infanzia. In un armadietto teneva tutto il necessario per la distillazione: un pallone, un tubo refrigerante, un recipiente di raccolta, due supporti, un termometro e un tubo flessibile in PVC. Assemblò con cura gli elementi di vetro in modo che il pallone si trovasse sopra uno dei fornelli a gas, riempì una vasca del lavandino con acqua fredda e aggiunse dei cubetti di ghiaccio presi dal congelatore. Dopodiché immerse il tubo in PVC nell'acqua, attaccò un'estremità al rubinetto e collegò l'altra al tubo refrigerante. Il profumo di cocco, curry e cannella si era ormai sprigionato completamente. Maravan versò il contenuto della padella in un recipiente a bordo alto di pirex e lo lavorò con il frullatore a immersione fino a ottenere un composto liquido e uniforme color nocciola che trasferì nel pallone. Dopo aver acceso il fuoco, prese l'unica sedia della cucina e si sedette vicino all'improvvisato impianto di distillazione. Doveva tenere tutto sotto controllo. Sapeva per esperienza che scaldando troppo il liquido avrebbe alterato l'aroma. Aveva provato già diverse volte a ricavare questa essenza, a distillare il profumo della propria infanzia. Non ci era ancora riuscito. Il vetro del pallone cominciò ad appannarsi, apparvero le prime gocce, che subito si moltiplicarono e presero a scorrere, lasciando tracce trasparenti nella condensa. La temperatura del vapore aumentò rapidamente fino a cinquanta, sessanta, settanta gradi. Maravan abbassò la fiamma e aprì piano il rubinetto. L'acqua fredda percorse il tubo in PVC, riempì il tubo refrigerante e attraverso un altro tratto di tubo finì nello scarico del lavandino. [...] Si alzò, mise due manciate di farina di grano in una ciotola, aggiunse dell'acqua tiepida e un po' di ghee, poi si riaccomodò sulla sedia e cominciò a impastare. [...] L'impasto era morbido ed elastico. Maravan posò la ciotola e la coprì con un canovaccio pulito. [...] Cadde la prima goccia di distillato, chiara e trasparente. Ne seguì un'altra, poi un'altra ancora. Ben presto cominciarono a scendere a ritmo rapido e regolare. Maravan tentò di concentrarsi su quello che stava facendo, sulle gocce che cadevano una dopo l'altra, susseguendosi come secondi, minuti, giorni e anni. Rimase così per un po', finché il contenuto del pallone non si ridusse a un paio di centilitri e le gocce non si esaurirono. Maravan aprì il piccolo rubinetto e fece uscire l'acqua, conservando solo l'olio essenziale nella parte inferiore del recipiente. Dopo averlo unito al concentrato del pallone, lo avvicinò al naso. Profumava di curry, cannella e cocco. Ma non era quello che voleva: l'essenza che nasceva dalla fusione dei tre elementi nella padella di Nangay posta sul fuoco di legna. Staccò dalla parete una tawa, una pesante padella di ferro, e la sistemò sul fuoco, quindi spolverò un po' di farina sul piano di lavoro accanto al fornello e usando l'impasto che aveva preparato diede forma a un paio di chapati. Non appena la padella fu abbastanza calda, mise a cuocere la prima focaccina e la fece colorire su entrambi i lati. Ancora una volta il profumo lo riportò indietro nel tempo. [...] I chapati erano pronti. Ne prese uno, ci versò sopra un po'di concentrato fresco, chiuse gli occhi e inspirò il profumo. Poi diede un morso, masticò bene, lo tenne in bocca e con la lingua lo portò al palato, espirando lentamente dal naso. Di tutte le prove andate male, questa meritava il secondo voto più alto: nove. Nel taccuino «Estratti» annotò data, ora, ingredienti, tempo di distillazione e temperatura. [...] Con un evaporatore rotante avrebbe potuto ripetere l'esperimento che aveva appena tentato inutilmente, avrebbe potuto impostare la temperatura e il tempo più adatti, senza il rischio di bruciare tutto e di alterare il sapore. [...]
La ricetta
MINI CHAPATI CON ESSENZA DI COCCO, CURRY E CANNELLA
Ingredienti: (Le quantità indicate sono calcolate per due commensali)
65 g di farina di grano; 40 ml di acqua tiepida; 1 cucchiaino di ghee.
Procedimento: Lavorare la farina, l'acqua e il ghee, possibilmente con le mani, fino a ottenere un composto morbido ed elastico. Impastare per circa 8 minuti, coprire con una garza e lasciar riposare per un'ora. Infarinare le mani e formare delle palline di composto grandi quanto una biglia. Spargere un po' di farina sulla superficie di lavoro, appiattire e stendere le palline. Cuocere le focaccine in una padella di ghisa calda e asciutta, facendo colorire su entrambi i lati, e servire subito.
Essenza di cocco, curry e cannella
Ingredienti:
100 g di olio di cocco; 9 foglie fresche di curry; 1 stecca di vaniglia pestata grossolanamente.
Procedimento: Mettere tutti gli ingredienti nell'evaporatore rotante, regolare la temperatura a 50° C e lasciare in funzione per circa un'ora. Per l'essenza si può utilizzare il distillato del recipiente di raccolta o il concentrato del pallone; Maravan li usa mescolati. Servire l'essenza in una pipetta insieme ai chapati.
(Ricetta tratta dal "LOVE MENU" di Maravan)
[...] Ora era nella cucina di Andrea, finalmente libero di cucinare quello che preferiva, senza badare alle proprietà afrodisiache dei piatti. Aveva a disposizione un arsenale da cucina più vasto che mai e poteva sperimentare senza limiti. Erano due giorni che si dava da fare coi preparativi. Il menù comprendeva versioni sperimentali di classici indiani. [...] Nel nuovo bagnomaria digitale, a sessantacinque gradi precisi, cuocevano le costolette di agnello insieme ai pollastri tandoori, un'altra delle sue invenzioni. [...]
La ricetta
POLLASTRO TANDOORI AL PROFUMO DI FAGGIO CON GELATINA DI POMODORO E PEPERONE
Ingredienti: (Le quantità indicate sono calcolate per quattro commensali)
2 pollastri disossati, 1 spicchio d'aglio tritato; 10 g di zenzero tagliato a dadini; 1 peperoncino tagliato finemente; 8 semi di coriandolo schiacciati; 1 punta di garam masala; sale; 1 limone, succo e buccia; 30 g di yogurt.
Mettere il pollastro nel sacchetto per il sottovuoto e aggiungere il composto ottenuto mescolando gli altri ingredienti. Chiudere il sacchetto e cuocere a 65° C a bagnomaria per 20 minuti. Completare la cottura del pollastro con una breve rosolatura in padella.
Gelatina di pomodoro e peperone
Ingredienti: 100 ml di succo di pomodoro; 100 ml di succo di peperone rosso; 20 g di ghee; 2 g di agar-agar; 1 cucchiaino di farina di faggio per affumicatura.
Procedimento:
Mescolare i due succhi con il ghee e l'agar-agar, portare a ebollizione e versare in uno stampo rettangolare. Lasciare al freddo per due ore, quindi tagliare in pezzi della forma desiderata. Scaldare in forno a 90° C. Impiattare il pollastro, guarnire con la gelatina e aggiungere un po' di sugo di cottura. Coprire con una campana di vetro. Bruciare la farina di legno nella pipa elettrica e convogliare il fumo sotto la campana. Affumicare al massimo per un minuto e servire subito.
(Ricetta tratta dal "MENU PROMOZIONE" di Maravan)
[...] Anche il ghee con pepe lungo, cardamomo, cannella e zucchero di palma venne reinventato. Maravan versò nell'evaporatore rotante una miscela di acqua naturale e zucchero, aggiunse le spezie e fece ridurre della metà, quindi unì alginato di sodio e gomma di xantano, aspettò che le bolle d'aria svanissero e formò delle palline con il cucchiaio porzionatore. Le immerse in una miscela di acqua e lattato di calcio e in pochi minuti la loro superficie diventò liscia e brillante. Con una siringa monouso iniettò una piccola quantità di ghee caldo nelle palline per poi ruotarle rapidamente tra le mani e richiudere il foro d'ingresso. Per finire le riscaldò a sessanta gradi. Le avrebbe servite come dessert. [...]
La ricetta
SFERE DOLCI-PICCANTI DI GHEE AL CARDAMOMO E CANNELLA
Ingredienti: (Le quantità indicate sono calcolate per due commensali)
Base speziata
200 ml di acqua di cocco; 40 g di ghee; 2 frutti di pepe lungo; 1 capsula di cardamomo ; 1 punta di cannella in polvere; 40 g di zucchero di palma; 0,5 g di gomma di xantano, 2 g di lattato di calcio.
Lavorare il ghee e le spezie nel mortaio fino a ottenere una pasta morbida. Scaldarla e aggiungere gli additivi, mescolando con l'acqua di cocco. Lasciar riposare finché in superficie non compaiono la prime bolle d'aria. Scaldare leggermente prima dell'utilizzo.
Soluzione: 500 ml di acqua minerale; 2,5 g di alginato di sodio.
Mescolare i due ingredienti e lasciar riposare.
Procedimento:
Con un cucchiaio semisferico formare delle palline di composto speziato e immergerle nella soluzione. Aspirare del ghee riscaldato in una piccola siringa monouso e applicare l'ago. Iniettare un po' di ghee in ciascuna sfera, senza estrarre dalla soluzione, e far ruotare subito per richiudere il foro. Aspettare 3-5 minuti, pulire in acqua, coprire con la pellicola trasparente e scaldare a 60° C.
(Ricetta tratta dal "LOVE MENU" di Maravan)
(I brani riportati in corsivo sono tratti da Martin Suter, Il talento del cuoco, Palermo, Sellerio, 2012)
Le ricette di Maravan, riportate in appendice al testo, sono in parte ispirate a quelle contenute nel volume di Heiko Antoniewicz (Heiko Antoniewicz, Klaus Dahlbeck, Verwegen kochen : Molekulare Techniken und Texturen, Stuttgart, Matthaes Verlag, 2008) e modificate dallo stesso autore per consentirne la realizzazione anche in una cucina dotata di un'attrezzatura non particolarmente dispendiosa.
Per saperne di più
Bibliografia e suggerimenti di lettura
Cucina indiana, singalese e ayurvedica
- Joe Cummings, Teresa Cannon, Mark Elliott, Ryan Ver Berkmoes, Sri Lanka, Torino, EDT, 2006
- Amadea Morningstar e Urmila Desai, La cucina ayurvedica : proprietà nutritive e terapeutiche dei cibi e delle combinazioni alimentari, Vicenza, Il Punto d'Incontro, 2006
- Walter Pedrotti, La cucina indiana, Firenze, Giunti, 2007
- Jody Vassallo, Le basi della cucina indiana : 80 ricette illustrate passo a passo, Milano, G. Tommasi, 2012 (include 25 ricette ayurvediche)
- Yamuna Devi, La cucina vegetariana classica dell'India : contiene insegnamenti e ricette dell'antica tradizione alimentare indiana, Quarto Inferiore, Om Edizioni, 2013
- Francesca Federici, Viaggio in Sri Lanka, Viterbo, La Caravella, 2013
Gastronomia e cucina molecolare
- Davide Cassi, Ettore Bocchia, Il gelato estemporaneo e altre invenzioni gastronomiche, Milano, Sperling & Kupfer Editori, 2005
- Hervé This, I segreti della pentola : guida di gastronomia molecolare, Milano, Jaca Book, 2005
- Anne Cazor, Christine Liénard, Manuale di cucina molecolare : 20 tecniche per comprendere : 40 ricette per provare, s. l., Bibliotheca Culinaria, 2009
- Rolf Caviezel, Cucina molecolare, Lodi, Bibliotheca Culinaria, 2009
- Hervé This, Pentole & provette: nuovi orizzonti della gastronomia molecolare, Roma, Gambero Rosso, 2009
- Hervé This, La scienza in cucina : piccolo trattato di gastronomia molecolare, Bari, Dedalo, 2010