"Per un menu rispettoso del dettato antico, consapevoli del momento che coniuga il sacro al profano e la gioia alla devozione, occorre cercare il corretto equilibrio tra il pescato e la gallina, il fritto e il lesso, le salse e il brodo, il dolce e il salato, una punta di aspro e un tocco di piccante, accostando ai dolci morbidi i biscotti secchi, le creme al marzapane, con un occhio al palato e l'altro al Presepe, giacché è pur vero che il rito è pagano, ma l'occasione resta religiosa, ed è dunque importante rammentare che, seppure ci troviamo riuniti intorno a una tavola ricoperta d'ogni bene, siamo chiamati a celebrare l'Avvento di nostro Signore Gesù Cristo, il figlio di Dio fattosi uomo per mondarci dal peccato..."
Un romanzo imbevuto dei sapori e delle fragranze della costiera amalfitana, ambientato dall'autore Franco Di Mare, giornalista, inviato di guerra e conduttore televisivo, nell'immaginario ed imbelle paesino di Bauci. In questo luogo chimerico, il cui nome rimanda ad evidenti trascorsi mitologici, lo chef Procolo Jovine, attore principale della narrazione, gestisce un rinomato ristorante dove è possibile assaporare i piatti tradizionali della cucina partenopea. Procolo ha ereditato l'attività dal padre che gli ha trasmesso anche la sua stessa passione nel confezionare pietanze dal gusto indimenticabile, prodotte con materie prime di qualità superiore e nel pieno rispetto della tradizione gastronomica del territorio. E proprio in virtù di queste insuperate peculiarità , il suo ristorante è considerato il migliore del paese. Mancano ormai soltanto ventitré giorni a Natale e nella grande cucina già fervono i preparativi per il pranzo del 25 dicembre: un appuntamento ormai "leggendario", in grado di far tornare gli adulti bambini, grazie alla magia di sapori e profumi di un tempo lontano, evocati e resi tangibili attraverso piatti della tradizione, realizzati con antiche ricette autoctone tramandate da generazioni. Non a caso, i privilegiati ospiti del ristorante "Da Liborio", non mancherebbero per nessun motivo al mondo all'inimitabile ed opulento simposio natalizio e per questo, le loro prenotazioni, arrivano anche un anno prima. Come prescrive la consuetudine, la cena della Vigilia, in quanto pasto dell'Attesa, è rigorosamente di magro e dunque a base di pesce e verdure. Il pasto ha inizio con il caratteristico "spaghetto alle vongole", per poi proseguire con una profumata e golosa frittura di pesce: capitone - il pesce serpente, emblema del male, mangiato per scongiurare la malasorte - e baccalà . In memoria dell'episodio narrato nei Vangeli relativo alla moltiplicazione dei pani e dei pesci, non possono inoltre mancare tra i secondi piatti, la spigola "all'acqua pazza" o cotta al forno e l'orata, accompagnate da verdure come i tipici broccoli al limone. Altro piatto tradizionale imperdibile è la cosiddetta "insalata di rinforzo", preparata per la cena della Vigilia a corredo delle portate di pesce caratterizzanti la cena di magro, "come sostegno", per supplire alla mancanza di carni e latticini. La preparazione base include cavolfiore lesso, acciughe, olive, peperoni dolci e piccanti, conditi con olio, sale e aceto. E a Natale? Il giorno dedicato alla celebrazione della nascita del Salvatore reca sulla tavola la "Minestra maritata", singolare connubio tra verdure di stagione (verza, broccoletti, cicoria) e carne di maiale, manzo, lardo e pancetta. E come in buona parte delle regioni italiane non manca il brodo di gallina, nel quale vengono cotti i "vermicelli". Alla minestra si accompagna naturalmente il lesso di carne bianca, con contorno di broccoletti al limone e "insalata di rinforzo". Il simposio si conclude, sia per quanto concerne la cena della Vigilia che il pranzo natalizio, con i dolci tipici della tradizione partenopea: gli "struffoli", costituiti da palline di pasta frolla fritte, ricoperte di miele e cosparse di confettini e canditi; i "mostaccioli" di forma romboidale e ricoperti da una glassa di cioccolato, un tempo preparati, come ci ricorda l'etimologia del nome, utilizzando il mosto; i "roccocò", ciambelline dure, a base di pastafrolla e mandorle e aromatizzate con cannella, anice stellato, chiodi di garofano, noce moscata e scorza di arancia e limone, consumate solitamente bagnate nel vino bianco o nel marsala, i "susamielli", a base di miele e dalla caratteristica forma di una "S"; la "pasta reale", un impasto di mandorle dolci tritate finissime e zucchero, modellato nelle forme più svariate, il cui nome sembra risalga ai tempi di Re Ferdinando IV che ebbe modo di assaggiare questa golosa preparazione durante una visita al convento delle monache di San Gregorio Armeno. Un banchetto fastoso, immaginato e costruito da Procolo, senza tralasciare nessun dettaglio, controllando la provenienza e vagliando la genuinità di ciascun prodotto impiegato nelle sue preparazioni. "Perché un piatto fatto a regola d'arte è il contrario dell'approssimazione". Nella gestione dell'attività di ristorazione il noto chef è affiancato anche dalla moglie Rosa, conosciuta anni prima in quello stesso ristorante. Istruita nell'arte culinaria fin dalla tenera età dalla madre, Rosa è una cuoca sopraffina, specializzata nella realizzazione del dolce partenopeo per eccellenza, il "Babà ". Questa famosissima leccornia, la cui origine viene fatta risalire al re Stanislao Leszczynsky di Polonia, sebbene apparentemente semplice nella sua costituzione, nasconde nell'anima una natura complessa. Per questo Procolo ha elaborato una sua filosofia a riguardo, denominata "Il teorema del babà ", nella quale, il dolce nato alla corte di Francia, diviene metafora dell'amore coniugale. Proprio quando siamo presi dal sentimento amoroso e accecati dalla passione, non ci accorgiamo di trascurare tanti piccoli dettagli, ingredienti invero fondamentali della relazione, che finiscono poi col logorare un rapporto che sembrava saldo e sicuro; così come avviene in cucina, dove sbagliando la ricetta, ci si ritrova di fronte ad un prodotto "instabile ed insapore". Tutto dunque ha bisogno di equilibrio, sia in cucina che nella condotta amorosa. Ma la vita tranquilla del piccolo paese della costiera amalfitana, così come la serena esistenza di Procolo Jovine, il cui matrimonio e la cui vita professionale rassomigliano ad un soffice e saporoso babà , vengono improvvisamente sconvolti da un avvenimento inimmaginabile: "Sulla riva gauche di Piazza Garibaldi, di fronte alle antiche vetrate di "Da Liborio", storico e rinomato presidio della migliore tradizione gastronomica della regione", appare una nuova insegna: "Experience - Percorsi emozionali in cucina. Prossima apertura". Turbato dalla notizia, Procolo scopre che il Comune ha autorizzato l'avviamento di un nuovo ristorante, variando la destinazione d'uso dei locali dell'antica profumeria delle sorelle Manfrotto. Proprietario della nuova attività ristorativa è il noto chef milanese Jacopo Taddei, fautore della rivoluzione molecolare in cucina, colui il quale "ha trasformato le ostriche in nuvole, scomposto i prodotti in particelle, convertito l'uovo in un'idea, il cibo in un'esperienza sensoriale". L'inaugurazione del nuovo ristorante avverrà proprio con un pranzo speciale il 25 dicembre. La guerra ha inizio ed è una lotta senza esclusione di colpi: "Da una parte i nuovi orizzonti della cucina molecolare, dall'altra la solidità della tradizione". Tra rappresaglie e disfide all'ultima ricetta, va così in scena lo spettacolo della vita, in un intreccio godibile, gustoso e ricco di ironia. Ma soprattutto, mai scontato...
I brani riportati in corsivo sono tratti da Franco Di Mare, Il teorema del babà , Milano, Rizzoli, 2015