La gastronomia del periodo natalizio, nella sua espressione più tradizionale, è legata soprattutto alla cena di magro della vigilia. Tra i primi piatti un posto d’onore è riservato alle pastasciutte: dalle invitanti e gustose “Linguine al tonno” preparate con olio d’oliva, aglio, pomodoro, alici, tonno e prezzemolo, ai classici “Spaghetti alle vongole”, realizzati con un soffritto di olio, aglio e prezzemolo, a cui si aggiungono pomodoro e vongole (queste ultime possono essere sostituite anche con telline), fino ad arrivare, nelle zone più vicine al mare, ai famosi “Spaghetti alle acciughe fresche” realizzati con acciughe, pomodori, aglio, olio e peperoncino. Per coloro che non amano il pesce, una valida alternativa è costituita dalle pastasciutte o minestre a base di verdure prodotte in loco, o dalla semplicità rigorosa degli essenziali “spaghetti cacio e pepe”, tanto amati da Aldo Fabrizi, a base di pecorino grattugiato, sale e pepe, per la cui preparazione è fondamentale il dosaggio degli ingredienti e il loro assemblaggio.
Citazione obbligata anche per la tradizionale “minestra con l’arzilla”, nome popolare con il quale è conosciuta la razza, il caratteristico pesce dalla forma romboidale e appiattita, protagonista della ricetta. La razza, una volta cotta in acqua salata, viene filettata e sminuzzata e la sua acqua di cottura impiegata per cuocervi gli spaghetti spezzettati, ai quali si aggiunge infine il pesce. Esistono altre varianti della preparazione, ottenute utilizzando altre tipologie di pesce come ad esempio la coda di rospo o il pesce sampietro, conosciuto per l’ottima qualità delle sue carni.
Connubio di pesce e verdure per la pasta con i broccoletti e il brodo di razza. In questo caso, dopo aver lessato il pesce in acqua con gli “odori” (carote, sedano, prezzemolo) a cui si aggiungono pomodori e sale, si filtra il brodo e lo si mette nuovamente a bollire aggiungendovi un broccolo tagliato a pezzetti. Una volta ultimata la cottura si aggiunge la pasta (linguine o spaghetti).
Ma nella cena di magro della vigilia di Natale, un ruolo importante è rappresentato dai fritti a base di verdure, la cui produzione è ampiamente diffusa in tutti i Castelli Romani: filetti di zucchine e carciofi fritti in olio bollente dopo essere stati infarinati e passati nell’uovo sbattuto, cavolfiori e broccoli fritti con la pastella. Nei contorni di verdure, annoveriamo tra i piatti tipici i “broccoli attufati”, cotti in padella con abbondante olio, aglio e sale, ricoperti di vino, e una volta messo il coperchio sul tegame, portati a cottura lentamente spruzzandovi dell’aceto.
Per il menù natalizio, tanti piatti tradizionali che richiamano ed esaltano l’idea di festa e di abbondanza legate alla rinascita.
In numerose località il pranzo di Natale comincia con la “stracciatella”; ma Natale è anche il trionfo delle paste ripiene con carne e verdure, legate simbolicamente all’idea del regalo, una sorpresa che si cela all’interno e che sprigiona poi il suo sapore, delle lasagne, in generale della pasta all’uovo, confezionata con farina di grano duro, uova, acqua e sale, quella stessa pasta che in passato, durante l’anno, veniva invece preparata con un semplice impasto di farina e acqua. Agostino Stellani nel componimento E’ fettucine fatt’in casa descrive con spirito arguto le movenze de ‘a femmina frascatana de ‘na vota, ritratta mentre prepara l’impasto: […]“Lla posizione, pe’ lavorà ‘a pasta, ce provocheva ‘n certo movimentu de fianchi che se chiamava: ‘Nazzicaculu!’ e ‘llu movimento de chiappe era necessariu ‘pe tene’ ‘e mejo fettuccine fatt’in casa! Saporite! Scocchiarelle! Che, co’ sugu de carne e rigaij, o, con sugu fintu, ma co’ ‘na bella grattata ‘de pecorinu, divenu ‘e pezze a ‘e tajatelle bolognesi!” (Stellani A., E’ fettuccine fatt’in casa, in “Castelli Romani. Vicende-uomini-folclore”, XLVI (XIV, N.S.), luglio-agosto 2006).
E qui i condimenti possono essere molteplici: a base di carne, in particolare con rigaglie di pollo, “alla papalina” con piselli, funghi, pancetta e pecorino, con i funghi attingendo alle diverse varietà che crescono nella zona (porcini, ovoli, prataioli, sfocatelli, etc.). In alcuni ristoranti dei Castelli, un tempo luogo d’incontro di cacciatori, è possibile gustare ancora le famose “Pappardelle al sugo di lepre”.
Nei secondi piatti, la carne, abolita dalla cena di magro della vigilia, domina nuovamente la tavola. Abbacchio arrosto con patate, abbacchio alla cacciatora (condito con uno speciale “intingolo” a base di acciughe, vino bianco, aglio, rosmarino e peperoncino), costarelle di abbacchio alla brace, pollo alla romana, pollo alla diavola, si accompagnano egregiamente con carciofi alla giudia, carciofi alla matticella specialità di Velletri (conditi con aglio, olio, sale e mentuccia e cotti sulla brace), gobbi alla parmigiana, puntarelle (punte di cicoria condite con olio, aglio e alici), broccoli, broccoletti di rape e zucchine alla “velletrana” (infarinate, condite con aglio e rosmarino e cotte in forno). Ma sulla tavola non può certo mancare la deliziosa “misticanza”, composta da erbe di campo (barba di frate, porcacchia, lattughella, pimpinella, malva, valeriana, cerfoglio, rucola, etc,) condite con olio, sale, pepe e aceto. I piatti tradizionali della cucina dei Castelli si abbinano naturalmente in modo ottimale con i vini del territorio: le doc Frascati, Marino, Velletri, Colli Albani, Colli Lanugini e Montecompatri-Colonna.
Per la rubrica
Natale ai Castelli
- Numero 58 dicembre 2006