… Mia madre era nata a Lussinpiccolo e si chiamava Ida. Anzi Ida Maria […].
Come moltissimi istriani nati e cresciuti sul mare, o come lei proprio in mezzo al mare, non sapeva nuotare. Dalla nonna di Neresine aveva ereditato quello che in Istria, sbagliando sul significato, si dice “essere ambiziosa”, e che non si traduce nella moderna voglia di primeggiare, vincere, emergere: lei era “ambiziosa” nel senso che, nei limiti delle sue possibilità di ragazza che ha lavorato da subito, amava i bei vestiti, le belle scarpe, come usava allora, con il cinturino che si chiudeva intorno ai bottoncini di pelle. Sognava, quello sì, il “salto di classe” (pur essendo lontanissima da qualsiasi coscienza e conseguente rivendicazione di classe), rappresentato dal matrimonio con uno dei ragazzi venuti da fuori, dal “continente”, dal “regno” come lì si chiamava l’Italia, e che studiavano per diventare capitani di lungo corso. E’ così che conobbe e poi sposò mio padre, fiorentino, “regnicolo” nel linguaggio locale.
[…] Col matrimonio lasciò la piccola casa di pietra di fronte al porto, la capra, e spostandosi a Pola, “la grande città”, nella convinzione di dover ben figurare come “moglie di un capitano”, si portò dietro un quaderno di ricette di cucina dettate chi sa quando e chi sa da chi, scritte a penna con la sua bella calligrafia grande, forte ed elegantemente aguzza. Sono ancora lì: il quaderno ha la copertina rigida marmorizzata nera e marrone. Lei che raccontava di essere cresciuta a “ovi e patate” – patate lesse tagliate a fette, a parte si friggono nel padellino due uova con molto olio, poi si rovesciano le uova sulle patate, e si schiaccia tutto insieme con la forchetta – ha trascritto ricette complicate della “nuova signora” che pensava di voler e dover diventare: budin di gries, Koch per sei persone,rosada,Kindsback, soufflè di fegatini di pollo, torta d’uova alla russa, gateau all’uvetta e gateau allo zabaione. Ma anche pesche all’imperatrice, caffè turco seguito da sardelle al forno e poi bitokes, minestra fina della siora Clelia, zuppa russa della siora Mandich, krapfen della siora Ketty, un misterioso schmaru al forno seguito dai Kipfel di noci e dall’inevitabile gulash. Ed è in questo quaderno, nelle ricette che lei ha trascritto sotto dettatura della siora Clelia, della siora Mandich, e di chi sa quante altre siore della sua piccola, bellissima isola, parecchio di quel tantissimo sulla sua terra che lei non sapeva o sapeva solo in parte, e che il resto d’Italia continua ad ignorare: storie di successive occupazioni, di mescolanze di popoli e usi diversi, di violenze fatte e subite, ma anche di contaminazioni. Storie di sapori veneziani, cui si sono sostituiti sapori austriaci e ungheresi integrati con i sapori veneziani di prima, contaminati gli uni e gli altri da sapori slavi a loro volta impregnati da gusti derivanti da dominazioni ottomane: per finire con lo stemperare il tutto dentro tradizioni autoctone, con l’aggiunta ulteriore di sapori italiani di “importazione” che lei trascrive fedelmente nelle ricette della bocca di dama, delle cassatine siciliane alla ricotta e persino di costolette di maiale alla modenese e tortellini alla cremonese. Fa tenerezza, per esempio, trovare a tu per tu la ricetta delle pesche all’imperatrice, che già nel nome evocano fasti danubiani, il caffè turco, e le istrianissime sardelle al forno, frutto della pesca locale.
Pola, 1930. 12 ricette dal quaderno di mia madre…
Pesche all’imperatrice (Austria-Ungheria)
Ingredienti e procedmento
(Per sei persone)
Mettete a cuocere in una casseruola 100 grammi di riso con mezzo litro abbondante di latte. Quando è cotto aggiungete un pizzico di sale e tre cucchiaiate colme di zucchero. A parte preparate una crema pasticcera nel seguente modo: sbattete due tuorli d’uovo con lo zucchero, diluite poi con un bicchiere di latte, aromatizzate con vaniglia, e mettete a cuocere a fuoco basso, facendo attenzione che non bolla. Unite la crema così ottenuta al riso, mescolando bene. Mettete tutto in una zuppiera di cristallo, e lasciate raffreddare nella ghiacciaia. Prendete tre grosse pesche, sbucciatele, spaccatele in due, togliete il nocciolo, e fatele cuocere in un po’d’acqua, qualche cucchiaiata di zucchero e un pizzico di vaniglia. Quando saranno cotte, tiratele su senza romperle e fatele raffreddare. In ultimo coprite il riso mescolato alla crema con le pesche, e rimettete tutto in ghiacciaia. Fate restringere sul fuoco lo sciroppo di cottura delle pesche, aggiungetevi poi un paio di cucchiate di gelatina di ribes o di lampone. Mettete in ghiacciaia anche questo sciroppo. Al momento di servire il dolce, velate il riso con le pesche con questo sciroppo, oppure servitelo a parte.
Tratto da: Anna Maria Mori, “Nata in Istria” , Milano, Rizzoli, 2006